Papa Francesco: con lo sport si educa all’accoglienza

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Ancora l’educazione negli incontri di papa Francesco, che questa volta avviene attraverso lo sport, affinché sia accessibile: questo è stato lo scopo del convegno internazionale ‘Sport for all. Cohesive, Accessible and Tailored to each person’, organizzato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, insieme al Dicastero per la Cultura e l’Educazione, in collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II per lo Sport in Italia: “Ma voi sapete bene che per raggiungere obiettivi alti, ardui e difficili (altius, citius, fortius)  serve fare gioco di squadra, serve mettersi insieme, communiter. Altius, citius, fortius – communiter”.

Il papa ha ricordato che la Chiesa ha sempre valorizzato lo sport: “La Chiesa è vicina allo sport, perché crede nel gioco e nell’attività sportiva come luogo di incontro tra le persone, di formazione ai valori e di fraternità. Per questo lo sport è di casa nella Chiesa, specialmente nelle scuole e negli oratori o centri giovanili”.

Lo sport è fondamentale, perché è ‘generatore di comunità’: “Quando lo sport viene praticato mettendo al centro le persone e valorizzando il piacere del giocare insieme, fa crescere in ciascuno un senso di partecipazione, di condivisione, fa sentire parte di un gruppo.

Infatti mi piace ricordare agli atleti, anche ai professionisti, di non perdere il gusto del gioco e di saper vivere lo sport conservando sempre uno spirito ‘amatoriale’. Questo è importante. La dimensione del gioco è fondamentale, soprattutto per i più giovani: dà gioia, crea socialità e fa nascere amicizie, e nello stesso tempo è formativo”.

Ed ha rivolto un particolare saluto agli atleti, che sono gli ‘idoli’ dei giovani, affinché possano raccontare che lo sport è inclusivo: “Nelle nostre società, purtroppo, è presente la cultura dello scarto, che tratta uomini e donne come prodotti, da usare e poi scartare.

L’ ‘usa e getta’, è comune, come cultura. Come sportivi voi potete aiutare a combattere questa cultura dello scarto, con senso di responsabilità educativa e sociale.

Quante persone, che si trovavano in condizioni di marginalità, hanno superato i pericoli dell’isolamento e dell’esclusione proprio attraverso lo sport! Praticare uno sport può diventare una via di riscatto personale e sociale, una via per recuperare dignità!”

Per questo lo sport è generativo: “Perciò lo sport va pensato e promosso nella logica della generatività, infatti, se ben impostato, contribuisce a generare personalità mature e riuscite, e costituisce una dimensione dell’educazione e della socialità.

Al di fuori di questa logica, corre il rischio di cadere nella ‘macchina’ del business, del profitto, di una spettacolarità consumistica, che produce ‘personaggi’ la cui immagine può essere sfruttata. Ma questo non è più sport. Lo sport è un bene educativo, un bene sociale e tale deve restare!”

Esso deve essere accessibile a tutti: “Per questo abbiamo la responsabilità di far sì che lo sport sia accessibile a tutti. Bisogna rimuovere quelle barriere fisiche, sociali, culturali ed economiche che precludono od ostacolano l’accesso allo sport. L’impegno è che tutti abbiano la possibilità di praticare sport, di coltivare (si potrebbe dire di ‘allenare’) i valori dello sport e di trasformarli in virtù”.

Ma per essere accessibile lo sport deve essere ‘accogliente’: “Insieme all’accessibilità deve esserci l’accoglienza: è importante che io trovi la porta aperta, ma anche che ci sia qualcuno che mi accoglie.

Qualcuno che tiene aperta a tutti la porta del cuore, e, di conseguenza, aiuta a superare pregiudizi, paure, a volte semplicemente l’ignoranza. Accogliere significa consentire a tutti, attraverso la pratica sportiva, di poter mettersi in gioco, di misurarsi con i propri limiti e di mettere a frutto le proprie potenzialità”.

Ed anche nel messaggio ai partecipanti al ‘Patto educativo globale orsolino’ papa Francesco ha sottolineato che la bellezza educa: “La bellezza di cui parliamo non è quella piegata su sé stessa, come Narciso che, innamoratosi della propria immagine, finì per affogare nel lago dove si rispecchiava.

E nemmeno della bellezza che scende a patti con il male, come Dorian Gray che, a incantesimo finito, si ritrovò con il volto deturpato. Parliamo di quella bellezza che non sfiorisce mai perché è riflesso della bellezza divina: il nostro Dio infatti è inseparabilmente buono, vero e bello. E la bellezza è una delle vie privilegiate per arrivare a Lui”.

Inoltre occorre fare bellezza: “La bellezza che Gesù ci ha rivelato è uno splendore che si comunica, che agisce; una bellezza che si incarna per potersi condividere; una bellezza che non ha paura di sporcarsi, di sfigurarsi pur di essere fedele all’amore di cui è fatta… La vera bellezza è sempre feconda, spinge ad uscire da sé e a mettersi in movimento.

Anche la contemplazione di Dio non può fermarsi al godimento della sua visione, come pensavano i tre discepoli sul Monte Tabor al momento della Trasfigurazione di Gesù: ‘Come è bello stare qui! Facciamo tre tende…’. No, bisogna scendere dal monte e rimboccarsi le maniche”.

E’ un invito ad una ‘sana inquietudine’ come sant’Orsola: “Non isolatevi dal mondo rinchiudendovi nella vostra stanza (come dei Peter Pan che non vogliono crescere, o come i giovani hikikomori che hanno paura di affrontare il mondo), ma siate sempre aperti e coraggiosi come sant’Orsola, la ‘piccola orsa’, che ebbe il coraggio di intraprendere un lungo viaggio con le sue compagne e affrontò intrepida gli attacchi fino al martirio. Siate anche voi dei ‘piccoli orsi’ che non fuggono dalle proprie responsabilità”.

(Foto: Santa Sede)

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