L’invito dell’Azione Cattolica Italiana ad essere comunità per ‘ricucire’ l’Italia

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Nelle settimane scorse si è svolto a ‘Casa San Girolamo ‘a Spello (Perugia) la quinta edizione delle ‘Conversazioni a Spello’, appuntamento di fine estate promosso dalla presidenza nazionale di Azione Cattolica Italiana sul tema: ‘Essere comunità per ricucire il Paese’, a cui hanno preso parte Sihem Djebbi, politologa franco-tunisina, specializzata in cooperazione internazionale, nei processi di stabilizzazione e pacificazione, in Islam e dialogo interreligioso e interculturale, professoressa all’Università Sorbona-Parigi 13 ed alla Pontificia Facoltà teologica dell’Italia Meridionale (sezione San Luigi); Gianni Borsa, corrispondente da Bruxelles per l’agenzia di stampa Sir e direttore del mensile ‘Popoli e Missione’ (Fondazione Missio – Cei); e Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana e docente di Econometria presso l’Università Lumsa.

Nella sua analisi Borsa non ha trascurato le difficoltà in cui si dibatte l’Europa: una crisi, in realtà, che si alimenta non tanto a Bruxelles, quanto nei singoli Stati aderenti all’Unione, ciascuno dei quali è attraversato da pulsioni spesso in contrasto tra loro. Ma, benché ‘malata’, essa va consolidata e rifondata, guardando agli indubbi ‘vantaggi’ che porta ai suoi membri.

Gianni Borsa ha parlato di un’Europa più funzionale, efficace, concreta, coesa, solida, leggera, convinta, unita, aperta, simpatica: “Un’Europa che si faccia voler bene, in cui diventa evidente che condividere moltiplica, che la solidarietà è un’arma vincente se e quando assegna a ciascuno ciò di cui ha realmente (non egoisticamente) bisogno e quando ognuno fa la sua parte. Vale per l’Europa come vale in famiglia, nella propria città o nazione”.

La prof.ssa Sihem Djebbi ha sottolineato l’importanza dei corpi intermedi in questo nuovo scenario mondiale, evidenziando il ruolo delle associazioni femminili: “Non si può non sottolineare il ruolo fondamentale che hanno avuto le organizzazioni al femminile negli anni Novanta per la riforma del diritto internazionale umanitario, cioè l’insieme di regole e diritti che si applicano in tempo di guerra e che obbligano i belligeranti.

In reazione alle violenze sessuali di massa durante il genocidio in Ruanda e durante la guerra nella ex Jugoslavia, le femministe hanno fortemente contribuito all’aggiustamento di tale diritto, per far riconoscere pienamente lo stupro come crimine di guerra e contro l’umanità. E’ anche in parte grazie alla militanza delle donne su queste questioni che nasce la Corte penale internazionale (istituita con lo Statuto di Roma nel 1998, entrato in vigore nel 2002), abilitata a perseguire i criminali di guerra e contro l’umanità”.

Infine il presidente dell’Azione Cattolica Italiana, Giuseppe Notarstefano, ha insistito sul protagonismo della società civile per portare una sfida alla globalizzazione attraverso l’amicizia sociale: allora come essere comunità per ricucire il Paese?

“Bisogna fare un grande lavoro sul mettere insieme le persone, che inizia dal riconoscimento della ricchezza che è il pluralismo: la diversità e le molte esperienze sono forme di ricchezza. Mettere insieme significa trovare spazi di dialogo per prendersi cura di ciò che è comune, come quello della ‘casa comune’, tema importante su cui si può costruire la comunità.

Un altro tema è quello della cura, che dopo la pandemia, è uno di quei temi che ‘mette insieme’. La politica dovrebbe essere un dispositivo di amicizia sociale che mette insieme le persone”.

In quale modo il socio di Azione Cattolica può essere protagonista in questo tempo ‘complesso’?

“Penso che occorre lavorare sul tema della partecipazione iniziando dai ragazzi dell’ACR attraverso l’educazione al confronto. I temi sono complessi e la tentazione è quella della superficialità e della banalizzazione, rimanendo nella rete di chi ha lo stesso pensiero. Invece occorre studiare soprattutto insieme a coloro che la pensano diversamente. Questi ed altri sono metodi che aiutano a crescere nella consapevolezza della comunità”.

I cattolici come possono essere di aiuto alla comunità?

“Le parrocchie e le comunità cristiane devono essere luoghi di accoglienza e di partecipazione. La provocazione di una ‘Chiesa in uscita’ è un invito a prendersi cura delle ferite del nostro tempo; prendendoci cura della formazione dei giovani in un dialogo intergenerazionale. In questi giorni in cui si preparano le elezioni vedo tante comunità parrocchiali che si confrontano: questo è un modo per prendersi cura della vita di tutti”.

In quale modo l’Azione Cattolica Italiana può alimentare il pensiero della partecipazione?

“L’Azione Cattolica è già un dispositivo di partecipazione. Colui che vive nell’Azione Cattolica ha già fatto una scelta democratica, perché è una scelta di dialogo tra generazioni e tra i territori. Quando è vissuta con pienezza e con gratuità la scelta del socio di Azione Cattolica fa crescere nella capacità di educarsi alla partecipazione”.

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