Da Amatrice un sogno per rinascere dopo il terremoto

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Sei anni sono trascorsi e nessuno ha mai dimenticato quella notte; anzi l’invito è quello di resistere e non abbandonare Amatrice, ancora con molte macerie, sapendo ‘guardare oltre il 24 agosto 2016 e anche oltre quello che Amatrice è oggi’, come ha ricordato il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, in partenza per Verona, nella memoria delle vittime di quella notte.

Nonostante tutto ha voluto celebrare la messa ad Amatrice, ancora ‘zona rossa’, chiedendo cosa si vede nel paese a distanza di 6 anni: “A prima vista, tutto sembra fermo all’istantanea della torre che si erge isolata in mezzo al deserto. Ma se si guarda con più attenzione, si scopre che sotto c’è un cantiere, finalmente in movimento.

Appena più su nell’area del ‘don Minozzi’ comincia a prendere forma la ‘Casa del futuro’. Appena più giù si delinea il nuovo ospedale di Amatrice. E poi ci sono gru sparse qua e là. Per vedere, dunque, bisogna venire. Dopo l’estenuante fase iniziale ora è il tempo della ricostruzione, ma per arrivare a quella della ri-generazione vera e propria, occorre venire”.

Quello di Pompili è un invito a partecipare alla ricostruzione: “Tutti devono venire: pubblico e privato, Stato e società civile, operatori economici ed ordini professionali. Senza il coinvolgimento di tutti, infatti, l’attesa potrebbe allungarsi ancora”.

Ed  ha ricordato che non è la prima volta della ricostruzione di Amatrice dopo un terremoto “quando i grandi armentari e i pastori di Amatrice dettero nuovo vigore alla pastorizia che sembrava già allora destinata ad un rapido declino, rivitalizzando tutte le attività ad essa collegate, che prosperarono per almeno un altro secolo ancora”.

Ed ecco il ‘sogno’ del vescovo: “I nostri bisnonni ebbero immaginazione e non si arrestarono a quel che cadeva sotto i loro occhi. Videro ‘oltre’. Tale sguardo non schiacciato sul presente, ma aperto al futuro, non è senza conseguenze…

Oggi come allora servono spirito di iniziativa, coraggio e sacrificio. Tali sono oggi le risorse indispensabili per affrontare un futuro tutto da vedere. Perché ci si muova con creatività e non con ripetitività; con audacia e non con paura; con disinteresse e non con la sola ricerca dell’utile proprio”.

Quella del vescovo è una sollecitazione a rinascere, anche se non è automatico: “Così è la vita che non si dà una volta per tutte, ma chiede ad ogni generazione di riappropriarsi della stessa. E’ questo il ‘domani’ del terremoto.

Non più il ‘24 agosto’, quando comunque continueremo a serbare grata e struggente memoria delle vittime, ma ‘ora’. E’ ‘adesso’ il momento di vedere ‘oltre’, di scorgere il domani. Come mi scrisse uno di voi: ‘Non ti abbandoneremo uomo dell’Appennino: l’ombra della tua casa tornerà a giocare sulla natia terra. Dell’alba ancor ti stupirai”.

Una visione è tracciata: “Siamo qui non per trarre considerazioni sui numeri, ma per ritrovare l’orizzonte della memoria, perché i morti di quella notte non passino nel dimenticatoio. Ma anche per trovare l’orizzonte di un futuro che non si costruisce senza una grande forza interiore, che non solo ci rende reattivi a quanto non funziona, ma sa anche predisporci a scorgere quanto ancora non è dato vedere”.

Anche  nella veglia di preghiera della sera precedente mons. Pompili aveva delineato un nuovo orizzonte: “Le immagini che documentano la distruzione ci hanno rattristato, quelle che mostrano i nuovi cantieri danno a sperare.

Siamo qui non per trarre considerazioni sui numeri, ma per ritrovare l’orizzonte della memoria, perché i morti di quella notte non passino nel dimenticatoio. Ma anche per trovare l’orizzonte di un futuro che non si costruisce senza una grande forza interiore, che non solo ci rende reattivi a quanto non funziona, ma sa anche predisporci a scorgere quanto ancora non è dato vedere”.

Ecco il motivo per cui ad Amatrice nessuno vuole una cittadina dormitorio, che si riempie solo d’estate: il ‘cuore’ di Amatrice è un cantiere, dove alle opere di consolidamento si stanno sostituendo cantieri di ricostruzione.

Quindi anche il progetto della ‘Casa Futuro’, pensato dalla diocesi di Rieti nell’area dell’orfanotrofio ‘Don Minozzi’, da qualche mese ha preso un ritmo veloce, realizzato dallo Studio Boeri Architetti che la Diocesi di Rieti e l’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia.

Il progetto di ricostruzione del complesso si sviluppa attorno a quattro corti, ciascuna destinata ad una funzione specifica, come hanno spiegato gli architetti: “In ordine di realizzazione avremo quindi la Corte dell’Accoglienza, la Corte del Silenzio, la Corte Civica e la Corte delle Arti e dei Mestieri.

Sulla prima si sta lavorando anche in elevazione e si comincia a intuire la sagoma dell’edificio che abbraccerà la chiesa di Santa Maria. La parte più avanzata è quella più vicina e parallela alla strada, dove sarà ospitato il teatro. Procedono spediti anche i lavori per le fondazioni delle altre strutture e a breve verrà presentato il progetto per il recupero della chiesa, unico edificio per il quale è stata scelta la conservazione e il restauro”.

Orientata secondo i principi dell’enciclica ‘Laudato sì’, l’architettura di ‘Casa Futuro’ prevede un uso virtuoso delle macerie e delle terre di scavo e tiene conto della sostenibilità energetica e ambientale dei fabbricati, ad esempio attraverso un ampio uso di pannelli fotovoltaici e di una particolare attenzione al recupero e riciclo delle acque meteoriche.

Questa vocazione alla ricerca, e dunque ai giovani, sarà uno dei fili conduttori di ‘Casa Futuro’: sono già avviati contatti con il ‘Gran Sasso Science Institute’ per ospitare nella Corte dell’Accoglienza stage formativi per studenti di ogni parte d’Italia, che potranno approfondire il rapporto tra scienza, tecnologia e natura immersi nel suggestivo paesaggio dei Monti della Laga.

Anche per la Corte delle Arti e dei Mestieri si lavora alla costruzione di un percorso universitario: l’idea è di coinvolgere l’Università degli Studi di Teramo per il suo Corso di laurea in Viticoltura ed Enologia e, insieme a Slow Food, ragionare sul tema della filiera agroalimentare e rafforzare la vocazione produttiva dei paesi del sisma.

Con la sua particolare vocazione di servizio alla collettività, il progetto di ‘Casa Futuro’ è un esempio virtuoso di sinergia tra la forza dello Stato e l’iniziativa privata ed esprime il potenziale attrattivo delle aree interne dell’Appennino centrale, come ha spiegato l’architetto Stefano Boeri:.

“La condivisione, fin dall’inizio, da parte di tutti gli attori e gli enti preposti, di un progetto ambizioso e bellissimo come quello della rigenerazione del ‘Don Minozzi’ è stata l’energia positiva di questo cantiere.

Non solo i lavori procedono con regolarità e nel pieno rispetto dei tempi previsti, ma il cantiere comincia a funzionare come un laboratorio a cielo aperto in cui, per esempio, le macerie vengono per quanto possibile riutilizzate per la costruzione delle superfici carrabili e calpestabili della ‘Casa Futuro’.

Credo che la costruzione di ‘Casa Futuro’ ad Amatrice, grazie al suo formidabile valore sociale e rigenerativo di un’economia e di un percorso formativo, potrà essere assunta come modello di ripartenza anche per l’intero Paese”.

(Foto: diocesi di Rieti)

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