Berdzor, Aghavno e Sus: Azerbajgian occupa un’ulteriore parte di Artsakh

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 01.09.2022 – Vik van Brantegem] – La notizia di questi giorni, che il 26 agosto scorso gli Azeri hanno occupato militarmente la Città di Berdzor (già Lachin) e i villaggi di Aghavno (già Zabukh) e Sus, nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, non l’avete trovato su telegiornali, talk show, giornali di regime, o social… Notizia scomoda, anche perché gli Azeri appena computa l’occupazione, hanno messo immediatamente in mostra la loro arte e cultura. Ecco la prima scultura eretta a Berdzor, “Pugno d’acciaio” che vuole simboleggiare la potenza dell’Azerbajgian e incutere timore agli Armeni. La storia non sarà gentile con coloro che rinunciano al sostegno di un popolo innocente, che lotta per vivere – e sopravvivere – nelle proprie terre ancestrali nel Nagorno-Karabakh, la Montagna del Giardino Nero, che gli Armeni chiamano Artsakh.

I barbari sono arrivati a Berdzor… Quando un’immagine che racconta più di mille parole.

Nel frattempo proseguono in modo energico e risolutivo – con il sostegno e l’applauso della Turchia di Erdoğan – i programmi di pulizia etnica e di genocidio culturale anticristiana dell’Azerbajgian di Alyev nei 8223 km² del Caucaso meridionale sull’Altopiano armeno, come abbiamo riferito il 16 gennaio 2021 (Cristianofobia islamica nella Montagna del Giardino Nero. In pericolo i tesori armeni nel Nagorno-Karabakh): «“Distruggiamo tutte le chiese armene” nella Montagna del Giardino Nero (Nagorno-Karabakh), chiede il capo degli architetti azeri». E gli Europei, abitanti di quello che una volta era la Cristianità, sono “distratti” tra coronavirus, guerra in Ucraina, bollette (di elettricità, gas, acqua, ecc.), immigrazione clandestina, costo della vita, caldo estivo e freddo invernale.

I barbari sono arrivati a Berdzor… Nella città di Berdzor occupata, gli Azeri hanno rotto il cartello con la scritta Berdzor in armeno.

Un’altra notizia “oscurata”: il Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale dell’ONU ha pubblicato le sue conclusioni sull’Azerbajgian, denunciando le sue “gravi violazioni dei diritti umani” contro i prigionieri di guerra armeni e la “distruzione del patrimonio culturale armeno” nei territori occupati dell’Artsakh. Nel 1921 il Nagorno-Karabakh, la regione caucasica meridionale popolata soprattutto da Armeni, fu consegnato da Stalin all’Azerbajgian in odio agli Armeni. Dopo il crollo dell’URSS nel 1991, gli abitanti armeni ne presero il controllo e successivamente proclamarono la loro Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, con capitale Stepanakert (con l’intenzione di trasferirla a Shushi, nel frattempo occupato militarmente dalle forze armate dell’Azerbajgian nella guerra del 2020 [QUI]).

Oggi, il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi alle ore 14.30 ha steso il tappeto rosso al dittatore azero Ilham Aliyev. Chissà cosa stanno pensando i martiri armeni? Si senti la puzza dello sterco del diavolo: “L’Italia è il primo partner commerciale dell’Azerbajgian”, ha ricordato Aliyev in visita a Roma. “Nel 2021 l’interscambio ha raggiunto 9,6 miliardi di euro, nei primi sette mesi del 2022 ha già toccato 11 miliardi”.

“Ignorata” allo stesso modo è stato il comunicato dell’Ufficio del Rappresentante della Repubblica di Armenia per le questioni di diritto internazionale del 19 agosto scorso, che sulla base della richiesta della Repubblica di Armenia di applicare un provvedimento provvisorio della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) per la protezione dei diritti della popolazione civile di una serie di insediamenti della Repubblica dell’Artsakh, la CEDU ha riaffermato i provvedimenti cautelari applicati il 29 settembre 2020 e ulteriormente ampliati il 3 novembre dello stesso anno, affermando che rimangono in vigore. «La CEDU ha chiesto alle parti di astenersi da azioni che potrebbero portare alla violazione dei diritti della popolazione civile tutelati dalla Convenzione, compreso il mettere in pericolo i loro diritti tutelati dagli articoli 2, 3 e 8 della Convenzione”, si legge nella nota. La CEDU ha altresì rilevato che la decisione del 29 settembre 2020, tuttora in vigore, è applicabile alle azioni richiamate dal Governo della Repubblica di Armenia, ovvero attacchi armati a insediamenti pacifici, minacce di sfollamento della popolazione delle comunità di Berdzor, Aghavno e Sus». Sfollamento nel frattempo avvenuto con l’occupazione militare di questi territori da parte dell’Azerbajgian.

Berdzor.
Aghavno.
Sus.

Berdzor, Aghavno e Sus: le ultime vittime della guerra dei 44 giorni del 2020

Nella confusione post-bellica, dopo l’accordo trilaterale (Armenia, Azerbajgian e Russia) di cessate il fuoco del 9 novembre 2020 nella guerra dei 44 giorni del Nagorno-Karabakh, infarcita di polemiche politiche e poca comunicazione, forse non dovevamo aspettarci niente di più. Quanto però è accaduto a Berdzor, Aghavno e Sus va oltre ogni immaginazione.

Berdzor, a 25 km a sud-ovest di Stepanakert, è la capitale della regione Kashatagh della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh (che gli Azeri rivendicano come Lachin, la capitale del Lachin raion in Azerbajgian). La piccola città di circa 2.000 abitanti sorge ad un’altitudine media di 889 m sopra la valle del fiume Hakari.

Berdzor, Aghavno e Sus si trovarono nella duplice situazione di far parte dell’ex Distretto azero di Lachin (di cui era il capoluogo) ma anche nel mezzo dello strategico Corridoio di Lachin, che in trent’anni ha cambiato orientamento: prima era una striscia di terra larga nove chilometri che da nord a sud separava il Nagorno Karabakh dalla Repubblica Socialista Sovietica di Armenia, successivamente da ovest a est, svolgeva la funzione di collegamento da Goris (Armenia) via Berdzor a Stepanakert (Artsakh).

Solo pochi tempi prima, il Governatore della regione Kashatagh aveva assicurato che i residenti della città di Berdzor ma anche dei vicini villaggi di Aghavno (dove esisteva il posto di frontiera tra l’Artsakh e l’Armenia) e di Sus sarebbero rimasti nelle loro case. E la stessa valutazione era stata fatta anche dal Sindaco di Berdzor. Ma poi, in previsione del passaggio di consegne del territorio agli Azeri, arrivava all’improvviso l’avviso di sgombero per coloro che erano ancora rimasti in zona. Le notizie giungevano confuse e non si capiva cosa stava effettivamente accadendo.

Guardando la mappa della zona non possiamo stupirci più di tanto. L’unico modo che hanno gli Azeri per accedere alla parte settentrionale della regione di Lachin è infatti utilizzare la sola strada esistente: quella che risale la stretta valle del fiume Hakari e passando dal villaggio di Maratuk raggiunge con molti tornanti Berdzor, sulla strada interstatale che da Goris (Armenia) via Berdzor raggiunge Stepanakert (Artsakh). Questa strada strategica è rimasta operativa per gli Armeni fino al 31 agosto, con le postazioni di controllo delle forze di pace russe ancora presenti.

L’ex posto di frontiera tra Artsakh e Armenia ad Aghavno, vicino alla piccola centrale idroelettrica e il katchkar mentre viene rimosso.

Da Berdzor bisogna riscendere verso ovest e raggiungere la frazione di Aghavno dove c’è una piccola centrale idroelettrica, un delizioso katchkar nella roccia (nel frattempo rimosso e messo in sicurezza) e dove fino al 27 settembre dello scorso anno era operativo il posto di frontiera tra l’Artsakh e l’Armenia. Da lì verso nord strade strette, spesso neppure asfaltate, collegano una ventina di villaggi sparsi fra le montagne della regione priva di altri collegamenti: a nord alte montagne la separano dalla regione di Karvachar e a est la catena dell’Artsakh la separa dalle regioni di Askeran e Shushi.

Quindi l’unica via di accesso è da sud, attraversando i cinque chilometri del Corridoio di Lachin. Il che significa che non è un territorio dove possono risiedere degli Armeni ma solo una via di transito da sud a nord, da est a ovest e viceversa con i Russi a fare da controllori nel traffico.

All’inizio di agosto, le autorità della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh annunciarono che la parte azerbajgiana, tramite le forze di pace russe, aveva chiesto l’organizzazione di un nuovo collegamento tra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia lungo una nuova rotta, in sostituzione del Corridoio di Lachin. Ai residenti delle comunità di Berdzor, Aghavno e Sus, dislocate su questo territorio, fu detto che non ci sarebbero più forze di pace russe dopo il 25 agosto e che dovevano lasciare le loro case entro quella data.

La nuova strada che collega l’Artsakh e l’Armenia.

A seguito dell’occupazione azera il 25 agosto scorso di Berdzor, Aghavno e Sus, il Ministro dell’organizzazione territoriale e delle infrastrutture della Repubblica dell’Artsakh, Hayk Khanum ha dichiarato, che è stata aperta la nuova strada di 4,5 km tra l’Artsakh e l’Armenia, in sostituzione del vecchio percorso via Berdzor (già Lachin), ora occupato dagli Azeri. La forza di pace russa si è trasferita sulla nuova rotta per garantire il passaggio sicuro.

Immagini e video mostrano desolati residenti armeni che sono costretti a lasciare in modo poco dignitoso le loro case nella città di Berdzor e nei villaggi di Aghavno e Sus nella regione Kashatagh della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, con solo i loro effetti personali, per evacuare l’area prima della scadenza del 25 agosto e il ritorno sotto l’occupazione azerbajgiana (Foto di Tatev Duryan/Armenpress).
Il 18 maggio 1992, gli Azeri residenti a Berdzor avevano bruciato le case che avevano occupato, prima di consegnarle ai proprietari armeni. Successivamente, gli Armeni con l’aiuto della Federazione Rivoluzionaria Armena (Dashnaktsutyu” e la diaspora, hanno ricostruito Berdzor e Aghavno da zero. Ora gli Armeni sono stati cacciati e l’Armenia gli ha avvisato che se avrebbero bruciato le case che hanno costruito, non riceveranno alcun aiuto come sfollati.

Gli Azeri si sono insediati militarmente a Berdzor, Aghavno e Sus

«Oggi, 26 agosto, noi Azeri siamo tornati nella Città di Lachin [Berdzor]. L’esercito azerbajgiano è nella città di Lachin [Berdzor]. I villaggi di Zabukh [Aghavno] e Sus furono presi sotto controllo”, ha annunciato su Twitter la Presidente dell’Assemblea nazionale dell’Azerbajgian, Sahiba Gafarova.

26 agosto 2022. Le forze armate dell’Azerbajgian occupano Berdzor, Aghavno e Sus.

Un regalo di compleanno alla sposa del dittatore

Nell’Azerbaigian – “partner affidabile” per l’Unione Europea – dove il Presidente della repubblica è in carica da venti anni ed è succeduto al decennio presidenziale del padre, potrebbe anche essere una coincidenza. O forse no. Fatto è che il 26 agosto scorso, gli Azeri hanno occupato militarmente Berdzor, Aghavno e Sus, accompagnati dalle felicitazioni turche, proprio nel giorno del compleanno della sposa del Presidente dell’Azerbajgian, Mehriban Aliyeva, che per coincidenza è anche il Vicepresidente. Insomma, il Presidente Ilham Aliyev ha regalato per il suo genetliaco la nuova occupazione di territori dell’Artsakh alla consorte Vicepresidente. Coincidenze?

Mentre Berdzor (già Lachin) cade, Aliyev e Ankara si rallegrano

Il 25 agosto scorso, il Presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il Presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan si sono rallegrati per questa sopruso.

Il dittatore Aliyev, soddisfatto della sua conquista di un’altra porzione dell’Artsakh, ha espresso la sua gioia in un tweet, eguagliata solo dall’indifferenza della comunità internazionale (anche da coloro che espongono la bandiera ucraina su auto, balconi e chioschi dei lidi al mare): «Oggi, 26 agosto, noi Azeri siamo tornati nella città di Lachin. L’esercito azerbaigiano si è posizionato nella città di Lachin [Berdzor]. I villaggi di Zabukh Aghavno] e Sus sono stati presi sotto protezione. Mi congratulo con tutto il popolo di Lachin e il popolo dell’Azerbajgian in questa occasione. Viva Lachin! Viva l’Azerbajgian!».

Da parte suo, il sultano Erdoğan si è congratulato con Aliyev e il popolo azerbajgiano a nome suo e del popolo turco, in occasione del “trasferimento in Azerbajgian” di Berdzor, Aghavno e Sus. Insomma, il proseguimento della guerra dei 44 giorni di guerra del 2020 nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, senza sparare un colpo.

Nel frattempo, il Ministero degli Esteri della Turchia, in un comunicato stampa ha dichiarato: «Accogliamo con favore il ritorno della città di Lachin [Berdzor], e dei villaggi di Zabukh [Aghavno] e Sus in Azerbajgian come parte del processo in corso, in conformità con le disposizioni della Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020. Ci auguriamo che questo sviluppo, che segna una pietra miliare importante per l’instaurazione della pace e della stabilità nel Caucaso meridionale, contribuirà alle relazioni tra Azerbajgian e Armenia nonché alla normalizzazione della regione nel suo insieme. Come prima, la Turchia continuerà a sostenere l’integrità territoriale e la sovranità del fraterno Azerbajgian».

Il salvataggio dei monumenti armeni

Il Ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport della Repubblica di Artsakh ha reso noto che è stato completato – prima del 26 agosto scorso – il trasferimento di circa 46 monumenti armeni dagli insediamenti di Berdzor, Aghavno e Sus.

Circa 46 monumenti sono stati evacuati, ha dichiarato il Viceministro Lernik Hovhannisyan. Ha anche informato che la biblioteca scolastica di Aghavno e più di 10.000 libri della biblioteca comunale di Berdzor sono stati trasferiti a Stepanakert. “Sono state evacuate croci, monumenti, lapidi dedicate agli eroi nazionali, al genocidio armeno e a vari eventi memorabili”, ha affermato il Viceministro, aggiungendo che se questi monumenti non fossero stati evacuati, sarebbero stati vandalizzati dagli Azeri. “Ora stiamo discutendo diverse opzioni per il ricollocamento di questi monumenti. La Diocesi di Artsakh della Chiesa Apostolica Armena, l’Università statale di Artsakh e singole persone hanno presentato delle proposte. In particolare, la Diocesi di Artsakh della Chiesa Apostolica Armena ha proposto di creare un parco dedicato nel territorio della Cattedrale di Santa Maria Madre di Stepanakert dove verranno installate i katchkar (le croci di pietra armeni) e i monumenti evacuati. Lo sponsor del Parco degli Eroi di Sus ha espresso il desiderio di accoglierli o a Stepanakert o a Martakert”, ha affermato il Viceministro, aggiungendo che tutte queste opzioni saranno discusse molto presto e la questione sarà risolta. Tra i monumenti evacuati vi è un katchkar databile ai secoli XI-XII. Si trovava presso la chiesa dei Santi Martiri di Aghavno. Hovhannisyan ha informato che la croce di pietra sarà consegnata al Museo storico e geologico statale di Artsakh.

Una liturgia di “arrivederci” nella chiesa della Santa Ascensione a Berdzor, con la speranza di tornare e rispettare la memoria degli antenati, che molte volte dovettero fuggire da Berdzor, ma tornarono ogni volta.

L’Azerbajgian ha in programma di trasformare la chiesa della Santa Ascensione a Berdzor in una moschea

L’Azerbaigian ha annunciato un piano per trasformare la chiesa della Santa Ascensione a Berdzor in una moschea, dopo la deportazione forzata della popolazione armena della città e dei vicini villaggi di Aghavno e Sus, ha informato il 22 agosto scorso il Consiglio Pubblico per la Protezione della Cultura della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Secondo il progetto azero, la sommità della cupola sarà demolita, il campanile sarà smantellato, saranno costruiti due minareti sulla facciata settentrionale e la chiesa armena apostolica sarà trasformata in moschea. Ovviamente, tutte le iscrizioni armene sulla le pareti saranno rimosse.

La chiesa della Santa Ascensione a Berdzor.

Lo stesso destino o la completa distruzione attende anche la chiesa dei Santi Martiri ad Aghavno.

La chiesa dei Santi Martiri ad Aghavno.

L’attacco dell’Azerbajgian al Gruppo di Minsk dell’OSCE

Gli ambasciatori a Baku di Francia e Stati Uniti (Paesi copresidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE) si sono rifiutati di andare in visita nella città armena di Shushi (nel territorio della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh occupata dall’Azerbajgian nella guerra dei 44 giorni del 2020). Per un portavoce del dittatore dell’Azerbaigian Aliyev si tratta di un insulto alla integrità territoriale dell’Azerbaigian. E gli Azeri minacciano gli USA…

Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha nominato Philip Reeker nuovo co-Presidente del Gruppo di Minsk dell’OSCE e Consulente senior per i negoziati del Caucaso meridionale. Alla notizia della nomina, il Ministro degli Esteri dell’Azerbaigian, Jeyhun Bayramov, ha avvertito che se gli Stati Uniti tentassero di resuscitare il Gruppo di Minsk, sarebbero esclusi dalla risoluzione delle relazioni azerbajgiane-armene. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha risposto alle arroganti dichiarazioni azere con un commento di Vedant Patel, Vice portavoce principale presso il Bureau of Global Public Affairs. Questi, in conferenza stampa, ha dichiarato che il Segretario di Stato statunitenze Antony Blinken ha nominato Philip Reeker “per servire come consulente senior per i negoziati del Caucaso per sottolineare il nostro impegno a favore della pace nel Caucaso meridionale”. “Come Paese, ci impegniamo a facilitare il dialogo diretto tra l’Azerbajgian e l’Armenia a livello bilaterale, multilaterale e in cooperazione con partner che la pensano allo stesso modo per raggiungere un accordo di pace globale tra i due paesi”, ha affermato Vedant Patel, ricordando ancora una volta che l’Ambasciatore Reeker rappresenterà gli Stati Uniti sia al Gruppo di Minsk dell’OSCE che alle Discussioni internazionali di Ginevra.

L’Azerbajgian vuole annientare lo status internazionale de facto e de jure dell’Artsakh, ha dichiarato David Babayan, il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh, mentre il regime del dittatore azero Ilham Aliyev accusa la Francia e gli Stati Uniti per la mancata visita a Shushi.

Il rifiuto degli Ambasciatori statunitense e francese a Baku di recarsi in visita nella città armena occupata di Shushi, ha provocato l’irritazione del regime di Baku che tramite un suo portavoce ha detto che questa scelta è un insulto all’integrità territoriale dell’Azerbajgian.

Di contro, la decisione dei diplomatici dei due Paesi co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE è stata accolta positivamente dall’Assemblea nazionale di Stepanakert.

Il Ministro degli Esteri Babayan a sua volta ha accolto con favore questa rinuncia (che peraltro non aveva fatto l’Ambasciatore dell’altro Paese co-Presidente, la Russia) e la considera un importante passo politico e umanitario sottolineando altresì il perdurante tentativo azero di distruggere l’azione del Gruppo di Minsk dell’OSCE.

Babayan ha dichiarato: «Tuttavia, le ragioni delle azioni dell’Azerbajgian per sciogliere il Gruppo di Minsk dell’OSCE risiedono altrove. La ragione principale dell’interesse di Baku per il crollo del Gruppo di Minsk dell’OSCE, e, in particolare, dell’istituzione della co-Presidenza di questo Gruppo, è che attraverso questo l’Azerbajgian sta cercando di distruggere lo status diplomatico internazionale de facto e de jure di Artsakh, che è una parte riconosciuta del conflitto azerbajgiano-karabako e del processo negoziale. E la maggior parte dei documenti, delle dichiarazioni e degli altri atti politici e legali pertinenti rientrano nella sfera di attività del gruppo di Minsk e del processo di Minsk.

Lo scioglimento del Gruppo di Minsk dell’OSCE e la co-Presidenza di questo Gruppo, secondo la logica di Baku, dovrebbe di fatto livellare lo status diplomatico internazionale de facto e de jure dell’Artsakh. Qui Baku e Ankara agiscono insieme, facendo ogni possibile uso delle contraddizioni tra la Russia e l’Occidente, che tocca anche l’attività della co-Presidenza del Gruppo di Minsk dell’OSCE. Ma questo flirt emotivo, attraverso il quale l’alleanza azerbajgiana-turca sta cercando di ingannare la Russia, è naturalmente tattico e temporaneo nella sua natura. È abbastanza ovvio che sia la Turchia che l’Azerbajgian stanno facendo tutto il possibile per minare la missione russa di mantenimento della pace nell’Artsakh, ben sapendo che con il ritiro della Russia, anche l’Artsakh sarà distrutto. La distruzione dell’Artsakh a sua volta porterà a cambiamenti geopolitici tettonici nel Transcaucaso e nei vasti spazi geopolitici adiacenti, che creerà minacce esistenziali per un certo numero di Paesi, in primo luogo per la Russia. Ciò rappresenta una minaccia, tra l’altro, anche per l’Occidente, solo a lungo termine.

È anche possibile che una tale politica massimalista di Baku miri anche a questo tipo di ricatto per ottenere l’inclusione della Turchia nei Paesi co-Presidenti del gruppo di Minsk come una sorta di compensazione per Baku per ammorbidire la sua posizione dura.

Sono fiducioso che questa e molte altre cose siano ben comprese a Mosca, Washington e Parigi. È anche ovvio che il Gruppo di Minsk dell’OSCE e la sua attuale co-Presidenza non hanno ancora alternative».

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