Papa Francesco: la vecchiaia dà testimonianza a Dio
Nella catechesi dell’udienza generale di oggi nell’aula ‘Paolo VI’ papa Francesco ha ripreso il tema dell’alleanza tra generazioni attraverso la sottolineatura che la vecchiaia ‘rassicura sulla destinazione alla vita che non muore più, prendendo spunto da un brano tratto dal Libro di Daniele, che descrive un sogno del profeta:
“Le parole del sogno di Daniele, che abbiamo ascoltato, evocano una visione di Dio misteriosa e al tempo stesso splendente. Essa è ripresa all’inizio del libro dell’Apocalisse e riferita a Gesù Risorto, che appare al Veggente come Messia, Sacerdote e Re, eterno, onnisciente e immutabile.
Egli posa la sua mano sulla spalla del Veggente e lo rassicura: ‘Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre’.
Scompare così l’ultima barriera del timore e dell’angoscia che la teofania ha sempre suscitato: il Vivente ci rassicura, ci dà sicurezza. Lui pure è morto, ma ora occupa il posto che gli è destinato: quello del Primo e dell’Ultimo”.
Ed ha spiegato il significato della teofania, raccontata dal profeta, con la vita e con la vecchiaia: “La visione comunica un’impressione di vigore e di forza, di nobiltà, di bellezza e di fascino. Il vestito, gli occhi, la voce, i piedi, tutto è splendido in quella visione: si tratta di visione! I suoi capelli però sono candidi: come la lana, come la neve. Come quelli di un vecchio”.
Quindi ha sottolineato la necessità della testimonianza degli anziani per i bambini nel raccontare Dio: “Non bisogna demitizzare tutto coi bambini: l’immagine di un Dio vegliardo con la chioma candida non è un simbolo sciocco, è un’immagine biblica, è un’immagine nobile e anche un’immagine tenera. La figura che nell’Apocalisse sta fra i candelabri d’oro si sovrappone a quella dell’ ‘Antico dei giorni’ della profezia di Daniele”.
Dio è allo stesso tempo antico e nuovo: “E’ vecchio come l’intera umanità, ma anche di più. E’ antico e nuovo come l’eternità di Dio. Perché l’eternità di Dio è così, antica e nuova, perché Dio ci sorprende sempre con la sua novità, sempre ci viene incontro, ogni giorno in una maniera speciale, per quel momento, per noi. Si rinnova sempre: Dio è eterno, è da sempre, possiamo dire che c’è come una vecchiaia in Dio, non è così, ma è eterno, si rinnova”.
E’ un invito a riscoprire Simeone, che è l’icona più bella per la speciale vocazione della vecchiaia, come racconta la liturgia bizantina: “Queste parole esprimono la professione di fede dei primi quattro Concili ecumenici, che sono sacri per tutte le Chiese.
Ma il gesto di Simeone è anche l’icona più bella per la speciale vocazione della vecchiaia; guardando Simeone guardiamo l’icona più bella della vecchiaia: presentare i bambini che vengono al mondo come un dono ininterrotto di Dio, sapendo che uno di loro è il Figlio generato nell’intimità stessa di Dio, prima di tutti i secoli”.
Compito della vecchiaia è la testimonianza della benedizione di Dio: “La vecchiaia, incamminata verso un mondo in cui potrà finalmente irradiarsi senza ostacoli l’amore che Dio ha messo nella Creazione, deve compiere questo gesto di Simeone e di Anna, prima del suo congedo.
La vecchiaia deve rendere testimonianza ai bambini della loro benedizione: essa consiste nella loro iniziazione, bella e difficile, al mistero di una destinazione alla vita che nessuno può annientare.
Neppure la morte. Dare testimonianza di fede davanti a un bambino è seminare questa vita; anche, dare testimonianza di umanità e di fede è la vocazione degli anziani.
Dare ai bambini la realtà che hanno vissuto come testimonianza, dare il testimone. Noi vecchi siamo chiamati a questo, a dare il testimone, perché loro lo portino avanti”.
Solo la testimonianza degli anziani è credibile agli occhi dei bambini: “Quando l’anziano benedice la vita che gli viene incontro, deponendo ogni risentimento per la vita che se ne va, è irresistibile…
La testimonianza degli anziani unisce le età della vita e le stesse dimensioni del tempo: passato, presente e futuro, perché loro non sono solo la memoria, sono il presente e anche la promessa.
E’ doloroso, e dannoso, vedere che si concepiscono le età della vita come mondi separati, in competizione fra loro, che cercano di vivere ciascuno a spese dell’altro: questo non va.
L’umanità è antica, molto antica, se guardiamo al tempo dell’orologio. Ma il Figlio di Dio, che è nato da donna, è il Primo e l’Ultimo di ogni tempo”.
Il papa ha concluso la catechesi, affermando che l’alleanza dei vecchi e dei bambini salverà la famiglia umana, con un richiamo al senso della morte: “Potremmo, per favore, restituire ai bambini, che devono imparare a nascere, la tenera testimonianza di anziani che possiedono la saggezza del morire?..
La morte è certamente un passaggio difficile della vita, per tutti noi: è un passaggio difficile. Tutti dobbiamo andare lì, ma non è facile. Ma la morte è anche il passaggio che chiude il tempo dell’incertezza e butta via l’orologio: è difficile, perché quello è il passaggio della morte. Perché il bello della vita, che non ha più scadenza, incomincia proprio allora”.
Ecco, quindi, il forte richiamo al dialogo tra generazioni: “Ma incomincia dalla saggezza di quell’uomo e di quella donna, anziani, che sono capaci di dare ai giovani il testimone.
Pensiamo al dialogo, all’alleanza dei vecchi e dei bambini, dei vecchi con i giovani, e facciamo in modo che non venga tagliato, questo legame. Che i vecchi abbiano la gioia di parlare, di esprimersi con i giovani e che i giovani cerchino i vecchi per prendere da loro la saggezza della vita”.
(Foto: Santa Sede)