Mons. Renna invita a cambiare vita come sant’Agata

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La festa agostana di sant’Agata in ricordo del ritorno a Catania delle reliquie della Santa Patrona da Costantinopoli ha fatto gridare ‘finalmente tutto è tornato alla normalità’: e che si respirasse aria di normalità lo si è notato osservando i moltissimi turisti che il 17 agosto sono entrati in Cattedrale per ammirare il busto reliquiario della Martire catanese esposto sull’altare maggiore.

Nell’omelia della messa mons. Luigi Renna ha ripreso il racconto dei ‘Promessi Sposi’ di Alessandro Manzoni: “Per qualcuno che avesse da obiettare che quelle restrizioni non erano necessarie, ricordo una bellissima pagina di letteratura, de ‘I promessi sposi’ di Alessandro Manzoni, in cui si narra della peste che infuriò a Milano nel 1630.

Manzoni racconta che i governanti della città vollero indire una processione penitenziale con il corpo di san Carlo Borromeo per far cessare il morbo, ma l’arcivescovo Federico Borromeo manifestò le sue perplessità, perché riteneva che in tal modo si sarebbe favorita la diffusione del contagio. I Decurioni di Milano, per non indispettire la folla, organizzarono ugualmente la manifestazione di fede, che si svolse l’11 giugno del 1630”.

E la domanda con conseguente risposta  dell’arcivescovo è stata lampante: “Quale fu il risultato? Che la peste si diffuse in modo esponenziale e mieté moltissime vite. Cari miei, le misure di contenimento di questi due anni trascorsi sono servite e ringraziamo il prefetto e le forze dell’ordine, perché senza di esse molto probabilmente oggi non saremmo qui”.

Ma un ritorno alla normalità precedente non è proprio consigliato: “Miei cari, saremmo poco saggi se tornassimo alla vita di prima, anche a questa bella festa, senza aver fatto prima tesoro di quello che abbiamo imparato in questi due anni di pandemia.

Una epidemia che nel mondo, a tutt’oggi, ha causato la morte di circa sei milioni di persone non può lasciarci indifferente e la cosa peggiore che ci possa accadere è rimanere tali e quali, senza lasciarci scalfire il cuore e la mente.

La nostra sant’Agata ha pregato per la nostra città, a lei ci siamo affidati nei momenti più bui, ma sono convinto che la nostra celeste patrona sta pregando ancora di più oggi per la sua Catania e per i devoti di tutto il mondo, perché il ritorno alla cosiddetta normalità sia vissuto con la saggezza di chi impara dal dolore e dalla sofferenza, propria e altrui”.

Sant’Agata è diventata martire perché ha cambiato la vita precedente, come aveva scritto il teologo Bruno Maggioni: “Rinnegare se stessi significa non tenerci ad altro che a seguire Gesù Cristo e mettere da parte le proprie logiche di vita, che molto spesso sanno di egoismo, di protagonismo, di individualismo, di tutto ciò che sostituisce all’amore per Dio e il prossimo il proprio ‘ego’…

Sant’Agata non ha pensato a ‘salvare la propria pelle’, ma ha preferito optare per la sua testimonianza di cristiana, sapendo che dal suo esempio altri credenti si sarebbero sentiti incoraggiati a non rinnegare Gesù Cristo. Se pensassimo anche noi che dalla nostra coerenza di vita di vescovo, presbitero, religiosa, padre e madre, può dipendere anche il bene e il male nella società!”

Quindi occorre ‘tesaurizzare’ questa esperienza della pandemia: “Facciamo tesoro di questa consapevolezza, per mettere da parte i tanti virus che sono tornati dopo la fase acuta della pandemia: l’aggressività nelle relazioni, il chiacchiericcio che distrugge l’altro, il tornaconto personale, la violenza nelle famiglie che ha fatto tante vittime anche nella nostra terra, la corruzione nell’uso del denaro pubblico.

Non abbiamo capito che ‘Siamo tutti sulla stessa barca?’ Non abbiamo compreso che dalla nostra ‘integrità morale’ dipende anche il bene della società e della Chiesa? Caro fratello, cara sorella, non puoi dirti cristiano e anche devoto di sant’Agata e maltrattare l’altro con le parole, con i gesti, con la tua indifferenza cinica!”

Ed ha chiesto di essere ‘solidali’ con i giovani: “Voi mi direte che non fate mancare loro da mangiare, da vestire e anche qualche divertimento. Forse anche il telefonino, che permettete, non può essere usato responsabilmente a meno di quattordici anni.

Ed ecco ragazzi che diventano genitori senza averne la maturità per farlo; ecco ragazzi che abbandonano la scuola e passano tutta la giornata a fare niente, senza prepararsi al futuro. E i genitori non si preoccupano molto della cura di questi figli, a volte perché hanno tanti problemi che li distolgono da questo impegno”.

L’omelia vescovile è un invito a comprendere le parole di papa Francesco (‘Siamo sulla stessa barca’), mettendole in pratica: “E voi, devoti delle candelore, voi dei comitati e di associazioni che si fregiano del nome di sant’Agata, rendetevi conto che la vostra devozione non potrà essere vera se si perderà su questioni di apparenza, di primi posti, di protagonismi;

voi sarete degni del nome della nostra Santa se, imparando dalla pandemia e illuminati dal Vangelo, comincerete a preoccuparvi dei problemi della vostra città, che rimangono tali e quali anche dopo una bella festa se non cambiamo il nostro cuore alla scuola di Sant’Agata!

Se non avremo tutti imparato che la solidarietà é la maniera di vivere la carità cristiana in una società e trasformarla, non avremo fatto tesoro di quel tempo in cui abbiamo sperimentato che siamo tutti sulla stessa barca”.

(Foto: Arcidiocesi di Catania)

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