I nodi vengono al pettine. Lo studio dell’Istituto Mario Negri su Lancet: la cura di Covid-19 precoce a casa salva vite

Condividi su...

L’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS in uno studio pubblicato su Lancet, rivista scientifica inglese in ambito medico pubblicata settimanalmente dal Lancet Publishing Group, edita da Elsevier, fondata nel 1823: «Gli antinfiammatori riducono le ospedalizzazioni del 90%». Eppure il Ministro della Salute Roberto Speranza lo ha sempre negato, imponendo «Tachipirina e vigile attesa» a tutti i malati, contro tutte le evidenze.

Per ricordare cosa dicevano i virostar. Qui Roberto Burioni – virologo, immunologo, accademico e divulgatore scientifico, Professore di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – il 14 settembre 2021, quando si sapeva già che la cura era possibile ed efficace se applicata precocemente.

Oggi si “scopre” – dopo due anni di soprusi, illegalità e protocolli criminali orditi dai governi Conte e Draghi – che il Covid-19 si può curare (ma è una scoperta dell’acqua calda). Dopo due anni e mezzo di pandemia la comunità scientifica concorda su un punto: a uccidere i malati è l’infiammazione (o flogosi), non il Coronavirus cinese di Wuhan o Sars-CoV-2. La terapia a base di antinfiammatori (in particolare non steroidei, i FANS), avviata ai primi segni dei sintomi, riduce il rischio di ospedalizzazione per Covid-19 dell’85-90%.

Oggi si “scopre” – oltre 175.000 morti dopo – prima di riconoscere – se avessero somministrato subito delle medicine da banco – che l’immane tragedia di Covid-19 poteva essere evitata.

Oggi si “scopre”, che le cure domiciliari contro il Covid-19 funzionano e che i medici che proponevano cure domiciliari e le eseguivano senza perdere pazienti avevano ragione.

Le domande sorgono spontanea e ce le poniamo già da due anni.

Quante vite si sarebbero salvate se questi medici fossero stati ascoltati e autorizzati a curare i loro pazienti, anziché ridicolizzarli, demonizzarli e radiarli dall’Ordine?

Come mai il #brancodibalordiassassini che ci “governa”, sapendo che bastavano farmaci da banco, l’ha taciuto – se non negato – per due anni?

Quanti morti sono stati provocati dalla circolare di Speranza “Tachipirina e vigile attesa” e i protocolli della morte, con cui è stato impedito di curare i malati tempestivamente, con dei farmaci tradizionali?

Qualcuno risponderà dei malati che hanno lasciato morire, in primis il Ministro Speranza e poi Conte e Draghi, insieme ai virostar e gli “esperti” tecnico-scientifici, accusando chi, come noi, suggeriva di valutare attentamente l’assistenza medica precoce contro il Covid-19? Ma – purtroppo – vale, come scrisse con perfidia lapidaria Leonardo Sciascia in Il Contesto: «“Tutti i nodi vengono al pettine”, dice uno. L’altro risponde: “Quando c’è il pettine”.

L’ipotesi di intervenire precocemente per spegnere l’infiammazione ai primi sintomi, è stata oggetto di diversi studi e un recente ampio lavoro pubblicato il 25 agosto 2022 su Lancet/Infectious Diseases [QUI] condotto dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS (Istituto di Ricovero a Cura a Carattere Scientifico) e dall’ASST (Azienda Socio Sanitaria Territoriale) Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Gli autori dello studio Home as the new frontier for the treatment of COVID-19: the case for anti-inflammatory agents (La casa come nuova frontiera per il trattamento di Covid-19: il caso degli antinfiammatori) – Dott. Norberto Perico, Dott.ssa Monica Cortinovis, Prof Fredy Suter e Prof Giuseppe Remuzzi – hanno preso in esame tutti gli studi pubblicati su riviste scientifiche di valore, condotti tra il 2020 e il 2021 (inclusi i lavori dello stesso Istituto Mario Negri [*]), su un totale di cinquemila pazienti, tra gruppi di studio e di controllo.

Lo studio rileva che il Covid-19 (acronimo dall’inglese COronaVIrus Disease 19), causato dal Coronavirus cinese di Wuhan, ovvero il Sars-CoV-2 (acronimo dall’inglese Severe Acute Respiratory Syndrome COronaVirus-2, tradotto: coronavirus 2 da sindrome respiratoria acuta grave), è caratterizzato da un ampio spettro di gravità dei sintomi che richiede quantità di cure variabili a seconda delle diverse fasi della malattia. Intervenire all’esordio dei sintomi di Covid-19 da lievi a moderati in ambito ambulatoriale offrirebbe – secondo lo studio – l’opportunità di prevenire la progressione verso una malattia più grave e complicanze a lungo termine. Poiché i sintomi precoci della malattia riflettono in modo variabile un’eccessiva risposta infiammatoria sottostante all’infezione virale, l’uso di farmaci antinfiammatori, in particolare i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), nella fase ambulatoriale iniziale di Covid-19 sembra essere un prezioso strategia terapeutica: gli accessi al pronto soccorso e ospedalizzazioni scendono dell’80% (dato accorpato), le sole ospedalizzazioni dell’85-90%, il tempo di risoluzione dei sintomi si accorcia dell’80% e la necessità di supplementazione di ossigeno del 100%. Alcuni studi osservazionali hanno testato i FANS (in particolare gli inibitori della COX-2 relativamente selettivi), spesso come parte di protocolli multifarmacologici, per il trattamento ambulatoriale precoce del Covid-19. I risultati di questi studi sono promettenti e indicano un ruolo cruciale dei FANS per la gestione domiciliare delle persone con sintomi iniziali di Covid-19. Se i contagi dovessero tornare a salire – prevede lo studio – la terapia precoce con antinfiammatori – è importante che sia gestita dai medici di famiglia, per i possibili effetti collaterali e le interazioni con altri farmaci – potrebbe scongiurare la pressione eccessiva sugli ospedali (e i costi altissimi dei trattamenti, soprattutto in terapia intensiva), uno degli aspetti più drammatici della pandemia.

[*] Alcuni studi condotti nel 2020 e 2021 dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS:
– Covid-19 e farmaci: aggiornamento su quelli usati in terapia – 29 giugno 2020 [QUI]
– Curare il Covid-19 a casa: studio clinico su un possibile trattamento precoce – 2 aprile 2021 [QUI]
– Cure contro il Covid-19: facciamo il punto della situazione – 7 ottobre 2021 [QUI]

Riportiamo di seguito un riassunto dello studio dell’Istituto Mario Negri, pubblicato ieri, 26 agosto da Il Corriere della Sera a cura di Laura Cuppini, seguito da un articolo dello stesso autore, pubblicato il 3 maggio 2022.

Covid, gli antinfiammatori riducono le ospedalizzazioni del 90%
Se i contagi dovessero tornare a salire, la terapia precoce potrebbe scongiurare la pressione eccessiva sugli ospedali e gli elevati costi dei trattamenti, tra gli aspetti più drammatici della pandemia
di Laura Cuppini
Corriere.it, 26 agosto 2022


Il meccanismo con cui l’infezione da Sars-CoV-2 determina uno stato infiammatorio potenzialmente letale è complesso e ancora non del tutto chiaro. Ma dopo due anni e mezzo di pandemia la comunità scientifica concorda su un punto: a uccidere i malati è l’infiammazione (o flogosi), non il virus. L’ipotesi di intervenire precocemente per spegnerla è stata oggetto di diversi studi e un ampio lavoro pubblicato oggi su Lancet Infectious Diseases, condotto dall’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e dall’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, mette un punto fermo sulla questione: la terapia a base di antinfiammatori (in particolare non steroidei, i Fans), avviata all’inizio dei sintomi, riduce il rischio di ospedalizzazione dell’85-90%. Gli autori — Giuseppe Remuzzi, Fredy Suter, Norberto Perico e Monica Cortinovis — hanno preso in esame tutti gli studi pubblicati su riviste scientifiche di valore, condotti tra il 2020 e il 2021 (inclusi due lavori dello stesso Istituto Mario Negri), su un totale di cinquemila pazienti, tra gruppi di studio e di controllo.

Forme lievi e moderate

I risultati sono di grande interesse rispetto all’efficacia dei Fans nel trattamento delle forme lievi e moderate di Covid che non richiedono il ricovero: accessi al pronto soccorso e ospedalizzazioni scendono dell’80% (dato accorpato), le sole ospedalizzazioni dell’85-90%, il tempo di risoluzione dei sintomi si accorcia dell’80% e la necessità di supplementazione di ossigeno del 100%. Se i contagi dovessero tornare a salire, la terapia precoce con antinfiammatori — è importante che sia gestita dai medici di famiglia, per i possibili effetti collaterali e le interazioni con altri farmaci — potrebbe scongiurare la pressione eccessiva sugli ospedali (e i costi altissimi dei trattamenti, soprattutto in terapia intensiva), uno degli aspetti più drammatici della pandemia. Non solo. I Fans, tra i farmaci più comunemente utilizzati in tutto il mondo, possono rappresentare un’opzione realistica per la cura di Covid nei Paesi a basso reddito, dove le coperture vaccinali sono spesso basse e c’è scarsa disponibilità di altri farmaci più costosi per i sistemi sanitari (antivirali, anticorpi monoclonali).

L’effetto dei farmaci

Gli autori del lavoro, dal titolo suggestivo «La casa come nuova frontiera per il trattamento di Covid-19: il caso degli antinfiammatori», hanno preso in esame in particolare i farmaci inibitori relativamente selettivi della Cox-2 (ciclossigenasi), un enzima coinvolto in diversi processi fisiologici e patologici. Celecoxib e Nimesulide sono risultati particolarmente efficaci contro la malattia causata da Sars-CoV-2; valide alternative sono ibuprofene e aspirina. I Fans inibiscono, oltre alla Cox-2, anche un altro enzima, simile ma non identico, la Cox-1, meno implicata nell’infiammazione e collegata invece al rischio di effetti collaterali a livello gastrointestinale, che si verificano in particolare se gli antinfiammatori vengono assunti in alte dosi per più di 3-4 giorni.

Risposta infiammatoria

La flogosi, che in alcuni pazienti raggiunge livelli parossistici determinando una cascata di eventi che può condurre alla morte, è associata a diversi fattori: il rilascio di citochine e radicali liberi, l’induzione di interferone gamma e l’attivazione di particolari leucociti. È stato inoltre ipotizzato che l’aggravamento possa dipendere da un eccesso di angiotensina-II, proteina che stimola i processi infiammatori. «L’insieme delle prove disponibili — scrivono gli autori — evidenzia il ruolo cruciale della «disregolazione» della risposta immunitaria e della risposta iper infiammatoria nell’avvio e nell’esacerbazione di Covid». I risultati dello studio condotto dagli scienziati del Mario Negri e del Papa Giovanni XXIII ribaltano definitivamente un’ipotesi che era stata avanzata nei primi tempi della pandemia, secondo cui gli antinfiammatori non steroidei (e in particolare l’ibuprofene) potrebbero aumentare la suscettibilità all’infezione da Sars-CoV-2 e aggravare i sintomi di Covid. Diverse indagini condotte negli ultimi due anni hanno contribuito a smontare questa teoria: non è stata rilevata alcuna associazione tra la terapia con Fans e un aumento o peggioramento degli esiti clinici (per esempio ricovero in terapia intensiva, ventilazione meccanica, somministrazione di ossigeno) nei pazienti con Covid, nemmeno in coloro che assumevano farmaci antinfiammatori già prima dell’infezione, per esempio per curare una malattia reumatica.

Terapie domiciliari Covid: antinfiammatori e antivirali per curarsi a casa
Con le vaccinazioni di massa, l’attenzione si è spostata dalle terapie in ospedale a quelle da somministrare a casa con l’obiettivo di ridurre i ricoveri
di Laura Cuppini
Corriere.it, 3 maggio 2022


Con la variante Omicron (e relativi sottolignaggi) al 100% dei sequenziamenti in Italia e un numero stabile di positivi e ricoverati (rispettivamente 1 milione e 200mila e poco più di 10mila, tra reparti ordinari e terapie intensive), resta significativa la quota di pazienti con infezione lieve che vengono curati a domicilio, grazie ai vaccini. Quali farmaci si possono usare oggi?

Per gli asintomatici o paucisintomatici, la stragrande maggioranza dei positivi, il trattamento si basa su paracetamolo o Fans (farmaci antinfiammatori non steroidei), indicati in caso di febbre o dolori. Alcuni studi mostrano che gli antinfiammatori possono ridurre le ospedalizzazioni, ma i risultati non sono ancora conclusivi. Con le vaccinazioni di massa l’attenzione si è spostata dalle terapie in ospedale a quelle da somministrare a casa, con l’obiettivo di ridurre al minimo i ricoveri per non intasare gli ospedali lasciando indietro i pazienti non-Covid, cosa che è stata drammaticamente evidente in oltre due anni di pandemia. Chi rischia la malattia grave, per patologie pregresse (come diabete o obesità) o per immunocompromissione (pazienti oncologici, trapiantati) o anche semplicemente per l’età avanzata, può essere candidato ai farmaci costruiti specificamente su Sars-CoV-2: antivirali e anticorpi monoclonali. I primi agiscono bloccando la replicazione del virus, mentre i monoclonali forniscono al paziente una barriera difensiva immediatamente attiva. Né gli uni né gli altri però hanno effetto profilattico: per prevenire l’infezione, e ancor più la malattia severa, servono i vaccini.

I nuovi farmaci funzionano anche contro BA.2, sottovariante di Omicron ampiamente dominante (86,6% dei sequenziamenti secondo l’Istituto superiore di sanità)?

Gli antivirali usati in Italia (remdesivir, molnupiravir, nirmatrelvir/ritonavir) hanno mantenuto la propria efficacia nei confronti dei nuovi ceppi, a patto che la somministrazione avvenga entro 5-7 giorni dall’insorgenza dei sintomi. «Molnupiravir (Veklury), primo farmaco per via orale approvato dalle Agenzie regolatorie, agisce provocando errori nella replicazione dell’Rna virale, chiarisce Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e professore chiara fama di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano – : la sua efficacia negli studi si è attestata al 30%. Dà migliori risultati il combinato nirmatrelvir/ritonavir (Paxlovid) che agisce sulla polimerasi virale, area altamente conservata sia in Sars-CoV-2 che in molti altri coronavirus». Remdesivir è l’unico dei tre antivirali che non può essere preso a domicilio, ma solo in ospedale per via endovenosa.

E gli anticorpi monoclonali?

Si sono rivelati utili fino all’arrivo di Delta, molto meno con Omicron. L’unica eccezione è rappresentata da sotrovimab, che però sembrerebbe incapace di contrastare BA.2. «La ricerca va avanti: in un lavoro pubblicato sul New England Journal of Medicine vengono illustrati i risultati promettenti di un mix di due anticorpi monoclonali prodotto da AstraZeneca — aggiunge Remuzzi —. Inoltre sono in corso studi su farmaci già noti che potrebbero bloccare la proteasi responsabile dell’ingresso della proteina Spike nelle cellule: camostat mesilato e bromexina. Servono però ulteriori indagini».

L’Agenzia del farmaco ha dato ai medici di base la possibilità di prescrivere gli antivirali orali per Covid. Quali sono i pazienti candidabili?

Gli antivirali sono riservati a soggetti non ricoverati e che non richiedono ossigenoterapia, ma a rischio di aggravamento per la compresenza di fattori di rischio. «Si tratta di medicinali da usare con attenzione — sottolinea Patrizia Rovere-Querini, immunologa e responsabile dell’hot spot Covid-19 dell’Ospedale San Raffaele Turro di Milano —: Paxlovid per esempio può interagire con farmaci molto diffusi come anticoagulanti, antiaritmici, cortisone e statine. Inoltre è controindicato nei casi di compromissione renale o epatica. Un’alternativa possibile è remdesivir».

Postscriptum

«I primi ad accorgersi che la causa delle morti era infiammatoria, e che una semplice aspirina poteva evitarle, sono stati i medici che hanno violato le circolari di Speranza e fatto le autopsie. Ad oggi, Speranza non ha ancora chiarito perché abbia emanato quelle circolari. Speranza che, davanti alla curabilità ormai documentata da studi inoppugnabili e al fatto assodato che la malattia non ha più alcun rilievo di emergenza pandemica, perché curabile con dei farmaci disponibili, finge che inoculazione del siero sia ancora urgente, è il più grande scandalo morale nella storia della Repubblica» (Cit.).

Articoli collegati

Sul tema trattato qui, su questo Blog dell’Editore sono stati pubblicati molti articoli in questi due anni. Ne segnaliamo alcuni:

Le cure anti-Covid-19 precoci a domicilio ostacolate e la ferocia dell’infame Green Pass che non ha nulla di scientifico né sanitario – 5 febbraio 2022
Un asfissiante controllo burocratico della nostra esistenza, che con la tutela della salute non ha nulla a che vedere. Si chiama arbitrarietà. Un pandemonio. A cosa servono aspirina, idrossiclorochina e azitromicina? – 21 gennaio 2022
Sars-CoV-2. Divulgazione scientifica – Parte 8: Bloccare trombosi per evitare ingresso virus nei polmoni e polmonite interstiziale – 5 giugno 2020
Sars-CoV-2. Divulgazione scientifica – Parte 5: Terapie possibili nei trattamenti e per frenare il Covid-19 – 12 aprile 2020

Free Webcam Girls
151.11.48.50