San Lorenzo è uno sprone alla carità

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Lorenzo è stato uno dei sette diaconi di Roma, dove venne martirizzato nel 258 durante la persecuzione voluta dall’imperatore romano Valeriano nel 257. Le notizie sulla vita di san Lorenzo, che pure in passato ha goduto di una devozione popolare notevole, sono scarse. Si sa che era originario della Spagna e più precisamente di Osca, in Aragona.

Ancora giovane, fu inviato a Saragozza per completare gli studi umanistici e teologici; fu qui che conobbe il futuro papa Sisto II. Questi insegnava in quello che era, all’epoca, uno dei più noti centri di studi della città e, tra quei maestri, il futuro papa era uno dei più conosciuti e apprezzati. Tra maestro e allievo iniziarono quindi un’amicizia e una stima reciproche. In seguito entrambi, seguendo un flusso migratorio allora molto vivace, lasciarono la Spagna per trasferirsi a Roma.

Quando il 30 agosto 257 Sisto fu eletto vescovo di Roma, affidò a Lorenzo il compito di arcidiacono, cioè di responsabile delle attività caritative nella diocesi di Roma, di cui beneficiavano 1.500 persone fra poveri e vedove.

Ed il vescovo di Alba, mons. Marco Brunetti, ha invitato i fedeli della città ad imitare il suo patrono: “Noi viviamo la realtà delle persecuzioni del passato e del presente come un richiamo severo per verificare la nostra capacità di essere fedeli a Cristo e alla Chiesa, un ammonimento e una esortazione allo stesso tempo da parte dei Martiri per aggregarci ad essi nella sequela di Cristo ed essere docili e fieri nel farci carico della Croce. San Lorenzo si è preparato al martirio testimoniando la carità ai poveri, caricandosi della sofferenza altrui ha accolto la sofferenza estrema del martirio”.

La diaconia è presenza della Chiesa nei poveri: “Nella Santa Messa le offerte del Popolo di Dio, finalizzate anche alla diakonia per i poveri, integrate allo stesso tempo in una sintesi con la Parola e l’Eucaristica, rendono visibile il cuore della Chiesa unito al Cuore di Cristo”.

Il vescovo ha parlato di povertà nella città: “Sono i Centri di ascolto della Caritas, della pastorale Migrantes, di tante Associazioni di volontariato presenti sul nostro territorio che ci ricordano che sono molti a soffrire a causa del momento difficile che stiamo attraversando, per motivi economici, per solitudini che portano alla depressione, per lo sfruttamento e il caporalato nel tempo della vendemmia di tanti stranieri che vengono a cercare lavoro, per la disperazione dovuta al fatto che interi patrimoni svaniscono a causa del gioco d’azzardo riducendo molte famiglie sul lastrico e facendo ammalare molte persone fragili, situazioni che si potrebbero risolvere proibendo o perlomeno limitando la presenza di questi giochi ‘diabolici’ in tanti locali pubblici e privati, soprattutto se vicini alle scuole, alle chiese o ai giardini pubblici”.

Ecco perché non bisogna tacere: “San Lorenzo, santo della Carità ci sprona a non tacere, a farci carico di queste situazioni, a far sì che le nostre istituzioni, con senso di responsabilità, facciano leggi che veramente pongano rimedio alla povertà in tutte le forme in cui si manifesta, promuovendo la persona e superando ogni forma di assistenzialismo o, peggio ancora, di indifferenza.

L’Annuncio della Parola, per certi aspetti, sarebbe senza frutti se mancasse la Carità: con questa chi evangelizza fa rivivere in sé la Parola. La Carità è essenziale nella struttura della Chiesa… In ogni gesto di Carità, anche minimo, colui che dona è trasfigurato in virtù della gioia che lo accompagna”.

Dalla diocesi di Grosseto il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana, ha ribadito che la carità verso i poveri è amore a Dio: “L’unico pensiero che voglio lasciarvi questa sera è che la carità verso i poveri va di pari passo con l’amore a Gesù. Non si può amare i poveri non amando Gesù”.

Mentre nel pontificale mons. Mario Meini, vescovo emerito di Fiesole, ha riflettuto sul valore della semina: “La semina è un atto di coraggio e implicitamente anche un atto di fede. E’ così anche per ogni impegno personale, familiare, comunitario. La nostra piccola, grande storia ricorda con gratitudine chi ci ha voluto bene, chi ha dato con gioia, ma dimentica e lascia perdere tutti coloro che hanno pensato solo a se stessi”.

Anche dalla diocesi di Amalfi-Cava dei Tirreni mons. Orazio Soricelli ha sottolineato l’attualità del messaggio di san Lorenzo: “I martiri ci invitano a non vergognarci di Cristo, a non avere paura di chi uccide il nostro corpo ma non può fare niente alla nostra anima; a riconoscere Cristo davanti agli uomini. Il nostro martirio è la testimonianza nel quotidiano”.

L’omelia del vescovo è un invito all’impegno: “Non dobbiamo stare alla finestra a guardare ma dobbiamo lasciarci contagiare da questa nuova primavera suscitata dallo Spirito. La vita nelle nostre comunità spesso rischia di diventare abitudinaria, ripetitiva e statica e rischiamo di chiuderci in noi stessi e perdere lo smalto, l’entusiasmo e la gioia della fede…

Recuperiamo la logica di una vita donata, offerta e sacrificata per amore, se non vogliamo che la nostra fede sia uno sterile atto di volontariato. E san Lorenzo dia un colpo d’ala alla nostra fede, le dia slancio e coerenza ci infiammi di carità, soprattutto verso i più bisognosi di aiuto e di affetto”.

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