Da Matera il papa invita al gusto del pane

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A Matera, città del pane, papa Francesco ha concluso il XXVII congresso eucaristico nazionale pregando per una Chiesa eucaristica, che sappia guardare al primato di Dio ed all’amore dei fratelli, perché con il pane c’è festa, come recita l’Inno del congresso:

“Ci fa bene fermarci davanti alla scena drammatica descritta da Gesù in questa parabola: da una parte un ricco vestito di porpora e di bisso, che sfoggia la sua opulenza e banchetta lautamente; dall’altra parte, un povero, coperto di piaghe, che giace sulla porta sperando che da quella mensa cada qualche mollica di cui sfamarsi. E davanti a questa contraddizione, che vediamo tutti i giorni, ci chiediamo: a che cosa ci invita il sacramento dell’Eucaristia, fonte e culmine della vita del cristiano?”

L’Eucarestia invita al primato di Dio: “Il ricco della parabola non è aperto alla relazione con Dio: pensa solo al proprio benessere, a soddisfare i suoi bisogni, a godersi la vita. Egli compiace sé stesso, adora la ricchezza mondana, è chiuso nel suo piccolo mondo festaiolo.

Soddisfatto di sé, ubriacato dal denaro, stordito dalla fiera delle vanità, nella sua vita non c’è posto per Dio perché egli adora solo sé stesso. Non a caso, di lui non si dice il nome: lo chiamiamo ‘ricco’, lo definiamo solo con un aggettivo perché ormai ha perduto il suo nome, la sua identità è data solo dai beni che possiede”.

La ricchezza rende anonimi: “E’ la religione dell’avere e dell’apparire, che spesso domina la scena di questo mondo, ma alla fine ci lascia a mani vuote. Sempre! A questo ricco del Vangelo, infatti, non è rimasto neanche il nome. Non è più nessuno.

Al contrario, il povero ha un nome, Lazzaro, che significa ‘Dio aiuta’. Pur nella sua condizione di povertà e di emarginazione, egli può conservare integra la sua dignità perché vive nella relazione con Dio. Nel suo stesso nome c’è qualcosa di Dio e Dio è la speranza incrollabile della sua vita”.

Invece l’Eucarestia invita ad ‘adorare’ Dio e non se stessi: “Mettere Lui al centro e non la vanità del proprio io. Ricordarci che solo il Signore è Dio e tutto il resto è dono del suo amore.

Perché se adoriamo noi stessi, moriamo nell’asfissia del nostro piccolo io; se adoriamo le ricchezze di questo mondo, esse si impossessano di noi e ci rendono schiavi; se adoriamo il dio dell’apparenza e ci inebriamo nello spreco, prima o dopo la vita stessa ci chiederà il conto”.

L’Eucarestia offre una visuale nuova: “Quando invece adoriamo il Signore Gesù presente nell’Eucaristia, riceviamo uno sguardo nuovo anche sulla nostra vita: io non sono le cose che possiedo e i successi che riesco a ottenere; il valore della mia vita non dipende da quanto riesco a esibire né diminuisce quando vado incontro ai fallimenti e agli insuccessi.

Io sono un figlio amato; sono benedetto da Dio; Lui mi ha voluto rivestire di bellezza e mi vuole libero o libera da ogni schiavitù. Ricordiamoci questo: chi adora Dio non diventa schiavo di nessuno. Riscopriamo la preghiera di adorazione: essa ci libera e ci restituisce alla nostra dignità di figli”.

L’Eucarestia richiama all’amore verso i fratelli: “Questo Pane è per eccellenza il Sacramento dell’amore. E’ Cristo che si offre e si spezza per noi e ci chiede di fare altrettanto, perché la nostra vita sia frumento macinato e diventi pane che sfama i fratelli.

Il ricco del Vangelo viene meno a questo compito; vive nell’opulenza e banchetta abbondantemente senza neanche accorgersi del grido silenzioso del povero Lazzaro, che giace stremato alla sua porta…

Perché il nostro futuro eterno dipende da questa vita presente: se scaviamo adesso un abisso con i fratelli e sorelle, ci ‘scaviamo la fossa’ per il dopo; se alziamo adesso dei muri contro i fratelli, restiamo imprigionati nella solitudine e nella morte anche dopo”.

L’invito del papa è quello di seguire una Chiesa eucaristica: “Fatta di donne e uomini che si spezzano come pane per tutti coloro che masticano la solitudine e la povertà, per coloro che sono affamati di tenerezza e di compassione, per coloro la cui vita si sta sbriciolando perché è venuto a mancare il lievito buono della speranza.

Una Chiesa che si inginocchia davanti all’Eucaristia e adora con stupore il Signore presente nel pane; ma che sa anche piegarsi con compassione dinanzi alle ferite di chi soffre, sollevando i poveri, asciugando le lacrime di chi soffre, facendosi pane di speranza e di gioia per tutti. Perché non c’è un vero culto eucaristico senza compassione per i tanti ‘Lazzaro’ che anche oggi ci camminano accanto”.

E’ un invito ad assaporare il gusto del pane: “Torniamo al gusto del pane, perché mentre siamo affamati di amore e di speranza, o siamo spezzati dai travagli e dalle sofferenze della vita, Gesù si fa cibo che ci sfama e ci guarisce.

Torniamo al gusto del pane, perché mentre nel mondo continuano a consumarsi ingiustizie e discriminazioni verso i poveri, Gesù ci dona il Pane della condivisione e ci manda ogni giorno come apostoli di fraternità, di giustizia e di pace.

Torniamo al gusto del pane per essere Chiesa eucaristica, che mette Gesù al centro e si fa pane di tenerezza e di misericordia per tutti. Torniamo al gusto del pane per ricordare che, mentre questa nostra esistenza terrena va consumandosi, l’Eucaristia ci anticipa la promessa della risurrezione e ci guida verso la vita nuova che vince la morte”.

Ed al termine della recita dell’Angelus papa Francesco, prima del rientro in Vaticano, si è rivolto alla Madre di Dio per la pace nel mondo: “Penso, in particolare, al Myanmar. Da più di due anni quel nobile Paese è martoriato da gravi scontri armati e violenze, che hanno causato tante vittime e sfollati.

Questa settimana mi è giunto il grido di dolore per la morte di bambini in una scuola bombardata. Si vede che è la moda, bombardare le scuole, oggi, nel mondo! Che il grido di questi piccoli non resti inascoltato! Queste tragedie non devono avvenire!

Maria, Regina della Pace, conforti il martoriato popolo ucraino e ottenga ai capi delle Nazioni la forza di volontà per trovare subito iniziative efficaci che conducano alla fine della guerra.

Mi unisco all’appello dei Vescovi del Camerun per la liberazione di alcune persone sequestrate nella Diocesi di Mamfe, tra cui cinque sacerdoti e una religiosa. Prego per loro e per le popolazioni della provincia ecclesiastica di Bamenda: il Signore doni pace ai cuori e alla vita sociale di quel caro Paese”.

Ed ha ricordato che oggi si celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato: “Rinnoviamo l’impegno per edificare il futuro secondo il disegno di Dio: un futuro in cui ogni persona trovi il suo posto e sia rispettata; in cui i migranti, i rifugiati, gli sfollati e le vittime della tratta possano vivere in pace e con dignità. Perché il Regno di Dio si realizza con loro, senza esclusi.

E’ anche grazie a questi fratelli e sorelle che le comunità possono crescere a livello sociale, economico, culturale e spirituale; e la condivisione di diverse tradizioni arricchisce il Popolo di Dio. Impegniamoci tutti a costruire un futuro più inclusivo e fraterno! I migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati”.

(Foto: Santa Sede)

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