Fra un mese il Cardinal Zen alla sbarra a Hong Kong-Cina

Condividi su...

È stato confermato – come riferisce Asia News – che fra un mese si celebra a Hong il processo al Cardinale Joseph Zen Ze-kiun. La Corte di West Kowloon ha fissato dal 19 al 23 settembre le udienze per il processo al Vescovo emerito di Hong Kong e a cinque noti esponenti del fronte democratico: il noto avvocato Margaret Ng, la cantante-attivista Denise Ho, l’ex parlamentare Cyd Ho (in prigione per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata), l’accademico Hui Po-keung e l’attivista Sze Ching-wee.

L’accusa – dopo che Pechino ha imposto nel giugno 2020 una draconiana legge sulla sicurezza nazionale – è di non aver registrato correttamente il fondo umanitario 612 di cui erano amministratori fiduciari. Fino alla sua chiusura nell’ottobre 2021, il Fondo 612 ha assistito migliaia di manifestanti pro-democrazia coinvolti nelle proteste del 2019. Contemporaneamente la Repubblica Popolare Cinese e la Santa Sede staranno per annunciare il rinnovo dell’accordo provvisorio segreto sulla nomina dei vescovi.

La decisione è arrivata in a una udienza preliminare presieduta dalla giudice Ada Yim, come riporta la Hong Kong Free Press. La polizia aveva arrestato il Cardinal Zen [Il caso Zen – Indice] e gli altri imputati con la ben più grave accusa di “collusione” con forze straniere, in violazione della draconiana legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino nell’estate 2020. Tutti gli imputati si sono dichiarati non colpevoli: i loro difensori hanno messo in questione che l’organizzazione benefica avesse l’obbligo di registrarsi in base alla Societies Ordinance. La difesa chiede anche che nell’interpretazione dell’ordinanza si tenga conto del diritto dei cittadini ad associarsi sancito dalla mini-Costituzione locale (Basic Law).

Riportiamo l’editoriale del Direttore di La Nuova Bussola Quotidiana, che commenta la notizia: Processo al cardinale Zen, un’umiliazione per la Santa Sede, seguito da uno stralcio dall’articolo Il testamento spirituale. Tomko, il “papa rosso” che difese i cattolici cinesi a firma di Nico Spuntoni su La Nuova Bussola Quotidiano del 18 agosto 2022 e dall’articolo A Wuhan l’Assemblea nazionale ‘ufficiale’ dei cattolici cinesi da Lanterne Rosse (la newsletter di Asia News) dell’8 agosto 2022.

Processo al cardinale Zen, un’umiliazione per la Santa Sede
di Riccardo Cascioli
La Nuova Bussola Quotidiano, 12 agosto 2022


Il processo al cardinale Zen per il suo sostegno alla causa democratica si farà dal 19 al 23 settembre, proprio mentre Cina e Santa Sede staranno per annunciare il rinnovo dell’accordo segreto sulla nomina dei vescovi. Ma il volto di Zen in tribunale starà lì a dimostrare il tradimento della Santa Sede per i cattolici perseguitati.

Dunque, il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong sarà processato dal 19 al 23 settembre. La decisione, resa pubblica da Hong Kong Free Press, è stata presa dalla Corte di West Kowloon e il processo riguarderà altri 5 sostenitori della democrazia arrestati con il cardinale lo scorso maggio: l’avvocato Margaret Ng, la cantante Denise Ho, l’ex parlamentare Cyd Ho, l’accademico Hui Po-keung e l’attivista Sze Ching-wee.

Diciamolo subito, il cardinale Zen, 90 anni compiuti lo scorso gennaio, non rischia il carcere ma solo una pesante multa in quanto è caduta la principale accusa, quella di collusione con potenze straniere. Sarà quindi processato per la mancata registrazione del Fondo con cui lui e gli altri attivisti pro-democrazia assistevano i manifestanti delle proteste del 2019.

Ma il fatto di evitare il carcere non rende meno grave l’accaduto né diminuirà l’impatto che tale processo avrà nelle relazioni con la Santa Sede. Non può infatti sfuggire il fatto che il processo si terrà proprio nel momento in cui si dovrà decidere sulla conferma per altri due anni del controverso accordo segreto fra Cina e Santa Sede sulla nomina dei vescovi, che scade il 22 ottobre e fu firmato per la prima volta nel 2018. A meno di colpi di scena dell’ultima ora l’accordo sarà confermato, visto che lo stesso Papa Francesco si è espresso pubblicamente a favore, e senza riserve, nell’intervista rilasciata alla Reuters all’inizio di luglio. Ma la conferma avverrà con davanti l’immagine del cardinale Zen trascinato in tribunale, quel cardinale che più di tutti si è speso per mettere in guardia la Santa Sede dal firmare questo accordo. Sarà un’ulteriore umiliazione per la Chiesa cattolica, una prova di forza del regime comunista che intende dimostrare di poter imporre qualsiasi accordo alle sue condizioni e di aver piegato anche la Chiesa.

E il volto del cardinale Zen in tribunale sarà lì a ricordare quanto avesse ragione – checché ne pensino il Papa e i “teorici” della Comunità di Sant’Egidio – nel prevedere il disastro per la Chiesa cinese. In quattro anni non solo sono stati nominati appena sei vescovi (36 diocesi restano ancora senza titolare), ma in tutta la Cina si è intensificata la persecuzione, soprattutto nei confronti di quanti non hanno voluto cedere all’Associazione patriottica dei cattolici, un organismo di fatto controllato dal Partito Comunista. Per il dettaglio della situazione, compresi i non pochi vescovi in carcere o impediti di esercitare il proprio ministero, si può leggere questo puntuale articolo di Sandro Magister [QUI]. Fatto è che si è realizzato esattamente quanto previsto dal cardinale Zen: la Santa Sede ha ceduto tutto, dando in pasto al regime comunista i cattolici fedeli a Roma, senza ottenere nulla di significativo.

La mannaia di Pechino si è poi abbattuta anche su Hong Kong, come il processo a Zen e soci dimostra, senza che la Santa Sede abbia accennato a una parola di protesta, anzi si è subito premurata di affermare che tale situazione, per quanto spiacevole, non avrebbe inciso sul rinnovo dell’accordo con Pechino.

Basterà vedere il cardinale Zen in tribunale per inchiodare i diplomatici della Santa Sede alle loro responsabilità, per chiedere conto di questo tradimento dei cattolici perseguitati, anzi per aver contribuito ad aumentare la persecuzione. E purtroppo i cinesi non sono neanche gli unici, basti vedere cosa sta avvenendo in Nicaragua [QUI e QUI] e a Cuba [QUI]. Sarà un caso, ma si tratta sempre di regimi comunisti.

Il testamento spirituale. Tomko, il “papa rosso” che difese i cattolici cinesi
di Nico Spuntoni
La Nuova Bussola Quotidiano, 18 agosto 2022


È morto a 98 anni il cardinale slovacco Josef Tomko, che ha servito la Chiesa in circostanze delicatissime, fino al dossier Vatileaks. Nei lunghi anni da prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli si distinse per la lucida fermezza nei rapporti con la Cina. Legatissimo a Giovanni Paolo II, fu il primo a volerlo sugli altari. […]

Il Papa polacco lo volle Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, poi Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e in questa veste si trovò a gestire il delicato dossier cinese. Fu lui nel 1988 ad emanare la direttiva – voluta ed approvata da Wojtyla – passata alla storia come gli “Otto punti” sui rapporti tra Chiesa clandestina e Associazione patriottica cattolica cinese invitando ad evitare la comunione sacramentale con i membri delle comunità fedele a Pechino. Nella lettera, indirizzata ai vescovi di tutto il mondo, pur raccomandando la «carità fraterna», il prelato slovacco chiedeva di mettere in guardia chi visitava la Cina da comportamenti che avrebbero potuto far pensare ad un implicito riconoscimento della legittimità dell’Associazione patriottica.

Il combattivo cardinale novantenne Joseph Zen, in procinto di finire alla sbarra per aver sostenuto la causa democratica nell’ex colonia britannica, ha raccontato in passato la sua nomina episcopale fu dovuta proprio a Tomko, che incoraggiò in tal senso Giovanni Paolo II. Sulla questione cinese, il vescovo emerito di Hong Kong ha detto che l’allora Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli si dimostrò «un uomo molto equilibrato che partì da una linea dura per difendere la Chiesa dalla persecuzione, rimanendo aperto alla ragione» e riuscendo ad ottenere dal governo condizioni migliori per i cattolici cinesi rispetto a quelle che si sarebbero viste dopo di lui.

La prova del grande amore e dello zelo pastorale di Tomko nei confronti dei cattolici cinesi resta, in particolare, in un’omelia di ventidue anni fa per il cinquantesimo anniversario delle trasmissioni di Radio Vaticana in lingua cinese: «Sono stati certamente 50 anni difficili per la Chiesa in Cina. È stato un periodo di sconvolgimenti politici e sociali, ma anche di una dura persecuzione contro varie religioni, specie contro la Chiesa cattolica, accusata di non essere abbastanza cinese, abbastanza fedele a quel grande popolo. C’erano i tentativi di staccarla dal suo centro vitale che garantisce la sua cattolicità, dalla Roccia sulla quale Gesù Cristo ha voluto edificare la “sua” Chiesa. Una nuova grande muraglia ideologica doveva isolare quella Chiesa dal resto della Chiesa universale guidata da Pietro. In questa atmosfera, spesso permeata di paura, la Chiesa in Cina è passata attraverso “il fuoco e l’acqua”, tuttavia non è sparita, né diminuita, ma è maturata sulla croce e sta crescendo in numero e nel coraggio della fede».

A Wuhan l’Assemblea nazionale ‘ufficiale’ dei cattolici cinesi
Lanterne Rosse
Asia News, 8 agosto 2022


Nella città dell’Hubei il “congresso” incaricato di dettare la linea e rinnovare le cariche. Il vice-ministro Cui Maohu elogia “l’autonomia e indipendenza” della Chiesa cinese e chiede di “studiare e mettere in atto seriamente le direttive di Xi Jinping”. Nel bilancio dei sei anni trascorsi dalla precedente Assemblea nemmeno un accenno all’Accordo con il Vaticano sulla nomina dei vescovi.

Si è aperta oggi a Wuhan – la grande città dell’Hubei balzata all’attenzione del mondo per la pandemia da Covid-19 – la decima Assemblea nazionale dei rappresentanti cattolici cinesi, l’incontro più importante degli organismi “ufficiali” controllati dal Partito comunista cinese. All’Assemblea partecipano 345 delegati provenienti dalle 28 suddivisioni amministrative del Paese.

Nella visione del partito, l’Assemblea è una sorta di congresso a cui è affidato il compito di dettare la linea ai cattolici e rinnovare le cariche del gruppo dirigente. La prima si tenne nel febbraio 1957 a Pechino e fu in quell’occasione che venne costituita l’Associazione patriottica dei cattolici cinesi per marcare l’autonomia da Roma. Dopo la seconda, tenuta nel 1962, la celebrazione delle Assemblee fu poi sospesa durante gli anni della Rivoluzione culturale, quando la persecuzione colpì duramente anche il cattolicesimo “ufficiale”: la terza poté tenersi solo nel 1980 quando venne costituito anche il Consiglio dei vescovi cattolici della Cina, anch’esso rigidamente controllato dal partito.

La decima Assemblea giunge a sei anni dalla precedente, che si era tenuta a Pechino nel 2016, e alla viglia ormai del 20° Congresso del Partito comunista cinese con l’attesa conferma al terzo mandato per il presidente Xi Jinping. La scelta di tenerla a Wuhan non è evidentemente causale: la grande città dell’Hubei è infatti un luogo dalla lunga storia per la comunità cattolica in Cina. Nell’Ottocento, per la sua posizione sulle rive dello Yangtze, la città di Hankou – la parte storica dell’odierna Wuhan – fu il crocevia dell’evangelizzazione nell’interno della Cina. Dopo la vittoria dei comunisti di Mao e l’espulsione di tutti i missionari stranieri, fu poi qui che il 13 aprile 1958 avvenne la prima ordinazione di due vescovi senza l’approvazione della Santa Sede: si trattava di mons. Bernardino Dong Guangqing, vescovo di Hankou, e mons. Marco Yuan Wenhua, vescovo di Wuchang. Dopo la morte nel 2007 di mons. Dong Guangqing (che nel frattempo aveva chiesto e ricevuto il ritorno in comunione con Roma) la diocesi era rimasta vacante per 14 anni. Finché lo scorso 8 settembre 2021 nella cattedrale di San Giuseppe a Wuhan è avvenuta l’ordinazione di mons. Giuseppe Cui Qingqi, l’ultima finora avvenuta ai sensi dell’Accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi firmato “ad experimentum” nell’ottobre 2018 e rinnovato per altri due anni nel 2020.

Proprio nella città dell’Hubei, dunque, l’Assemblea nazionale dei cattolici – che durerà tre giorni – si è aperta alla presenza di Cui Maohu, il direttore dell’Ufficio statale per gli affari religiosi e vice-ministro del Dipartimento del Lavoro per il Fronte unito, e di Ning Yong membro dell’Assemblea provinciale e direttore del Fronte Unito provinciale del Hubei. La sessione inaugurale è avvenuta sotto la presidenza del vescovo di Chengde mons. Guo Jincai, uno dei vescovi ordinati illecitamente che papa Francesco ha riammesso nella comunione ecclesiale nel 2018.

Come da copione nel suo intervento il vice-ministro Cui Mahou ha posto l’accento sull’autonomia della Chiesa cinese, lodandola per aver “rafforzato la sua guida ideologica e politica, aderito ai principi di autonomia e di indipendenza della Chiesa sotto la bandiera dell’amore per la patria e per la religione, promosso la costituzione di una ideologia e una teologia cinese”. Il vice-ministro non ha poi mancato di invitare i cattolici a “studiare e mettere in atto seriamente le direttive del presidente Xi Jinping sul lavoro religioso, come anche le decisioni del Governo centrale per assicurare i principi dell’autonomia e dell’auto-amministrazione, per promuovere la cinesizzazione della Chiesa e il patriottismo dei fedeli, per rafforzare la guida della Chiesa e il ruolo degli organi patriottici”.

Dopo l’introduzione dell’arcivescovo di Pechino mons. Li Shan, è poi toccato al vescovo di Haimen mons. Shen Bin leggere il rapporto di lavoro che sintetizza i risultati ottenuti dall’ultima Assemblea del 2016 e le prospettive di lavoro per i prossimi cinque anni. Per mons. Shen Bin “la Chiesa cinese ha mantenuto la corretta direzione politica, ha unito e guidato i fedeli a mantenere alta la bandiera dell’amore per la patria e per la religione, a conservare i principi di autonomia e di auto-amministrazione della Chiesa. Ha inoltre continuato l’amministrazione democratica, ha promosso l’evangelizzazione e i servizi caritatevoli, scrivendo così un nuovo capitolo di storia”.

Vale la pena di sottolineare che – stando a quanto riportato nella sintesi dei lavori diffusa dall’Associazione patriottica – né il vescovo di Haimen né il vice-ministro Cui Mahou hanno fatto alcun riferimento all’Accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi, che pure avrebbe dovuto rappresentare uno degli avvenimenti più rilevanti avvenuti nella vita della Chiesa cattolica in Cina tra il 2016 e oggi. Si tratta di un’ulteriore conferma dello scarso peso dato dall’Associazione patriottica all’intesa tra il governo della Repubblica popolare cinese e la Santa Sede, che dal punto di vista degli organismi “ufficiali” non rappresenterebbe altro che una mera ratifica da parte di Roma dei vescovi eletti autonomamente. Da quasi un anno, peraltro, non sono avvenute nuove nomine di vescovi pur avendo papa Francesco espressamente auspicato il rinnovo dell’Accordo alla sua scadenza nel prossimo mese di ottobre.

Foto di copertina: il Cardinal Zen arriva in tribunale il 24 maggio 2022.

Free Webcam Girls
151.11.48.50