XXVI Domenica del Tempo Ordinario Due ceti sociali: Lazzaro e il ricco epulone

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Una parabola dove Gesù prende l’avvio dalla profonda sperequazione sociale esistente tra chi sguazza nell’abbondanza e chi desidera briciole per mangiare. Due ceti sociali esistenti in perfetta antitesi che reclamano la presenza di una vera mediazione perché l’uomo viva da uomo a tutti i livelli.  Alcuni nella storia hanno voluto vedere in Cristo Gesù un politico dalla ricetta pronta per risolvere il problema sociale; un vero rivoluzionario per la società di ieri e di oggi: nulla di più errato.

Gesù non è un politico, ma non è indifferente  davanti alle ingiustizie, e noi cristiani siamo in sintonia perfetta con Cristo quando condanniamo le ingiustizie sociali. Non è infatti tanto il regime economico che va cambiato ma l’uomo, creato ad immagine di Dio, che deve prendere coscienza che siamo tutti uguali, e vivere è amare, amare è servire e Gesù ne ha dato l’esempio. Non è il sistema capitalista da difendere né il sistema marxista da condannare, entrambi con tutte le loro contraddizioni ed implicanze; il discorso di Gesù è puramente religioso  con tutte le implicanze socio-economiche.

Dio è il nostro Padre; gli uomini siamo tutti fratelli e sorelle; ciò che conta è perciò focalizzare i talenti ricevuti e i carismi dello Spirito Santo e vivere l’amore  che è comunione e servizio. Luce per la nostra vita è la parola di Dio: ama il prossimo tuo come te stesso; l’apostolo Paolo ci ricorda: tu, uomo di Dio, tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza.

Come vedi, dunque, si tratta di una parabola, di un genere letterario dal tono popolare e Gesù non vuole insegnarci particolari teorie politiche e economiche ma ci invita ad impostare la nostra vita in chiave diversa. La parabola, come vedi, è costruita sul contrasto dei due protagonisti (il ricco epulone e Lazzaro) e dei loro destini:

durante l’esistenza terrena Lazzaro è infelice, disprezzato, emarginato; nel ‘seno di Abramo’ nella vita eterna le sorti si invertono e Lazzaro è accolto per la sua umiltà e bontà mentre il ricco epulone è scaraventato nell’Ade, nell’inferno dove il tormento del peccatore è raffigurato con l’arsura e il fuoco dell’incendio.

Ormai la sua storia è sigillata per sempre, mentre per chi rimane sulla terra basta la Parola di Dio, basta quanto ammonisce la Sacra Scrittura e la conversione del cuore. E’ questione di scelta, è questione di fede nella parola di Dio. 

Il ricco epulone prega Abramo di inviare Lazzaro in sogno ai fratelli perché non finiscano anch’essi nell’inferno, ma le parole di Abramo di rimando sono abbastanza chiare: “I tuoi fratelli hanno Mosè ed i profeti; se vogliono si ravvedano; se non ascoltano Mosè e i profeti, neanche se uno risorgesse dai morti potrebbero essere persuasi”. Ciò che è necessario è credere, la fede nella parola di Dio.

La mancanza di fede non è difetto di prove ma di buona volontà. Per chi non vuole credere, nessuna prova è sufficiente. Chi non ha fede, l’incredulo non cerca le ragioni della sua incredulità ma come giustificare il suo ‘non credere’.  Se la fede è la verità, essa interessa l’intelletto e non la volontà, che è la pazza di casa. Chi cerca la verità e la cerca sul serio, presto o tardi la troverà. Se tu chiudi gli occhi alla verità, non sei un povero cieco degno di compassione, ma uno stolto colpevole. 

Chi non ama la luce, non esce fuori dalla propria tana e preferisce rimanere chiuso nella sua penombra ed ha tutte le ragioni per dire che la luce non c’è. Esci, amico, dalla tua tana, apri la finestra dell’anima e ti accorgerai che la luce esiste ed è mirabile.

Il Vangelo, il cui punto focale è l’amore, la solidarietà, la comunione, l’attenzione  verso i poveri, gli ammalati, i profughi (che oggi costituiscono i veri ‘Lazzari’ della società moderna), il Vangelo ti dà la vera dimensione dell’uomo creato ad immagine di Dio.

I veri lazzari sono coloro a cui nessuno pensa; sono i disoccupati o sottoccupati che vengono abbandonati o sfruttati.  Gesù nella parabola ci chiede oggi  di non usare barriere e abissi tra noi. Ci sia di esempio la santa Teresa di Calcutta che ha dato voce a chi non ha voce e dignità ai piccoli e ai grandi, uomini o donne. Ciò che chiede Gesù è la conversione del cuore.

Noi ci convertiamo se accettiamo Gesù come ‘Signore’ e Dio come ‘Padre nostro’. Ciò che necessita è la conversione del cuore; dal cuore malvagio provengono infatti omicidi, adulteri, prostituzione, furti, false testimonianze; se il cuore è puro vengono fuori gesti di amore, solidarietà e servizio.

Il Vangelo non offre ricette pratiche pronte all’uso, il Vangelo ci invita ad affrontare la realtà sociale. Non è un libro rivoluzionario, non si ferma a criticare le ingiustizie ma le supera con un imperativo categorico: ama il prossimo tuo come te stesso.

Non è indifferenza evangelica quando Gesù insegna di non avere eccessiva preoccupazione del cibo, del vestito, del domani, il Vangelo considera come inseparabili i valori spirituali e temporali.

La nostra vita terrena è preparazione alla vita celeste; i vari problemi vanno risolti in chiave di amore e servizio. ‘Ama et fac quod vis’ diceva sant’Agostino. Maria SS. è la benedetta tra tutte le donne perché ha amato Dio, ha amato il prossimo, noi supplici la invochiamo: ‘Santa Maria, prega per noi peccatori, siamo figli tuoi’.

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