“Se non è concreta, non è fede”. Testimonianze estate 2022 – 3. La morte del gatto

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.09.2022 – Veronica Cireneo] – “Cos’è, t’è morto il gatto?”. Capita, a volte, di sentirsi rivolgere questa domanda, quando si incontra un amico che ci vuole bene, vedendoci un po’ giù di corda, tanto per sdrammatizzare e invitarci alla confidenza e allo sfogo. Però non è affatto vero che la morte del gatto non possa addolorare l’animo umano. Chi possiede animali domestici sa cosa si prova, quando un fratellino, compagno fedele ci lascia. Non solo!

Quanti santi a cui la tradizione è così affezionata, hanno dato ampio spazio e considerazione agli animali: creature di Dio, nostri fratelli, che tanto riescono a consolare e istruire esemplarmente l’uomo in termini di purezza, pazienza, disinteresse e costanza.

Penso a San Francesco con fratello lupo, per esempio. A San Francesco che agli uccelli diceva: “Come è bello il vostro canto! Sapete lodare Dio così bene e molto meglio di quanto io non faccia con la mia preghiera!” (o una cosa del genere).

Penso a San Rocco e il suo cane.

Di Sant’Antonio Abate poi non ne parliamo, che alla lettura del versetto del Vangelo:” Vai, vendi tutto quello che hai e seguimi”, dette un seguito concreto e per intero, salvo tenere per sé gli animali che lo seguirono fedelmente e ovunque, passo dopo passo.

Nel mese di giugno, dopo le mie prime nuotate che dettero il via all’apertura dell’estate, dovetti interrompere questa che è la mia attività preferita a causa dell’improvvisa malattia di uno dei miei gatti. Malattia improvvisa, fino ad un certo punto.

I gatti, dei quali, per la ragione che segue, si dice abbiano nove vite, sono così resistenti che non mostrano sintomi, se non quando il morbo ha già realizzato quasi per intero il suo corso.

Così, all’improvviso “Motorino” – il nome che gli avevamo attribuito a causa del fatto che teneva continuamente acceso il suono delle fusa – dimagrisce, perde le forze, smette di mangiare, di bere, di camminare, di urinare. Brutta storia! Era un mangione…

Ricoverato in clinica per l’inserimento del catetere e a seguito delle analisi del sangue, il veterinario suggerisce l’eutanasia per grave insufficienza renale ed altri acciacchi, non lievi e concomitanti.

“No, dottore! Voglio provare a salvarlo ed accudirlo fino all’ultimo. Magari l’ho trascurato e aumentando cure ed attenzioni potrebbe riprendersi.

Poi cos’è questa storia dell’eutanasia, dottore? Ma, come morivano gli animali prima che ci servissimo di questa pratica? Possibile che dobbiamo insegnare a sorella morte come si fa a terminare la vita di un gatto, come se non riuscisse più a farlo di suo, anticipandola addirittura sui tempi? Come posso consegnarlo nelle sue mani, lui che si fida di me, perché lei lo uccida? No, dottore! Gli assegni una terapia e la eseguirò a puntino. Grazie! dissi al mio fidato veterinario, che accettò.

E fin qui, medicinali compresi, siamo a 500 euro. Non importa!

Importa invece, che un’ispirazione benefica e consolatoria proceda indisturbata fino alla fine, per garantire che nessuna delle fibre più sottili della coscienza umana venga minimamente lesa.

La fede, che è missione d’amore e stile puro di vita, non omette nulla, né esclude, né preclude dal suo raggio di influenza nessun risvolto di essa. Quindi è giusto ed utile esportarla, anche in quegli ambiti e in quelle circostanze dell’esistenza che apparissero di futile valore.

“Raccogliere uno spillo per amore, può salvare un’anima!”. Quanto è andata sul sottile Santa Teresina con questa frase. Ha portato l’immenso in un dettaglio. E da Lei, mia ispiratrice, ho compreso fin dove può e deve arrivare la fede, e quanto sia sbagliato e controproducente considerarla solo un abito per le grandi occasioni. No. Non è la fede dei giorni comandati che salva, che dà gioia, che dà pace.

La fede che nutre l’anima di questi sentimenti, è frutto di una rispettosa e amorosa relazione con ogni dettaglio del creato e con ogni istante della vita, come dono d’amore per il Creatore, che tiene le fila di tutto, che osserva tutto, che partecipa a tutto, in sentimenti ed emozioni, dato che nel Cuore di Gesù si riversano tutti i sentimenti, i desideri, i pensieri e le passioni di ogni creatura. Occorre dunque fare molta attenzione a non ferire questo Cuore dentro il Quale tutti ci muoviamo e che cerca, nel nostro, un luogo calmo e puro in cui riposare. Perché non concederglielo? Chi è come Dio o più di Dio da meritarlo in esclusiva, al Suo posto? Nessuno.

L’attenzione sottile nei Suoi confronti, amplifica la fede e la irrobustisce, perché Egli Stesso, che è tutto amore, la nutre e la alimenta, producendo gli effetti di gioia, pace e serenità che tutti cerchiamo senza trovare, se non passando attraverso questa piccola, grande (“Io sono la Via”) porta: il rispetto del Suo Cuore, che ha attenzione per tutto e per tutte le forme di vita del cielo, della terra, del sottoterra, ma in primis per l’uomo, creato a Sua immagine e somiglianza e che costituisce la Sua Croce quando da Lui si separa e anche quando lo segue da lontano, esponendosi a rischi ed occasioni.

Torniamo a casa e cominciamo la terapia. Apparenti riprese e cadute continue mi illudono e mi sconfortano ininterrottamente. Aggiungo amore, carezze e coccole alle cure e lui, pur con forze sempre più fioche, risponde con sempre nuove, deboli fusa.

Nella dieta inserisco integratori come il miele per rinforzare le energie, la camomilla per rilassare la tensione provocata dai dolori, vitamine e neanche ricordo più cosa… tante ne avevo escogitate, pur di vederlo stare bene come un tempo.

Il micio accetta con fiducia, nonostante il disprezzo notorio dei gatti per le variazioni alimentari, finché un giorno, dopo circa un mese di cure devo ritornare dal veterinario – che lo credeva già spacciato da un bel pezzo  – dato che Motorino, avanzando la malattia cronica, aveva perso completamente le forze e ormai quasi pelle ed ossa, barcollava.

Gli fa una flebo, insistendo sull’eutanasia che rifiuto per la seconda volta, e mi insegna e imparo come fargliene a casa, in autonomia.

Ad un certo punto rifiuta di nuovo il cibo, si trascina, traballa. Pietoso e sconsolato, dolorosamente miagola, mi guarda triste e mi implora: “Non puoi fare nulla altro per me? Aiutami! Prenditi cura di me che da solo non ce la faccio padroncina. Aiutami!”.

Non pensavo potesse esistere tanto dolore, tanta resistenza e tanta fiducia in una creaturina così piccola! Ma io, raggiunto il limite delle mie possibilità, capii che non potevo fare altro per lui. E piansi per non poter esaudire in nessun modo la sua compassionevole e profonda supplica.

E pensavo pure a quanto deve soffrire, invece, Gesù tutte le volte che l’uomo, così malato da non riconoscerlo come Medico, non solo non chiede, bensì rifiuta tutte le cure che Egli potrebbe e vorrebbe applicare su di lui. Quanto deve soffrire quando Gli lega le Mani miracolose e piene di Grazie e benedizioni! Ci può essere un dolore più grande? No. Perché L’uomo che non chiede e che rifiuta l’aiuto di Dio rende impotente l’Onnipotente.

Non ci può essere per Lui un dolore più grande, che veder rifiutate le Sue cure. In effetti, a pensarci bene, è davvero folle rinunciare ad un aiuto così generoso e gratuito. Un animale questo non lo fa.

Veronica Cireneo

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Foto di copertina: Seville e Chanel, due gatti dell’Editore, i siciliani, che sono venuti quando Cinzia, la milanese, è morta. Poi è arrivata anche Frida, la scozzese.

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