“Se non è concreta, non è fede”. Testimonianze estate 2022 – 2. La tempesta sedata

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.09.2022 – Veronica Cireneo] – Che non esistono più le mezze stagioni si sa e questo è un luogo comune, addirittura superato. Le stagioni classiche, così come le conoscevamo, non esistono più. Quando mai in estate alla latitudine di Roma si è vista, nell’arco delle 24 ore, un’escursione termica di 15/20 gradi centigradi tra il giorno e la notte e i pressoché stabili 40 gradi diurni? La desertificazione avanza.

Alluminio, grafene ed altro materiale metallico anche pesante che dovrebbe stare sotto terra, sparsi nell’aria, squarciano, avvelenano e disintegrano l’equilibrio dei cieli. Dei cieli, della terra e di tutti i suoi ospiti: vegetali, umani ed animali. Di certo questo aiuta molto al raggiungimento dello scopo criminale, che non stiamo qui per disgusto a riportare, visibilmente dettagliato e braccio armato della pragmatica “Agenda 2030″. Ma le trombe marine, specie al superamento del Ferragosto, sì. Quelle ci sono sempre state ed arrivano con le prime piogge, che rinfrescano l’aria rovente del mese più caldo dell’anno.

Superati gli 80/90 km di nuoto percorsi tra luglio e metà agosto, come mi è accaduto di fare quest’anno, chiunque avrebbe evitato di tuffarsi ancora, pure il giorno dopo il primo temporale ferragostano. Ma chi ama il mare come me sa che, qualunque sia la condizione del cielo, purché l’acqua non sia gelida, e comunque a quel problema viene incontro la muta, appena acquistata per prolungare i bagni fino a Natale, all’immersione non può rinunciare.

Così, qualche giorno dopo il Ferragosto, giungo in spiaggia. Quattro gatti. Sì. Aveva piovuto il giorno prima, ma spesso basta una nuvoletta per far desistere i più. Splendido! La va a pochi! Il cielo è un po’ grigio. Il mare abbastanza minaccioso. Plumbeo, ma non troppo agitato.

Ci penso un attimo:” Vado o non vado?”. Mi volto, dalla riva, verso la postazione del salvataggio. I bagnini non avevano issato la bandiera rossa del pericolo, quindi: ok, mi tuffo… Bello il mar Tirreno tutto per me!

Nuotare qua e là liberamente, sempre più lontano dalla riva, finché il fondale marino si stacca dai piedi, che possono sgambettare senza intralci, mentre tutti i muscoli del corpo, all’unisono si tendono e si rilassano, si tendono e si rilassano per ore, in ogni movimento danzanti e perfettamente coordinati al respiro, in termini di benessere psico-fisico non ha eguali. Il cuore batte regolarmente, i muscoli si risvegliano, i polmoni si espandono, la mente si alleggerisce, i pensieri tacciono, lo spirito si bea: del blu, dell’ossigeno iodato, dell’idro-massaggio e della culla altalenante delle carezzevoli onde, mentre qualche pesce balenando guizza fuori dal pelo d’acqua, e qualche gabbiano, rapido, plana ad acciuffarlo.

Avere l’acqua alla gola in mare è un beneficio, che permette di vivere in quella meraviglia del creato, che  molti si accontentano di osservare a distanza, fissi sulla spiaggia sotto l’ombrellone o immobili sul divano di casa, attraverso uno schermo. Nooooo… Ma che fate?! Sempre a pensare a Covid e 4° dose?!

Bracciata dopo bracciata, alternando tutti gli stili conosciuti e non, mi trastullo tra le acque e attraversato il primo tratto di mare, abitata da uno stato d’animo permanentemente divertito, giungo alla boa dei natanti, sistemata qualche centinaio di metri più a largo di quella per i bagnanti.

A quella boa, ancorata a circa 3/400 metri dalla riva, dove l’altezza del fondale si aggira intorno ai 2/3 metri, normalmente approdo prima di iniziare la nuotata vera e propria, che eseguita più volte parallelamente alla riva in andata e ritorno, riprende la direzione della terra ferma non prima che qualche chilometro d’acqua sia scorso sotto la mia pancia e sul mio dorso.

Sospesi i pensieri, sopraffatti dalla musica delle onde e nel silenzio assordante che solo gli spazi immensi garantiscono… ecco che, dalla riva, violento rompe l’aria, e non solo quella, lo stridente rumore di un fischietto, che così fastidioso ce l’hanno solo i bagnini. Ah, no: Anche gli arbitri! Capito quali? Quelli che… hanno qualche bitorzolo sulla fronte…

Era già successo in passato di essere richiamata dai bagnini e spesso da lontano avevo fatto loro il segno di non preoccuparsi e che era tutto ok. Mai assecondare le paure altrui, se pericoli reali non si vedono e non ci sono!

Ma stavolta quel fischio era imperioso. Acconsento quindi di verificare il contesto. Freno i movimenti e stazionando in acqua in posizione verticale, dirigo lo sguardo verso la riva. Il bagnino mi indica qualcosa col braccio nella direzione del cielo, sulla mia sinistra. Guardo in quella direzione: … p a n i c o!

Una tromba marina [*] enorme, formatasi in un attimo, scura, cupa, semi-turbinante, dell’ampiezza di mezzo cielo visibile, con il piede dell’imbuto quasi sfiorante l’azzurro delle acque, era sopra di me. Attrice di quel fenomeno meteorologico che aspira tutto quello che trova al suo passaggio, per precipitarlo chissà dove, quando l’energia della nuvola madre si esaurisce, la tromba marina è davvero pericolosa. Le onde, rumorose, cominciano a rotolare nervosamente su loro stesse. Si accavallano scomposte sotto la spinta del turbine. Il vento fa sentire forte la sua voce, mentre le correnti del fondale spingono le gambe, le spalle e il dorso in direzioni opposte e divergenti.

Nell’occhio di questo ciclone, mi trovo in preda al panico. Il fiato si accorcia. Sono incerta sul da farsi. Ruoto su me stessa e temporeggio. E mentre più di un brivido percorre le mie vertebre, ho modo di osservare l’ambiente tutt’intorno, comprendere e concludere che nulla che dipenda da me, potrebbe offrirmi una via di scampo. Ah, è così?! Perfetto! Bene. Allora mi arrendo. Accetto e mi rilasso.

Mi arrendo vergando quelle acque, con lo stesso gusto che sempre accompagna le mie nuotate, anzi con maggior gusto rispetto alle altre, considerando questa come la potenziale ultima. Tranquilla mi sdraio di schiena sulle acque. Opporre loro resistenza mi avrebbe sfiancato, senza esito. Lascio che le onde mi trasportino. E mi quieto nel bel mezzo della bufera (pensando con affetto a Santa Teresina che mi ha insegnato questa Sua “piccola via”).

Alzo gli occhi al Cielo nero: “Gesù… fai tu. A me va bene tutto! La Tua volontà è sempre la migliore. Non hai mai sbagliato nulla nella mia vita. Quando mi affido a Te, non so come, tutto si scioglie. Solo Tu in un lampo dissolvi ogni tensione. L’unico che può fare qualcosa sei Tu. Come vuoi, Gesù. Fai Tu. Ti appartengo. Grazie!!!”.

E intanto che le onde mi coprono, mi scoprono e mi dirigono non so dove, imperturbabile continuo a parlarGli: “Credere nella Tua buona Volontà per me è una culla, un’altalena che mi fa ballare tra le onde della vita, come tra queste onde. Tu sei per me un pilastro. Tu sei il perno dell’armonia. Voglio ruotare intorno alle Tue armonie. Diventare musica per i tuoi occhi. Grazie per il mare, Padre! Come sono meravigliose le Tue opere!”.

E così pensando e pregando, non saprei dire quanto a lungo, totalmente abbandonata ai flutti e nelle Sue mani, sorpresa e senza sforzo alcuno, mi ritrovo a riva e il mare si era calmato. Il cielo rasserenato, e della tromba marina zero tracce. Esco dall’acqua: viva, per miracolo!

Ma cosa sarebbe cambiato se le onde mi avessero travolto fino a farmi annegare? Nulla! Sarebbe accaduto che invece di parlare a Gesù spiritualmente, avrei potuto parlargli vis à vis. Anzi, L’avrei pure abbracciato molto stretto!

Eccolo qua l’effetto dell’abbandono nella supplica fervente e dello stato di Grazia: un ponte tra la vita e la morte, che mai separa chi lo voglia dall’amore incessante di Dio. Il gusto di vivere dentro il Vangelo attimo, dopo attimo. Così questa volta non ho fatto la fine di Pietro, dato che Gesù non ha avuto bisogno di ripetermi: “Donna di poca fede. Perché hai dubitato?”.

Credo in Unun Deum, Patrem omnipotentem.

Veronica Cireneo

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“Se non è concreta, non è fede”. Testimonianze estate 2022 – 1. Bestemmiatori d’altura – 19 luglio 2022

[*] Una tromba marina o tromba d’acqua è un fenomeno atmosferico, assimilabile alla tromba d’aria, che si sviluppa o si muove su uno specchio d’acqua (un mare, una laguna o un lago). Il fenomeno si genera in presenza di un cumulo con forti correnti ascensionali e presenta in genere una minore intensità rispetto a quello terrestre per la maggiore instabilità della base, dovuta alla presenza dell’acqua. Esso ha in genere termine all’esaurirsi della cella stessa o nel momento in cui la tromba incontra un fronte di pioggia. Come un tornado, anche una tromba marina può provocare danni, ma in genere l’entità è minore.
Da un punto di vista prettamente visivo, la tromba marina è preceduta dalla comparsa di una nube a imbuto detta “funnel cloud”, che si evolve dalla tipica base appiattita del cumulonembo verso la superficie del mare fino a raggiungerla se l’umidità nei bassi strati è sufficiente. Il ciclo vitale “tipo” di una waterspout può essere diviso in cinque fasi, come descritto dal Dott. Joseph Golden. Alcune fasi sono osservabili dalla costa, altre solo da una posizione sufficientemente rialzata:
1. La macchia scura: sull’acqua appare un disco chiaro circondato da un’area scura, di forma indeterminata.
2. I segni a spirale: appaiono sulla superficie marina bande spiraleggianti, chiare e scure, che si dipartono dalla macchia scura.
3. L’anello di spruzzi: un denso anello vorticoso di spruzzi d’acqua appare intorno alla macchia scura. È presente nell’anello anche un occhio, simile a quello osservato negli uragani.
4. Il vortice maturo: la tromba marina, ora estesa dalla superficie fino alle nubi sovrastanti, raggiunge la fase di massima intensità e organizzazione, per una durata che generalmente va da 15 a 30 minuti. L’imbuto, che può essere molto sottile, appare spesso cavo: al centro del vortice la pressione raggiunge valori bassissimi, ed è proprio il dislivello barico tra il centro e la periferia del vortice a risucchiare aria e acqua verso l’interno e a costringerla a girare intorno al centro di bassa pressione, con velocità prossime ai 100 km/h. L’involucro è caratterizzato da condensazione turbolenta, perché all’aria in espansione per via della bassa pressione si aggiunge la presenza dell’acqua marina e perciò anche di una fortissima umidità. Il vortice di spruzzi risale fino all’altezza di centinaia di metri, e spesso, muovendosi, crea una scia sull’acqua e un treno di onde. L’azione congiunta dei forti venti e della depressione creano sulla superficie marina increspature, onde e dislivelli che vengono percepiti dall’occhio con tonalità di luce differenti. Ovvero offrono diversi tipi di superficie che rifletteranno la luce incidente in maniera diversa l’uno dall’altro. La tromba marina si può muovere con velocità tipicamente compresa tra 50 e 80 km/h in maniera imprevedibile e dipendente anche dall’orografia della zona, con un diametro che va da 1 a 200 metri e un’altezza che può andare da 100 a 1000 metri (coincidono di solito con l’altezza della base dei cumulonembi da cui esse hanno origine).
5. Il decadimento: l’imbuto e il vortice di schiuma e spruzzi cominciano a dissiparsi allorché il flusso di aria calda nella tromba diminuisce. Il dissolvimento da una parte può essere più lento di quello di un tornado terrestre, per via della mancanza di ostacoli in mare, ma dall’altra può essere molto veloce nel caso la tromba incontri un fronte di pioggia, quindi aria discendente contraria al risucchio della tromba stessa, oppure tocchi la terraferma con conseguente mancanza di vapore acqueo sufficiente unito all’attrito con il suolo e con gli oggetti (Wikipedia).

Foto di copertina: una tromba marina sfiora terra sul litorale tra Ostia e Torvaianica, il 9 dicembre 2021.

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