Papa Francesco ai cattolici: la memoria apre al Vangelo

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Nell’ultimo giorno del viaggio apostolico in Kazakhstan papa Francesco ha incontrato prima in forma privata i gesuiti che lavorano nella regione russa eppoi ha raggiunto la Cattedrale della ‘Madre del Perpetuo Soccorso’, sede dell’arcidiocesi di Maria Santissima, salutato dal presidente della Conferenza episcopale dell’Asia centrale, istituita appena un anno fa, mons. Josè Luis Mumbiela Sierra:

“La ringraziamo molto per la Sua visita, perché sappiamo che la Sua presenza in mezzo a noi sarà un balsamo di speranza per i nostri fedeli, che La vedono come il buon pastore che cerca di condurre tutti ai gustosi pascoli di Cristo. Oggi siamo qui riuniti alcuni ‘messaggeri di pace e di unità’ che svolgono il loro ministero in diversi paesi dell’Asia Centrale e in altri paesi vicini”.

Ed ha raccontato l’evangelizzazione che si sta compiendo: “Siamo consapevoli della grandezza della nostra vocazione e missione nonostante l’apparente piccolezza delle nostre comunità e dei nostri mezzi. Non è più importante colui che ha molto, ma colui che, trovando il meglio, lo condivide con gli altri, e siamo tra quelli.

Ci riconosciamo come successori dei testimoni eroici nell’evangelizzazione di queste terre, come il Beato Vladislav Bukowinski (speriamo nella sua pronta canonizzazione) o la laica Gertrude Detzel (speriamo nella sua pronta beatificazione)”.

Il papa ha ripetuto che la bellezza della fede consiste nell’inclusione di tutti: “Lo ripeto: nessuno è straniero nella Chiesa, siamo un solo Popolo santo di Dio arricchito da tanti popoli! E la forza del nostro popolo sacerdotale e santo sta proprio nel fare della diversità una ricchezza attraverso la condivisione di ciò che siamo e di ciò che abbiamo: la nostra piccolezza si moltiplica se la condividiamo”.

Riprendendo la lettura dell’apostolo Paolo il papa ha sottolineato che Dio si rivela a tutti: “Il mistero di Dio, dice san Paolo, è stato rivelato a tutti i popoli. Non solo al popolo eletto o a una élite di persone religiose, ma a tutti”.

In particolare ha sottolineato due parole: “eredità e promessa. Da una parte, una Chiesa eredita sempre una storia, è sempre figlia di un primo annuncio del Vangelo, di un evento che la precede, di altri apostoli ed evangelizzatori che l’hanno stabilita sulla parola viva di Gesù;

dall’altra parte, essa è anche la comunità di coloro che hanno visto compiersi in Gesù la promessa di Dio e, da figli della risurrezione, vivono nella speranza del compimento futuro. Sì, siamo destinatari della gloria promessa, che anima di attesa il nostro cammino. Eredità e promessa: l’eredità del passato è la nostra memoria, la promessa del Vangelo è il futuro di Dio che ci viene incontro”.

Inoltre è una Chiesa che cammina nella storia tra memoria e futuro: “Penso alla diffusione del cristianesimo nell’Asia centrale, avvenuta già nei primissimi secoli, a tanti evangelizzatori e missionari che si sono spesi per diffondere la luce del Vangelo, fondando comunità, santuari, monasteri e luoghi di culto.

C’è dunque un’eredità cristiana, ecumenica, che va onorata e custodita, una trasmissione della fede che ha visto protagoniste anche tante persone semplici, tanti nonni e nonne, padri e madri. Nel cammino spirituale ed ecclesiale non dobbiamo smarrire il ricordo di quanti ci hanno annunciato la fede, perché fare memoria ci aiuta a sviluppare lo spirito di contemplazione per le meraviglie che Dio ha operato nella storia, pur in mezzo alle fatiche della vita e alle fragilità personali e comunitarie”.

Però la memoria non è nostalgia: “Facciamo però attenzione: non si tratta di guardare indietro con nostalgia, restando bloccati sulle cose del passato e lasciandoci paralizzare nell’immobilismo: questa è la tentazione dell’indietrismo. Lo sguardo cristiano, quando si volge per fare memoria, vuole aprirci allo stupore dinanzi al mistero di Dio, per riempire il nostro cuore di lode e di gratitudine per quanto il Signore ha compiuto.

Un cuore grato, che trabocca di lode, non nutre rimpianti, accoglie invece l’oggi che vive come grazia. E vuole mettersi in cammino, andare avanti, comunicare Gesù, come le donne e i discepoli di Emmaus nel giorno di Pasqua!”

Questo è memoriale eucaristico, scaturito dallo stupore della Resurrezione: “E’ questa memoria viva di Gesù, che ci riempie di stupore e che attingiamo soprattutto dal Memoriale eucaristico, la forza d’amore che ci sospinge. E’ il nostro tesoro. Perciò senza memoria non c’è stupore. Se perdiamo la memoria viva, allora la fede, le devozioni e le attività pastorali rischiano di affievolirsi, di essere come dei fuochi di paglia, che bruciano subito ma si spengono presto”.

Il papa ha affermato che quando si smarrisce la memoria, si esaurisce la gioia: “Viene meno anche la riconoscenza a Dio e ai fratelli, perché si cade nella tentazione di pensare che tutto dipenda da noi. Padre Ruslan ci ha ricordato una bella cosa: che essere prete è già molto, perché nella vita sacerdotale ci si accorge che quanto accade non è opera nostra, ma è dono di Dio. E suor Clara, parlando della sua vocazione, ha voluto anzitutto ringraziare coloro che le hanno annunciato il Vangelo. Grazie per queste testimonianze, che ci invitano a fare memoria grata dell’eredità ricevuta”.

L’altra parola sottolineata è il futuro: “La memoria del passato non ci chiude in noi stessi, ma ci apre alla promessa del Vangelo. Gesù ci ha assicurato che sarà sempre con noi: non si tratta dunque di una promessa rivolta solo a un futuro lontano, siamo chiamati ad accogliere oggi il rinnovamento che il Risorto porta avanti nella vita. Nonostante le nostre debolezze, Egli non si stanca di stare con noi, di costruire l’avvenire della sua e nostra Chiesa insieme a noi”.

Ha ricordato che la ‘piccolezza’ è una beatitudine: “Eppure, se adottiamo lo sguardo speranzoso di Gesù, facciamo una scoperta sorprendente: il Vangelo dice che essere piccoli, poveri in spirito, è una beatitudine, la prima beatitudine, perché la piccolezza ci consegna umilmente alla potenza di Dio e ci porta a non fondare l’agire ecclesiale sulle nostre capacità.

E questa è una grazia! Lo ripeto: c’è una grazia nascosta nell’essere una Chiesa piccola, un piccolo gregge; invece che esibire le nostre forze, i nostri numeri, le nostre strutture e ogni altra forma di rilevanza umana, ci lasciamo guidare dal Signore e ci poniamo con umiltà accanto alle persone”.

Ed ha sottolineato la peculiarità della Chiesa: “E’ il compito peculiare della Chiesa in questo Paese: non essere un gruppo che si trascina nelle cose di sempre o si chiude nel suo guscio perché si sente piccolo, ma una comunità aperta al futuro di Dio, accesa dal fuoco dello Spirito: viva, speranzosa, disponibile alle sue novità e ai segni dei tempi, animata dalla logica evangelica del seme che porta frutto nell’amore umile e fecondo. In questo modo, la promessa di vita e di benedizione, che Dio Padre riversa su di noi per mezzo di Gesù, si fa strada non solo per noi, ma si realizza anche per gli altri”.

E questa è fraternità, riprendendo le testimonianze: “Una Chiesa sinodale, in cammino verso il futuro dello Spirito, è una Chiesa partecipativa, corresponsabile. E’ una Chiesa capace di uscire incontro al mondo perché allenata nella comunione… E’ un’uscita da sé di cui ogni discepolo ha costante bisogno: è il bisogno di alimentare il dono ricevuto nel Battesimo, che ci spinge ovunque, nei nostri incontri ecclesiali, nelle famiglie, al lavoro, nella società, a diventare uomini e donne di comunione e di pace, che seminano il bene ovunque si trovano.

L’apertura, la gioia e la condivisione sono i segni della Chiesa delle origini: e sono anche i segni della Chiesa del futuro. Sogniamo e, con la grazia di Dio, edifichiamo una Chiesa più abitata dalla letizia del Risorto, che respinga paure e lamentele, che non si lasci irrigidire da dogmatismi e moralismi”.

Concludendo l’incontro ha ricordato i martiri del Kazakhstan: “Ricordo anche i martiri greco-cattolici, il vescovo mons. Budka, il sacerdote don Zarizky e Gertrude Detzel, di cui si è aperto il processo di beatificazione. Come ci ha detto la signora Miroslava: hanno portato l’amore di Cristo nel mondo. Voi siete la loro eredità: siate promessa di nuova santità!

Vi sono vicino e vi incoraggio: vivete con gioia questa eredità e testimoniatela con generosità, perché quanti incontrate possano percepire che c’è una promessa di speranza rivolta anche a loro. Vi accompagno con la preghiera; e ora ci affidiamo in modo particolare al cuore di Maria Santissima, che qui venerate in modo speciale come Regina della pace.

Ho letto di un bel segno materno accaduto in tempi difficili: mentre tante persone venivano deportate ed erano costrette alla fame e al freddo, ella, Madre tenera e premurosa, ascoltò la preghiera che i suoi figli le rivolgevano. In uno degli inverni più rigidi, rapidamente la neve si sciolse, facendo emergere un lago con molti pesci, che sfamarono tante persone affamate”.

(Foto: Santa Sede)

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