“Se non è concreta, non è fede”. Testimonianze estate 2022 – 5. Et ne nos inducas in tentationem

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 27.09.2022 – Veronica Cireneo] – Tra la laurea e il ruolo c’è quel tempo di interregno dove, né carne, né pesce, gestire l’economia è roba da funamboli. Così fu anche per me, negli anni ’90.

La mia neonata fede era ancora acerba, ma la preghiera condiva già le mie giornate, perché fin da subito ritenni il Vangelo un gran “Libretto di istruzioni” per le manovre sia microscopiche che formidabili della vita. Gli incarichi annuali però tardavano ad arrivare. Dell’immissione in ruolo neanche l’ombra e con piccoli impieghi temporanei e saltuari, tentavo di sbarcare il lunario.

Avendo molto tempo libero a mia disposizione e da sempre attratta dall’arte poetica e letteraria, ebbi modo di immergermi quasi totalmente nella scrittura, realizzando nell’arco di qualche anno la stesura di tre libri, pubblicati e venduti abbastanza in fretta, che per un po’ mi sostennero adeguatamente.

Fu molto fervido quel periodo dal punto di vista creativo. Frequentavo, per affinità intellettiva, soprattutto: poeti, musicisti, scultori e pittori, alcuni di loro molto bravi e gli stimoli artistici erano davvero tanti. Insieme realizzammo, unendo più d’un’arte, delle interessanti pubbliche performance, anche svolte in spazi istituzionali. La notizia di qualcuna di queste finì sui giornali. Venne a conoscenza della nostra fertile compagine un tale, sulla settantina, esso stesso poeta. Un tipo elegante, molto eclettico che, previ accordi telefonici, ci raggiunse. Con la Jaguar ci raggiunse (!), lasciando di stucco e un po’ imbarazzata la nostra combriccola che incarnava a tutto tondo il famoso detto:” Artista che dalla fame si perse la vista!”  E tant’era!

Evidentemente ricchissimo venimmo poi a sapere, che possedeva centinaia di ettari di terreno, più di qualche villa, un altro paio di macchine d’epoca, sempre perfettamente tirate a lucido e una Stazione Radiofonica per la quale cercava una speaker per programmi e trasmissioni culturali, con cadenza settimanale.

Dopo un po’ che parlavamo, premettendo di apprezzare la qualità della mia voce, propose a me l’incarico, che accettai. La parlantina non mi mancava; avevo la libertà di trattare qualunque tema culturale trovassi di mio gradimento e il compenso mi apparve soddisfacente.

Più avanti ascoltai una sua seconda proposta: fare da autista, nelle uscite in Jaguar col VCC. Non ho mai amato gli ambienti del VCC (Veteran Car Club) per via di una certa tristezza che mi trasmettevano quell’insieme di persone ricche e di successo, ma guidare i veicoli, in particolar modo le auto, mi ha sempre molto affascinato, al punto che una volta, caricata la mia macchina su un traghetto, raggiunsi Barcellona per percorrere, ali alle ruote e girando come gira il sole, l’intera Penisola Iberica attraverso i quattro lati del suo perimetro, coste dell’intero Portogallo comprese, fino a ritornare sul punto di partenza: Barcellona, dopo 4.000 km di tragitto in solitaria e 28 giorni di viaggio, compresa l’incantevole pausa settimanale a Fatima.

Così, data la passione per la guida, accettai anche questo secondo incarico. Quando mi sarebbe più capitata un’occasione simile!? Di certo una Jaguar non avrei potuto acquistarla. Mi divertivo un mondo a portarla. Era scoperta. Che meraviglia quelle uscite autunnali e primaverili. Giacca e guanti di pelle, occhiali da moto, raramente il casco, vento tra i capelli, entusiasta ero alla guida.

I tragitti notoriamente abbastanza brevi raggiungevano luoghi piuttosto incantevoli, dove consumare pasti succulenti, che mi permettevano anche di rifarmi da qualche digiuno forzato di troppo, oltre ad ottenere ogni volta un lauto “gettone”.

Insomma, nonostante tutto ero piena di fiducia e di coraggio anche perché, tra la vendita di qualche libro, le trasmissioni in radio e le uscite in Jaguar, già proprietaria di un appartamentino che il babbo mi regalò il giorno della laurea, i conti cominciavano a quadrare, quindi quando arrivò dallo stravagante poeta, la terza proposta con le parole: “100 milioni per un figlio” a cui: “Proposta davvero allettante!” ironizzando, neanche tanto, risposi, vi rinunciai.

Non saprei dire se nel suo egoismo si sentì generoso, ma c’è un limite esatto da non travalicare per la sussistenza delle sane relazioni. Perché mai avrei dovuto accettare?

Materialmente non avevo bisogno. Ero così piena di vigore, che la metà sarebbe bastato a tagliare ogni traguardo. Il denaro non interessava neanche allora l’affetto del mio cuore. Lo vedevo e lo vedo per quello che è: uno strumento necessario e pratico, come le scarpe lo sono in una passeggiata. Non era l’obiettivo della mia realizzazione il denaro, né l’ambito prescelto per l’investimento delle mie energie.

E moralmente? Perché avrei dovuto sparare a zero sull’anima mia violando tre comandamenti all’unisono, mettendo la mia volontà al di sopra di quella di Dio, per appropriarmi della roba altrui, tramite la violazione del comandamento che mette in guardia dall’impurità, nemica numero uno di Maria Santissima?

Non accettai.

Conoscevo già con chiarezza che dalle mani di Dio, che pregavo, avrei potuto ottenere qualunque cosa lecita. Anche la più improbabile: (“Tu credi che Io possa fare questo?), se solo avessi vissuto con la mira di piacerGli (“Ti sia fatto secondo la tua fede! “) Dio non abbandona nessuno, ma allora perché permette la tentazione? Per valutare la fede? Sì. Per rinforzarla? Sì. Lo dice Sant’Agostino nel commento al Salmo 60: “Nessuno può conoscere se stesso se non è tentato. Né può essere coronato senza aver vinto. Né può vincere senza combattere”.

Gesù stesso ha voluto sottoporsi alla triplice tentazione nel deserto che lo tentò nella povertà, nella purezza e nell’obbedienza, per insegnarci da Sublime Maestro e Pedagogo Qual è, il modo di superarle indenni. Egli permette la tentazione, anche, perché chi ama, spesso chiede, prima di dare. Così quando sembra che ci tolga qualcosa, in realtà sta per concederne una più grande, più sana, più ambita, più bella: “Cercate prima il regno di Dio e avrete 100 volte tanto e la vita eterna”. La permette anche perché nel frangente della tentazione, l’uomo ha l’occasione di prende completamente atto della libertà che gli è concessa. Nel cammino non tutte le strade sono rettilinee ed è solo al bivio che si può cambiare direzione. Grande occasione di conversione è la tentazione: in certi casi, una vera e propria un’inversione a “U”. E il momento della prova è il segnale che il dono sta per arrivare. Il superarla, cioè il decidere di fondersi con la Volontà di Dio, firma e sigilla la relazione di fiducia reciproca e presuppone la gratitudine: altra condizione essenziale per fare breccia nel Cuore di Dio, l’Onnipotente disoccupato ricco di doni, che non sa a chi dare, giacché nessuno li chiede.

Ma Gesù ha detto: “Chiedere e otterrete!” Così, chiedendo come Dio vuole, e a seguito della “rinuncia eccellente” qualche mese dopo ottenni, senza alcun compromesso con le sirene del mondo, l’ambita cattedra, che mi tenni stretta, stretta per ben 25 lunghi e meravigliosi anni di carriera. Deo gratias!

Ed oggi siamo qui, chiamati a combattere ciascuno la propria battaglia individuale nella concretezza della fede, perché sia la pietra angolare contro l’ultima tentazione della Chiesa, che è quella di lasciare la Teologia per la politica, come da Fulton Scheen, di cui parleremo in seguito, fu profetizzato.

Che non si trovi piuttosto l’uomo a tentare Dio. Amen.

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Foto di copertina: Satana tenta Gesù nel deserto: «Se sei Figlio di Dio, di’ che questi sassi diventino pane», miniatura tratta dalla Grande Bible Historiale Complétée’ (1371-1372), Koninklijke Bibliotheek, Den Haag.

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