Il papa alla Caritas spagnola: stare con i poveri

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Papa Francesco ha ricevuto in Vaticano una delegazione della Caritas spagnola, che compie 75 anni dalla sua istituzione, evidenziando che l’Amore è il tratto essenziale del linguaggio, perché è ‘il tratto più essenziale dell’essere umano, creato a immagine di Dio’:

“Credo che questo sia qualcosa di molto importante, perché ci permette di vedere come il modo di amare divino possa essere modello di lavoro di Caritas. Di fatto, se Cristo ci chiama alla comunione con Dio e con il fratello, il vostro sforzo è diretto proprio a riconquistare quell’unità a volte perduta nelle persone e nelle comunità. E me sembra che questo sia qualcosa che voi già proponete, quando ponete alcune sfide in questo sforzo”.

Il discorso del papa è una motivazione alla speranza: “Effettivamente, a motivarci, a farci raggiungere obiettivi programmati non sono i risultati ma il metterci dinanzi a una persona che è spezzata, che non trova il proprio posto, e accoglierla, aprire per lei cammini di recupero di modo che possa trovare se stessa, essendo capace, nonostante i suoi limiti e i nostri, di cercare il suo posto e di aprirsi agli altri e a Dio”.

Ed ha consigliato un libro: “C’è un libro che è uscito circa due anni fa in Spagna, è piccolo, si legge in due ore, si chiama ‘Hermanito’. E’ la vita di un migrante dell’Africa centrale che arriva in Spagna, credo che ci abbia messo due anni e mezzo ad arrivare, o tre. Tutto quello che ha sofferto, e come è stato accolto con carità lì, e come ha potuto riprendersi e raccontare la sua esperienza. Vi consiglio di leggere quest’opera, è molto piccola, si legge bene, e soprattutto è ispiratrice”.

Quindi occorre realizzare ‘azioni significative’: “Non bastano gesti che cerchino di ‘uscirne fuori’, ma che promuovano un vero cambiamento nelle persone. In una parrocchia della Spagna, la gente chiedeva al parroco se dava ‘buste’ ossia se potevano approfittare di quella congiuntura ‘assistenzialista’ che in realtà li mantiene incatenati al sussidio, impedendo il loro sviluppo. Bisogna accogliere sempre il povero, accompagnarlo e integrarlo”.

Questo è un gran lavoro: “Gesù ci dice chiaramente, con la sua vita e con la sua opera, che non basta ‘dare’, bisogna ‘darsi’. La carità presuppone sempre una donazione oblativa della propria vita. E questo sarà significativo, al di là dell’azione concreta, quando offrirà alla persona una porta aperta verso una vita nuova.

Parafrasando il Vangelo di Giovanni, se venissimo cercati e venissimo lodati solo perché la gente ha mangiato pane e per questo motivo ci sentissimo come re, staremmo tradendo il messaggio di Gesù.

Il Signore ci propone di essere fermento di un regno di giustizia, di amore, di pace. Ci chiede di essere noi quelli che danno da mangiare al suo Popolo quel pane spezzato che è Lui stesso, insegnandoci che chi vuole essere veramente grande deve farsi servitore di tutti”.

Ed infine occorre ‘essere canale dell’azione della comunità ecclesiale’: “La Chiesa, come corpo mistico di Cristo, prolunga nella sua storia la sua azione, perciò Caritas si propone a noi come quella mano tesa che è di Cristo quando la offriamo a chi ha bisogno di noi, e al tempo stesso ci permette di afferrare Cristo quando lui ci interpella nella sofferenza del fratello. Guardare il fratello che è caduto, non dimentichiamo che l’unico momento in cui ci è consentito guardare una persona dall’alto in basso è per aiutarla ad alzarsi, poi mai più”.

Occorre una gestione più ‘ordinata’ delle risorse con lo spirito del volontariato: “Poco fa ho parlato di una gestione ordinata delle risorse. Quello che sto dicendo ora non lo dico perché ho informazioni di Caritas Spagna. Non le ho, perciò parlo con libertà.

Per favore, fate attenzione alle risorse, ma non cadete nella grande azienda della carità, dove il 40, 50, 60 per cento delle risorse è destinato a pagare gli stipendi di quanti vi lavorano. Ci sono aziende in Europa, ci sono movimenti di istituzioni di carità, che arrivano al 60%, credo sia troppo, ma 40 e oltre per cento è destinato agli stipendi. No. Meno mediazioni possibili, no? E quelle che ci sono, per quel che si può, per vocazione, non come lavoro”.

(Foto: Santa Sede)

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