Giovanni Paolo I ha mostrato una Chiesa lieta

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Albino Luciani Giovanni Paolo I è beato: lo ha proclamato oggi papa Francesco all’inizio della solenne concelebrazione eucaristica in piazza San Pietro, davanti a migliaia di persone, provenienti specialmente da Venezia, Vittorio Veneto e Belluno-Feltre (diocesi legate al ministero sacerdote ed episcopale del nuovo beato, scegliendo la cui data per la sua memoria liturgica è il 26 agosto, giorno della sua elezione a papa nel 1978.

Poco prima il postulatore della causa, card. Beniamino Stella aveva letto una breve biografia di Giovanni Paolo I. Poi sulla facciata della Basilica è stato scoperto l’arazzo con il ritratto che mostra il Papa dei 33 giorni con il suo tipico sorriso sereno.

La reliquia è stata portata all’altare: è uno scritto autografo di uno schema sulle tre virtù teologali, fede, speranza e carità, che poi Giovanni Paolo I usò per tre catechesi del mercoledì durante il suo breve pontificato.

Nell’omelia papa Francesco ha riflettuto sul significato di discepolato: “Andare con Lui significa seguirlo, cioè diventare discepoli. Eppure, a queste persone il Signore fa un discorso poco attraente e molto esigente: non può essere suo discepolo chi non lo ama più dei propri cari, chi non porta la sua croce, chi non si distacca dai beni terreni. Perché Gesù rivolge alla folla tali parole? Qual è il significato dei suoi ammonimenti? Proviamo a rispondere a questi interrogativi”.

La folla segue Gesù, che non cerca consensi, come succede anche nella quotidianità: “Capita anche oggi: specialmente nei momenti di crisi personale e sociale, quando siamo più esposti a sentimenti di rabbia o siamo impauriti da qualcosa che minaccia il nostro futuro, diventiamo più vulnerabili; e, così, sull’onda dell’emozione, ci affidiamo a chi con destrezza e furbizia sa cavalcare questa situazione, approfittando delle paure della società e promettendoci di essere il ‘salvatore’ che risolverà i problemi, mentre in realtà vuole accrescere il proprio gradimento e il proprio potere, la propria figura, la propria capacità di avere le cose in pugno”.

Ma Gesù agisce con lo stile di Dio: “E’ importante capire lo stile di Dio, come agisce Dio. Dio agisce secondo uno stile, e lo stile di Dio è diverso da quello di questa gente, perché Egli non strumentalizza i nostri bisogni, non usa mai le nostre debolezze per accrescere sé stesso.

A Lui, che non vuole sedurci con l’inganno e non vuole distribuire gioie a buon mercato, non interessano le folle oceaniche. Non ha il culto dei numeri, non cerca il consenso, non è un idolatra del successo personale. Al contrario, sembra preoccuparsi quando la gente lo segue con euforia e facili entusiasmi”.

Gesù chiede il discernimento per la sequela: “Si può andare dietro al Signore, infatti, per varie ragioni e alcune, dobbiamo riconoscerlo, sono mondane: dietro una perfetta apparenza religiosa si può nascondere la mera soddisfazione dei propri bisogni, la ricerca del prestigio personale, il desiderio di avere un ruolo, di tenere le cose sotto controllo, la brama di occupare spazi e di ottenere privilegi, l’aspirazione a ricevere riconoscimenti e altro ancora. Questo succede oggi fra i cristiani.

Ma questo non è lo stile di Gesù. E non può essere lo stile del discepolo e della Chiesa. Se qualcuno segue Gesù con questi interessi personali, ha sbagliato strada”.

La sequela ha bisogno di scelte totalizzanti: “Seguirlo non significa entrare in una corte o partecipare a un corteo trionfale, e nemmeno ricevere un’assicurazione sulla vita. Al contrario, significa anche ‘portare la croce’: come Lui, farsi carico dei pesi propri e dei pesi degli altri, fare della vita un dono, non un possesso, spenderla imitando l’amore generoso e misericordioso che Egli ha per noi. Si tratta di scelte che impegnano la totalità dell’esistenza; per questo Gesù desidera che il discepolo non anteponga nulla a questo amore, neanche gli affetti più cari e i beni più grandi”.

Questo discernimento è stato fatto da papa Luciani: “Ma per fare ciò bisogna guardare a Lui più che a noi stessi, imparare l’amore, attingerlo dal Crocifisso. Lì vediamo quell’amore che si dona fino alla fine, senza misura e senza confini. La misura dell’amore è amare senza misura. Noi stessi, disse Papa Luciani, ‘siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile’.

Intramontabile: non si eclissa mai dalla nostra vita, risplende su di noi e illumina anche le notti più oscure. E allora, guardando al Crocifisso, siamo chiamati all’altezza di quell’amore: a purificarci dalle nostre idee distorte su Dio e dalle nostre chiusure, ad amare Lui e gli altri, nella Chiesa e nella società, anche coloro che non la pensano come noi, persino i nemici”.

Seguire Gesù sulla croce, come invitava Giovanni Paolo I: “L’amore fino in fondo, con tutte le sue spine:non le cose fatte a metà, gli accomodamenti o il quieto vivere. Se non puntiamo in alto, se non rischiamo, se ci accontentiamo di una fede all’acqua di rose, siamo, dice Gesù, come chi vuole costruire una torre ma non calcola bene i mezzi per farlo; costui, ‘getta le fondamenta’ e poi ‘non è in grado di finire il lavoro’…. Gesù ci chiede questo: vivi il Vangelo e vivrai la vita, non a metà ma fino in fondo. Vivi il Vangelo, vivi la vita, senza compromessi”.

Così ha vissuto il nuovo beato: “Fratelli, sorelle, il nuovo Beato ha vissuto così: nella gioia del Vangelo, senza compromessi, amando fino alla fine. Egli ha incarnato la povertà del discepolo, che non è solo distaccarsi dai beni materiali, ma soprattutto vincere la tentazione di mettere il proprio io al centro e cercare la propria gloria. Al contrario, seguendo l’esempio di Gesù, è stato pastore mite e umile. Considerava sé stesso come la polvere su cui Dio si era degnato di scrivere”.

Papa Luciani ha trasmesso una Chiesa viva attraverso il sorriso: “Con il sorriso Papa Luciani è riuscito a trasmettere la bontà del Signore. E’ bella una Chiesa con il volto lieto, il volto sereno, il volto sorridente, una Chiesa che non chiude mai le porte, che non inasprisce i cuori, che non si lamenta e non cova risentimento, non è arrabbiata, non è insofferente, non si presenta in modo arcigno, non soffre di nostalgie del passato cadendo nell’indietrismo”.

Ed al termine della recita dell’Angelus ha chiesto la pace in Ucraina: “Ed ora ci rivolgiamo in preghiera alla Vergine Maria, perché ottenga il dono della pace in tutto il mondo, specialmente nella martoriata Ucraina. Lei, la prima e perfetta discepola del Signore, ci aiuti a seguire l’esempio e la santità di vita di Giovanni Paolo I”.

(Foto: Santa Sede)

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