Maxi processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Riprese al Tribunale vaticano le udienze dopo la pausa estiva

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 30.09.2022 – Vik van Brantegem] – Mercoledì 28 e giovedì 29 settembre 2022, dopo la lunga pausa estiva, si sono svolte nell’aula bunker allestita nella sala polifunzionale dei Musei Vaticani le udienze – con i numeri 25 e 26 – del maxi processo al Tribunale vaticano a carico dei dieci imputati per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato.

Alternativamente chiamato “processo 60SA” (in riferimento al palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra, al centro del procedimento penale n. 45/2019 RGP vaticano) o a piacere “caso Becciu” (in riferimento al principale accusato, il Cardinale Angelo Becciu, anche se dopo 26 udienze non è ancora stato prodotto uno straccio di prove per le infamanti accuse a suo carico), da definire uno spettacolo indecoroso, con il Papa tirato in ballo (fatto inconfutabile, perché era informato di tutto ed è intervenuto, autorizzando) e il tutto ridotto ad un’arrampicata sugli specchi come in Alice nel Paese delle Meraviglie.

Ieri, 29 settembre, si sono concluse le escussioni degli imputati e hanno avuto inizio le interrogazioni dei testimoni. Dei dieci imputati, solo Cecilia Marogna e Gianluigi Torzi non si sono presentati in aula per essere interrogati, mentre tutti gli altri, dal Cardinale Angelo Becciu (che ha presenziato a quasi tutte le udienze) in poi, si sono resi disponibili per rispondere alle domande. il Presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone ha sottolineato che «gli interrogatori degli imputati sono stati fatti dando il più ampio spazio possibile a tutti, forse persino troppo, ammettendo anche moltissime domande che magari potevano non essere ammesse». «In effetti – ha osservato il sito Silere non possum (certamente gestito da chi è più competente in materia (senza voler offendere il suo gestore, con il paragone), che non chi in Vaticano dovrebbe amministrare la giustizia e non promuovere/avvallare l’ingiustizia) -, in diversi articoli abbiamo spiegato che moltissime domande il Tribunale non avrebbe dovuto ammetterle, ma purtroppo la competenza è quella che è e ci ritroviamo con soggetti che sono venuti a prendere gli ultimi spiccioli in questo Stato».

Quindi, è stato dato il via all’ascolto dei testimoni (in lista nel processo ce ne sono circa duecento, ma si prevede che poi scenderanno molto di numero), con i primi testimoni per l’accusa.

Fatto clamoroso è, che nel primo elenco dei testimoni, presentato dal Promotore di giustizia vaticano, Allessandro Diddi, è vistosamente assente Mons. Alberto Perlasca. Lo ha riferito il pool di giornalisti “con sorpresa”, al termine della 25ª udienza, anche se è sinceramente difficile capire come si può essere sorpresi per questo fatto, che è solo una conferma, con tutto quelle che si è saputo e che è stato scritto (anche se è vero, da pochi). Pare come fingere una faccia sorpresa per un regalo di cui si conosceva il contenuto, slogandosi una mascella.

Come è risaputo, Mons. Perlasca, già Responsabile dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, è il testimone chiave in questo processo e grande accusatore del Cardinale Angelo Becciu, che in tutta la questione non c’entra (a differenza del suo diretto superiore, il Segretario di Stato, il Cardinale Pietro Parolin, e il suo successore nell’ufficio di Sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato, l’Arcivescovo Edgar Peña Parra. Nonostante risulti dagli atti che Mons. Perlasca è stato per anni il dominus indiscusso degli investimenti della Segreteria di Stato e in particolare del “caso 60SA” – e quindi la causa dello scandalo – è diventato una specie di “pentito” e “collaboratore di giustizia”, prima indagato e poi non rinviato a giudizio, pure ammesso dal Tribunale come parte civile, invece di farlo accomodare sul banco degli imputati.

Fatto degno di nota è, che la 25ª udienza è stata la 1ª di Alessandro Diddi nel nuovo ruolo di Promotore di giustizia titolare, essendo stato nominato la settimana scorsa da Papa Francesco al posto del predecessore Gian Piero Milano, dimessosi per motivi di salute. Preferito dal Papa, come scrive Giuliano Guida Bardi su TPI, «ai professori anziani di diritto canonico». Avvicendamento che ha offerto l’occasione al sito Silere non possum – che non ha mai risparmiato critiche ragionate e sostanziale alla preparazione e all’operato del Professor Diddi – di ribadire: «Il Sommo Pontefice ha nominato Promotore di Giustizia, l’avvocato romano Alessandro Diddi. Decisione che ha fatto imbestialire numerosi membri del collegio cardinalizio che hanno sottolineato come quest’uomo sia completamente incompetente in merito al diritto vaticano e canonico. (…) La nomina di Diddi a capo dell’Ufficio del Promotore di Giustizia è un palese autogol di Francesco che continua a promuovere soggetti che gli vengono presentati dai membri del cerchio magico. Alessandro Diddi è colui che ha reso questo procedimento una vera e propria barzelletta. Prima è arrivato a far firmare al Papa dei Rescripta che sono giuridicamente invalidi, poi ha compiuto una serie di attività contra legem che hanno falsato completamente tutta la procedura penale. In sostanza se il procedimento è arrivato a violare i diritti umani fondamentali è proprio a causa di Alessandro Diddi. (…) Nel curriculum di colui che guida l’ufficio della pubblica accusa nello Stato del Papa non vi è neppure un lontano riferimento al diritto ecclesiastico, al diritto canonico e, tantomeno, al diritto vaticano. La sua completa ignoranza in materia emerge dagli atti che ha firmato quest’uomo in questi mesi. Diddi è stato palesemente sbeffeggiato dal Tribunale inglese che ha riferito in alcuni atti che questo Promotore di Giustizia non ha saputo neppure trasmettere la documentazione corretta alla controparte straniera. (…) Ciò che ha fatto infuriare diversi ecclesiastici all’interno di queste mura è però il sistema che Diddi ha portato avanti soprattutto negli ultimi mesi».

Di seguito condividiamo:

  • Sloane Avenue: riprendono le udienze su Silere non possum del 29 settembre 2022:
  • Appellandosi a un cavillo, la giustizia vaticana non restituisce i beni sequestrati in Italia alla famiglia Tirabassi su Faro di Roma del 28 settembre 2022: «Questa brutta vicenda, che getta ulteriore pessima luce sull’operato del Promotore di giustizia Alessandro Diddi»
  • Processo Becciu, monsignor Alberto Perlasca è il primo teste dell’accusa, ma non inserito nell’elenco di Franca Giansoldati su Il Messaggero, 28 settembre 2022: «Nel primo indice dei 27 testimoni che saranno sentiti dall’accusa manca all’appello proprio il monsignore che ha assistito e presieduto a ogni passaggio di una vicenda complessa e ingarbugliata»
  • Guerre di potere sul caso Becciu. Tra procedure stravolte e investimenti opachi, riprende il processo contro il cardinale dello scandalo immobiliare di Sloane Avenue a Londra. Ma il Papa ingrana la retromarcia di Giuliano Guida Bardi su TPI del 30 settembre 2022: «Capire cosa alberghi nella mente gesuitica pare troppo difficile. Tanto più arduo se si utilizza come paradigma il nuovo corso della Chiesa del gesuita Jorge Mario Bergoglio e gli strani atteggiamenti di un papato tanto aperto, fluido, moderno e popolare nelle dichiarazioni, quanto chiuso, rigido, conservatore ed elitario nei comportamenti. Ancora di più se si mette il naso nel più grande scandalo agitato all’interno delle mura leonine negli ultimi anni. Il processo contro il Cardinale Becciu, accusato di aver depauperato l’Obolo di San Pietro per finalità speculative, oltre che di aver mandato ai suoi familiari i soldi del Vaticano. Dopo un anno di udienze, deposizioni e verifiche di documenti, le accuse al cardinale si svuotano di senso e di logica e mettono, ancora una volta, in luce la veemenza degli scontri di potere oltre la Porta di Sant’Anna da quando il Papa “venuto dall’altra parte del mondo” si è seduto sulla Cattedra di Pietro»
  • Diddi, l’avvocato di Buzzi, nuovo Promotore di giustizia in Vaticano. Aggiunto è Carmignani Caridi, allievo di Dalla Torre di Salvatore Izzo su Faro di Roma del 26 settembre 2022

«Amore spasmodico per i riflettori, non curanza delle buone pratiche che vi sono oltre Tevere e della diplomazia. Addirittura ha portato avanti illazioni nei confronti di un Principe della Chiesa, lo ha trattato come se fosse un suo pari durante gli interrogatori e durante la sua permanenza nell’Ufficio del Promotore di Giustizia, chissà come, le carte di una inchiesta sono finite in mano ad un giornale che negli ultimi anni ha basato i suoi guadagni su scandali ecclesiastici. Se Francesco vuole distruggere l’ordinamento giudiziario di questo micro Stato, questa è la strada giusta» (Silere non possum in riferimento al Promotore di giustizia vaticano).

Sloane Avenue: riprendono le udienze
Silere non possum, 29 settembre 2022


Dopo una lunga pausa estiva, anch’essa una novità introdotta dal Presidente Pignatone, l’aula polifunzionale dei Musei Vaticani si è riaperta per accogliere le parti coinvolte nell’affaire Sloane Avenue.

Il procedimento penale è ripreso con una novità all’interno dell’Ufficio del Promotore di Giustizia. Il 23 settembre 2022, infatti, il Sommo Pontefice ha nominato Promotore di Giustizia, l’avvocato romano Alessandro Diddi. Decisione che ha fatto imbestialire numerosi membri del collegio cardinalizio che hanno sottolineato come quest’uomo sia completamente incompetente in merito al diritto vaticano e canonico. Un porporato ha addirittura detto: “Se un domani dovesse mettere piede qui dentro (riferendosi al suo ufficio), a Santa Marta mi sentono”. In effetti la nomina di Diddi a capo dell’Ufficio del Promotore di Giustizia è un palese autogol di Francesco che continua a promuovere soggetti che gli vengono presentati dai membri del cerchio magico. Alessandro Diddi è colui che ha reso questo procedimento una vera e propria barzelletta. Prima è arrivato a far firmare al Papa dei Rescripta che sono giuridicamente invalidi, poi ha compiuto una serie di attività contra legem che hanno falsato completamente tutta la procedura penale. In sostanza se il procedimento è arrivato a violare i diritti umani fondamentali è proprio a causa di Alessandro Diddi.

Qualcuno si è domandato: “Come è arrivato qui dentro Diddi?”. Eh si, chissà come è arrivato. Nel curriculum di colui che guida l’ufficio della pubblica accusa nello Stato del Papa non vi è neppure un lontano riferimento al diritto ecclesiastico, al diritto canonico e, tantomeno, al diritto vaticano. La sua completa ignoranza in materia emerge dagli atti che ha firmato quest’uomo in questi mesi. Diddi è stato palesemente sbeffeggiato dal Tribunale inglese che ha riferito in alcuni atti che questo Promotore di Giustizia non ha saputo neppure trasmettere la documentazione corretta alla controparte straniera.

In tutta la sua carriera, l’avvocato romano ha pubblicato due, e sottolineiamo due, articoli scientifici che parlano di procedura penale vaticana. Due articoli pieni di errori e obbrobri giuridici. Errori che comunque non dovrebbe compiere neppure un professore di diritto penale. L’avvocato romano ha addirittura confuso la presunzione di innocenza con il principio di non colpevolezza. A noi pare abbastanza grave, al Papa forse no.

Ciò che ha fatto infuriare diversi ecclesiastici all’interno di queste mura è però il sistema che Diddi ha portato avanti soprattutto negli ultimi mesi. Amore spasmodico per i riflettori, non curanza delle buone pratiche che vi sono oltre Tevere e della diplomazia. Addirittura ha portato avanti illazioni nei confronti di un Principe della Chiesa, lo ha trattato come se fosse un suo pari durante gli interrogatori e durante la sua permanenza nell’Ufficio del Promotore di Giustizia, chissà come, le carte di una inchiesta sono finite in mano ad un giornale che negli ultimi anni ha basato i suoi guadagni su scandali ecclesiastici.

Se Francesco vuole distruggere l’ordinamento giudiziario di questo micro Stato, questa è la strada giusta.

L’interrogatorio di Tirabassi

Nella giornata di mercoledì 28 settembre 2022 il Tribunale ha interrogato, per l’ultima volta, l’imputato Fabrizio Tirabassi, dipendente dell’Ufficio amministrativo, il quale era stato già sentito in tre udienze distinte. L’imputato ha dichiarato che non si sottoporrà all’esame delle parti civili e delle altre difese.

Durante l’esame, Tirabassi ha ribadito più volte che ogni scelta veniva sottoposta e autorizzata da Mons. Alberto Perlasca. Il sacerdote comasco, però, non è stato inserito nella lista degli imputati, nonostante risulti dagli atti che è stato la causa del disastro.

L’ufficio del Promotore ha poi rivolto all’imputato molteplici domande in merito ad oggetti sequestrati e ai conti correnti personali. Somme e quantità che, ha ipotizzato il Promotore, sarebbero frutto di attività poco chiare. Tirabassi ha spiegato che, sia il denaro che gli oggetti di collezione sequestrati, sono frutto di attività sue e del padre.

Interrogatorio Squillace

Nella giornata di giovedì 29 settembre 2022 il Tribunale ha interrogato l’avvocato Nicola Squillace, legale di Gianluigi Torzi. Squillace ha parlato delle trattative con la Santa Sede in merito all’acquisto del Palazzo di Londra. L’udienza è iniziata alle ore 9.45 ed è terminata alle 14.

“Per quanto riguarda i testimoni – ha detto in aula il presidente Giuseppe Pignatone – ricordiamoci che questo è un processo celebrato col vecchio rito, in base al Codice Finocchiaro-Aprile del 1913: quindi diamo per lette tutte le carte agli atti, le domande del promotore di giustizia e delle difese devono essere mirate e riguardare specifiche questioni. Non possiamo ripetere in aula ciò che è già agli atti”.

Ed ha anche chiarito che “gli interrogatori degli imputati sono stati fatti dando il più ampio spazio possibile a tutti, forse persino troppo, ammettendo anche moltissime domande che magari potevano non essere ammesse”. In effetti, in diversi articoli abbiamo spiegato che moltissime domande il Tribunale non avrebbe dovuto ammetterle, ma purtroppo la competenza è quella che è e ci ritroviamo con soggetti che sono venuti a prendere gli ultimi spiccioli in questo Stato.

Escussione dei testi: Lolato

Terminato l’interrogatorio dell’ultimo imputato, il tribunale ha dato il via all’escussione dei numerosi testimoni che sfileranno nell’aula polifunzionale nei prossimi mesi. Il primo è stato il dottor Roberto Lolato, quale consulente dell’ufficio del Promotore di Giustizia.

Le domande che sono stato rivolte al consulente si sono concentrate sulle valutazioni di questo Palazzo e sulla sua storia. Lolato è quindi partito dalla prima acquisizione da parte del Fondo Athena di Raffaele Mincione per 137 milioni di sterline, per arrivare poi alla valutazione pari a 196 milioni di sterline, all’assestamento sui 230 milioni di sterline, per concludere con la vendita da parte della Segreteria di Stato, il 4 dicembre scorso, per 186 milioni di sterline.

È stato sottolineato anche che la Santa Sede non approfittò del landing permission per ampliare e valorizzare l’immobile che scadde nel dicembre 2019, causando delle grosse perdite. L’idea era di ampliare due piani sopra e tre nei sotterranei, come spiegò Mincione alla Corte.

Prima di procedere all’escussione del testimone, le difese hanno sollevato delle eccezioni in merito alla qualifica di Lolato. Il Promotore di Giustizia lo ha presentato quale “consulente tecnico di parte”, le difese lo hanno definito un “perito”. Il tribunale ha emesso una ordinanza dopo una breve camera di consiglio, in cui ha ammesso la testimonianza di Lolato, quale consulente del PdG.

L’esame del consulente proseguirà domani e sarà escusso anche il revisore generale Alessandro Cassinis Righini, dal cui ufficio partì, nell’estate 2019, una delle due segnalazioni che diede il via all’indagine.

R.I.
Silere non possum


Appellandosi a un cavillo, la giustizia vaticana non restituisce i beni sequestrati in Italia alla famiglia Tirabassi
Faro di Roma, 28 settembre 2022


Il sequestro delle monete e del denaro contante nella casa di Celano della famiglia Tirabassi è stato annullato otto mesi fa in Italia (dove era avvenuto da parte di organi dello Stato su richiesta della Magistratura Vaticana). Ma la decisione del Tribunale del riesame di Roma, che ha disposto la restituzione di quei beni, non viene rispettata dalle autorità di Oltretevere e a distanza di tutto questo tempo quei beni non sono stati ancora restituiti. In sostanza le autorità vaticane non adempiono a un atto disposto dalla magistratura italiana. Questa brutta vicenda, che getta ulteriore pessima luce sull’operato del Promotore di giustizia Alessandro Diddi, da poco promosso da aggiunto a titolare dell’Ufficio, ha monopolizzato l’attenzione alla ripresa del processo per la compravendita del Palazzo di Londra.

L’argomento giuridico con il quale Diddi si è opposto alla restituzione fa sorridere (anche se per la famiglia interessata, già sottoposta a uno sputtanamento planetario fondato sul nulla, in realtà c’è ben poco da ridere): “C’è un problema di nullità che si trasferisce su quei beni, che per noi, a livello processuale, non esistono”. La difesa di Tirabassi ha allora argomentato che “se sono inutilizzabili non possono essere oggetto di domande”. Inoltre, “le istanze in Italia sono state presentate da Onofrio Tirabassi, nel frattempo deceduto, padre dell’imputato, che rivendicava la proprietà di quei bene, frutto delle sue attività”.

Si tratta di una somma ingente (all’epoca del sequestro si parlò di 600 mila euro in contanti e di una grande quantità di monete d’oro e d’argento che varrebbero oltre 8,2 milioni di euro, in aula si è parlato di 200 mila in contanti e un milione nelle monete, ma una perizia numismatica non è stata prodotta, ndr) conservata in una scatola di scarpe in casa di Onofrio Tirabassi, già proprietario di un negozio di numismatica, il che spiegava tutte quelle monete d’oro. Come si ricorderà, irritualmente parteciparono all’operazione anche gli uomini della Gendarmeria. I giudici del riesame hanno bocciato il sequestro, eseguito dalla finanza e disposto dalla procura di Roma in esecuzione di una rogatoria del Vaticano nell’ambito dell’inchiesta che ha portato alle dimissioni del Cardinale Giovanni Angelo Becciu: si è trattato di un atto “irrituale” e con “profili di illegittimità evidenti e sostanziali”. Né più e né meno dell’arresto di Cecilia Marogna, la signora della quale il Vaticano ha chiesto, altrettanto irritualmente, l’estradizione (il che non è previsto da nessun trattato e va contro ogni tradizione giuridica).

Oggi il Presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone, dopo una breve camera di consiglio, ha respinto la richiesta della difesa sostenendo che quel sequestro resta comunque “un fatto storico” avvenuto. L’ex funzionario della Santa Sede Fabrizio Tirabassi, all’epoca dei fatti attivo nell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, ha poi dichiarato in sede di interrogatorio che quei beni non erano suoi. “Erano nella casa paterna ed erano di proprietà di mio padre, come da lui stesso rivendicato. Lui, che aveva avuto una lunga attività lavorativa, dapprima in Vaticano poi come titolare di una società, era restio a depositare il denaro in banca essendo stato vittima di alcuni furti e anche rapine a mano armata. Riteneva più prudente conservarli in casa. Da pensionato il collezionismo numismatico, frutto dei suoi risparmi e anche di attività di scambio, era diventato la sua passione, era la sua vita, e svolgeva anche opera di consulente in quel campo. Era quello in cui credeva”.

Domani, con l’Avv. Nicola Squillace, si concluderanno gli interrogatori degli imputati e inizierà l’ascolto dei testimoni dell’accusa, che continuerà venerdì con il Revisore generale dei conti vaticani Alessandro Cassinis Righini e il Direttore generale dello IOR Gianfranco Mammì.

Proprio l’Ufficio del Revisore generale e i vertici dello IOR sono gli autori della denunce (irritualmente sottoscritte dal Papa) che nell’estate 2019 hanno dato il via all’inchiesta vaticana sull’acquisto del Palazzo di Sloane Avenue a Londra, dalla quale tuttavia finora non sono emersi specifici comportamenti penalmente rilevanti, al di là dell’evidente volontà persecutoria dell’accusa nei confronti del Cardinale Giovanni Angelo Becciu, di Tirabassi stesso e di altri malcapitati imputati. Nella lista dei testimoni dell’accusa non figura per ora colui che è considerato il testimone-chiave, Mons. Alberto Perlasca, peraltro costituitosi anche come parte civile. Un’assenza inquietante anche perché i nastri del suo interrogatorio lasciano molti dubbi sulla spontaneità e veridicità delle dichiarazioni.

L’udienza di oggi è stata la prima di Diddi nel nuovo ruolo di Promotore di giustizia titolare, essendo stato nominato la settimana scorsa dal Papa al posto del dimissionario Gian Piero Milano. Per questo Diddi è stato congratulato dal Presidente Giuseppe Pignatone e dal collegio difensivo.

Processo Becciu, monsignor Alberto Perlasca è il primo teste dell’accusa, ma non inserito nell’elenco
di Franca Giansoldati
Il Messaggero, 28 settembre 2022


Processo Becciu: verranno interrogati in qualità di testimoni Gianfranco Mammi, Direttore dello IOR, il Revisore dei conti vaticani, Alessandro Cassini Righinis e Roberto Lolato di Deloitte. Tuttavia non è stato inserito Monsignor Alberto Perlasca. Il testimone numero uno, già responsabile dell’ufficio della Segreteria di Stato per gli investimenti, grande accusatore del Cardinale Angelo Becciu (e costituitosi parte civile) non compare nell’elenco che il Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi ha presentato al Tribunale vaticano.

L’elenco è stato diffuso oggi pomeriggio, alla ripresa delle udienze – dopo la pausa estiva – del maxi processo in corso per lo scandalo finanziario legato alla compravendita del Palazzo londinese di Sloane Avenue.

Nel primo indice dei 27 testimoni che saranno sentiti dall’accusa manca all’appello proprio il monsignore che ha assistito e presieduto a ogni passaggio di una vicenda complessa e ingarbugliata, come è emerso al termine della venticinquesima udienza davanti al Tribunale presieduto da Giuseppe Pignatone. Nel pomeriggio l’udienza è stata dedicata all’interrogatorio finale di Fabrizio Tirabassi, ex funzionario dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato accusato di peculato, corruzione, estorsione, truffa, abuso d’ufficio. L’interrogatorio del Promotore di giustizia Diddi in particolare si è concentrato sulla rete di rapporti con una serie di persone che fungevano da consulenti nel panorama degli investimenti a Londra della Segreteria di Stato. Tirabassi, richiesto su chi gli avesse conferito l’incarico, ha detto di averlo ricevuto «a voce da Monsignor Perlasca senza una sottoscrizione formale».

Quindi il pm vaticano ha chiesto conto a Tirabassi dei redditi personali e di quelli della consorte poiché anche se risultavano stabili, nel 2015, in un documento delle banche svizzere, si faceva riferimento al conto di Tirabassi che ammontava a un milione e 360 mila euro. Tirabassi ha spiegato che dal 2004 al 2009 aveva ricevuto una procura per due fondi da Monsignor Pavan, poi revocata da Perlasca al suo arrivo.

Alle domande relative al riscontro di una somma di 200 mila euro in contanti e di “monete” per un valore totale di un milione di euro, ritrovati a Celano, nella casa paterna di Tirabassi, lo stesso ex funzionario ha detto: «Non erano miei. Erano i risparmi di mio padre, la sua vita. Lui era restio a depositare soldi in banca, aveva subito delle rapine, e riteneva più prudente conservarli in casa. Mio padre ha avuto una lunga attività lavorativa in Vaticano, poi ha coltivato la sua passione che era il collezionismo numismatico per cui ha fatto anche il consulente». Tirabassi ha rifiutato il controinterrogatorio delle parti civili facendo presente che si trattava del “quarto interrogatorio” e che aveva «già risposto a tutto. Voglio fermarmi qui».

Diddi, l’avvocato di Buzzi, nuovo Promotore di giustizia in Vaticano. Aggiunto è Carmignani Caridi, allievo di Dalla Torre
di Salvatore Izzo
Faro di Roma, 26 settembre 2022

Papa Francesco ha accettato le dimissioni presentate dal Prof. Gian Piero Milano, Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano, ed ha nominato nuovo Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano Alessandro Diddi, Professore di Diritto processuale penale presso l’Università della Calabria, finora Promotore di Giustizia Aggiunto.

Penalista del Foro di Roma, Diddi è stato protagonista del processo per Mafia Capitale in quanto difensore dell’imputato Buzzi, ottenendo che cadesse l’aggravante mafiosa sostenuta dalla Procura di Roma, che era guidata da Giuseppe Pignatone, oggi Presidente del Tribunale Vaticano.

Lo scontro tra i due giuristi e l’imbarazzante posizione di avvocato difensore nel processo per Mafia Capitale non hanno tuttavia condizionato la decisione del Papa di puntare su Diddi, anche se nel corso del successivo processo in Vaticano per il Palazzo di Londra (ancora in corso) non sono mancate evidenti tensioni tra i due giuristi, entrambi stimati e nominati da Papa Francesco.

Nel processo in Vaticano è emersa anche una evidente impuntatura di Diddi nel ribadire accuse verso il Cardinale Giovanni Angelo Becciu e altri imputati, nonostante il dibattimento abbia mostrato la evidente insussistenza di tali accuse.

La nomina di Diddi viene oggi in qualche modo equilibrata da quella di chi prenderà il suo posto come promotore di giustizia aggiunto: un allievo dell’indimenticabile predecessore di Pignatone, il grande Prof. Giuseppe Dalla Torre, cui si deve in gran parte la revisione del Concordato nel 1984. Settimio Carmignani Caridi è un suo allievo oltre ad essere una persona di specchiata onestà e superiore moralità, che non esercitando in tribunale come penalista, a differenza di Diddi, mai ha avuto rapporti con mafiosi o delinquenti pericolosi. Inoltre, a differenza di Diddi, che è docente di Diritto processuale penale presso l’Università della Calabria, Carmignani Caridi è un esperto di diritto vaticano essendo stato professore di Diritto Canonico ed Ecclesiastico presso l’Università degli studi di Roma Tor Vergata e professore incaricato di Diritto Vaticano presso la “Scuola di Diritto Vaticano” della L.U.M.S.A.

Carmignani Caridi infine ha collaborato con la Corte Costituzionale dal ’90 come assistente del Prof. Cesare Mirabelli che l’ha presieduta nel 2000. L’auspicio è che una così preziosa esperienza possa arricchire l’Ufficio del Promotore di Giustizia e metterlo a riparo dagli evidenti errori e forzature degli ultimi tempi. Come pure da ombre che riguardano le attività professionali dei protagonisti della giustizia vaticana, importate dalla loro esperienza professionale in Italia.

Postscriptum
Una notizia di ieri, a margine


La Cassazione conferma le condanne dell’appello bis per Salvatore Buzzi e Massimo Carminati e le pene per i due protagonisti del “Mondo di Mezzo” diventano definitive. La sentenza per Buzzi è di 12 anni e 10 mesi di carcere, mentre Carminati viene condannato a 10 anni. Nell’ottobre del 2019, proprio una sentenza della Cassazione aveva fatto cadere le accuse di associazione mafiosa nei confronti di tutti gli imputati nel procedimento.

La riteniamo una sentenza ingiusta e il trattamento sanzionatorio riservato a Salvatore Buzzi è eccessivo. Probabilmente la gravosità della pena determinata dalla Corte d’Appello nel giudizio rescissorio e confermata oggi dalla Cassazione appare quasi avere una funzione diretta a riequilibrare la precedente sentenza con la quale è stata annullata l’accusa di mafia, imputazione errata nella quale Buzzi non ha avuto nessuna colpa. Una sentenza che mal si concilia con l’attuale orientamento esposto dalla riforma Cartabia diretto al recupero delle persone al di là del sistema carcerario“. Lo ha detto l’avvocato Piergerardo Santoro difensore, insieme al collega Alessandro Diddi, di Salvatore Buzzi.

Buzzi, dopo la sentenza, è stato arrestato a Lamezia Terme, dovrà espiare una pena residua di 7 anni e 3 mesi (Fonte Rai News).

Foto di copertina: il Promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, con Papa Francesco.

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