Semper fidelis. L’eroe armeno San Vartan e quel patto rifiutato col Padrone del mondo

«Che lo spargimento del nostro sangue sia conforme a quello dei santi martiri. E Iddio si compiaccia del nostro volontario olocausto, e non lasci la sua Chiesa nelle mani dei pagani».

Concludevo così l’ultimo Molokano (scusate la assonanza poco augurale con l’ultimo dei mohicani): «L’eroe d’Armenia è un generale e martire. Si chiama Vartan. Combatté contro il re persiano che voleva costringere gli Armeni a rinunciare al loro Cristo per abbracciare il Sole e il Fuoco dello zoroastrismo. […] La battaglia fu perduta. Lui e i suoi uccisi. […] La prossima puntata, a Dio piacendo, racconterò la sua storia. Il suo misterioso ritorno tra noi, al cospetto del Padrone del mondo». Rileggo e non riesco a capire cosa sia successo per indurmi a scrivere l’ultimo rigo. «Il misterioso ritorno tra noi» di Vartan? In realtà volevo semplicemente raccontare che cosa capitò allora (Quinto secolo) nelle terre della Grande Armenia. Intendevo basarmi in modo tranquillo e didascalico su un’opera meravigliosa per raccomandarla a tutti. E invece eccolo passeggiare vicino a me, ha appena visto il Padrone del mondo, che gli ha detto con la consueta sibilante dolcezza: «Armeni, avete dato il sangue a Cristo e avete ricevuto solo morte. Ti ripropongo il patto, nessuno ti chiederà più di rinnegare Cristo, ma devi renderti conto che non è l’unico Signore».

Il rinnegamento di Pietro
Vartan cosa avrà risposto? Prima quel libro. È uscito in aprile per le Edizioni Studio Domenicano il volume di Eliseo l’Armeno (410-475) intitolato La Storia. Sono 512 pagine, 38 euro. Ci sono altri componimenti minori, ma a primeggiare è Storia di Vartan ecompagni martiri, pubblicata con testo critico armeno e traduzione a fronte in un italiano di limpidezza pari alle trasparenze ventose dei monti dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Il monaco Eliseo è un grande storico, è anche poeta e teologo. Insomma, è un Armeno. Egli narra il momento della prova di Vartan Mamikonian. Quando un uomo e i suoi amici decidono quale sia il loro vero nome.
L’Armenia, allora assai vasta, pur godendo di autonomia, governata da principi cristiani e dotata di un suo esercito, è in piccola parte sottomessa all’impero bizantino, e in grandissima parte a quello persiano. Siamo nel 449 d.C. quando Yazdgerd II (438-459) abroga la libertà religiosa con un editto, ordinando a principi e popolo armeni l’abiura di Cristo per aderire alla religione di Stato zoroastriana. La risposta è un clamoroso «no, mai». Di tutto l’impero gli Armeni sono i soli a rifiutare. Allora Yazdgerd, furioso, convoca i quindici principi armeni tra cui Vartan, che è anche capo dell’esercito. Giunti a corte, il re impone a tutti di presentarsi il mattino seguente al tempio per adorare insieme con lui il Sole. I quindici nella notte decidono insieme di fingere il rinnegamento per poter tornare in patria e organizzare la resistenza. Vartan si oppone, lo ritiene comunque un tradimento, ma alla fine cede. Cede di malavoglia a questo argomento: se si fossero rifiutati, il re li avrebbe fatti uccidere e il loro popolo sarebbe stato indifeso e senza guida. Così si presentano tutti nel recinto sacro per adorare il Sole. Il re è tronfio e felice, li riempie di doni favolosi, ma vuole che siano accompagnati da 700 magi per istruire ai precetti zoroastriani quella gente riottosa, trasformando le chiese in ricettacoli del fuoco divino. Il popolo crede che i loro nobili abbiano davvero rinnegato la fede e rifiutano di aprire le porte a principi e magi. A guidarlo è soprattutto il sacerdote Gheranton. I principi spiegano il trucco, ma Vartan paragona il suo rinnegamento a quello di Pietro, che finse di non conoscere Cristo, e al canto del gallo pianse amaramente. Dunque decide di espiare facendo l’eremita, piangendo amaramente tutta la vita, salvo come Pietro ritrovarlo sul bordo del lago di Genezareth e dirgli: «Sì, ti voglio bene».
La battaglia di Avarayr
Ma senza di lui manca il combattente più glorioso. Lo invocano in ginocchio di organizzare l’esercito, perché il capo dei magi ha informato il re dell’inganno e 120 mila soldati, con enormi elefanti e promessa di bottino, si stanno dirigendo in Armenia. Vartan accetta. A una condizione: che i principi e i 66 mila della sua armata giurino sul Vangelo di combattere fino alla morte per difendere la libertà della religione cristiana e per la Chiesa. Gli eserciti si fronteggiano in scontro impari ad Avarayr, a sud del monte Ararat.
È l’anno 451. È il venerdì prima di Pentecoste. Tutta la notte il prete Gheranton predica magnificamente, vescovi e sacerdoti battezzano i catecumeni, confessano, tutti si comunicano. È come «il giorno della Pasqua», scrive Eliseo, che è lì e prende nota del discorso di Vartan che ricorda la promessa di non temere di morire per Cristo e cancellare la macchia del rinnegamento. Tutti risposero a gran voce: «Che la nostra morte sia conforme alla morte dei giusti, e lo spargimento del nostro sangue a quello dei santi martiri. E Iddio si compiaccia del nostro volontario olocausto, e non lasci la sua Chiesa nelle mani dei pagani». Una decina di principi abbandonarono vigliaccamente il campo. Gli altri combattenti furono sterminati, non senza aver provocato immense perdite tra gli avversari stupefatti. Il patriarca, i vescovi, i poeti furono processati e dopo orrende torture macellati. Yazdgerd volle però che prima fosse squartato il capo dei principi traditori. E gli Armeni riottennero, dopo 33 anni, grazie a questa resistenza, la piena libertà di essere cristiani.
«Gesù unico Signore dell’universo»
San Vartan premette: «Mi chiedo perché Dio abbia consentito a una masnada di diavoli di rapire me e il prete Gheranton, e consegnarci alle lusinghe del Padrone del mondo, quello che allora stava più in alto dei re persiani e oggi guida satrapi orientali e occidentali».
Ecco il dialogo.
Il Padrone del mondo: «Come vedi il tuo Dio mi ha concesso il privilegio di averti qui, traendoti dal cielo. Nel 451 rifiutasti insieme al prete Gheranton la ragionevole proposta di adorare il Sole in pubblico, avendo salva la vita, e potendo onorare in privato il vostro Cristo. Avete subito un genocidio, non vi basta. Che Dio è uno che vuole il vostro sangue? Propongo una grande confederazione che includa Iran, Armenia, Turchia eccetera. Ciascuno abbia il suo Dio, senza missionari, proselitismo. Ci sarà pace e libertà religiosa. A garanzia offro la mia eterna guida».
Vartan: «Gesù è unico, Signore e Re dell’universo, non possiamo rinchiuderlo nel nostro pollaio».
Il Padrone del mondo: «E voi Armeni, duri di testa come le pietre del vostro Paese, immobili nell’intelletto come quei sassi. Pietre urlanti la vostra mancanza di prospettiva storica. Esse sono lì a ricordarvi il vostro errore. II tuo, Vartan, che non accettasti il compromesso che mio padre amorevolmente ti offrì. Avreste potuto far parte dei grandi popoli creati da mio padre, popoli forti e numerosi, inattaccabili, eterni. Invece avete scelto di rimanere in Cristo, che ha ripagato il vostro essere “semper fidelis” con la morte. Che cosa ne avete ricavato? Esangue dispersione e i vostri figli diluiti nel mondo, servi degli altri. Per guadagnare Cristo avete perso voi stessi. Questa, Vartan, è immoralità».
Il prete Ghevanton anche lui convocato esclamò: «Taci. In Lui solo ce pace e verità, ingiusto corruttore».
Il Molokano
Questo articolo è stato pubblicato su Tempi del 1° agosto 2022.

Foto di copertina: la statua equestre di San Vartan Mamikonian nel memoriale della battaglia di Avarayr in Piazza Vartanants a Gyumri, Provincia di Shirak, Armenia.