Papa Francesco: la vecchiaia è preparazione al Regno di Dio
Nell’odierna udienza generale papa Francesco, continuando la catechesi sulla vecchiaia, ha parlato del congedo di Gesù dai suoi apostoli, assicurando loro un posto ‘migliore’: “Oggi entriamo nell’intimità commovente del congedo di Gesù dai suoi, ampiamente riportato nel Vangelo di Giovanni. Il discorso di commiato inizia con parole di consolazione e di promessa: ‘Non sia turbato il vostro cuore’ (14,1)… Belle parole, queste, del Signore”.
Ed aveva promesso a san Pietro che anche lui lo seguirà: “Poco prima, Gesù aveva detto a Pietro: tu ‘mi seguirai più tardi’, ricordandogli il passaggio attraverso la fragilità della sua fede. Il tempo della vita che rimane ai discepoli sarà, inevitabilmente, un passaggio attraverso la fragilità della testimonianza e attraverso le sfide della fraternità.
Ma sarà anche un passaggio attraverso le entusiasmanti benedizioni della fede: ‘Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi’. Pensate che promessa è questa! Non so se ci pensiamo fino in fondo, se ci crediamo fino in fondo! Non so, alle volte credo di no”.
Proprio la vecchiaia è il tempo dell’attesa di una nuova vita: “La vecchiaia è il tempo propizio per la testimonianza commossa e lieta di questa attesa. L’anziano e l’anziana sono in attesa, in attesa di un incontro. Nella vecchiaia le opere della fede, che avvicinano noi e gli altri al regno di Dio, stanno ormai oltre la potenza delle energie, delle parole, degli slanci della giovinezza e della maturità. Ma proprio così rendono ancora più trasparente la promessa della vera destinazione della vita”.
Gesù sottolinea che Dio fa un invito a tavola: “E qual è la vera destinazione della vita? Un posto a tavola con Dio, nel mondo di Dio. Sarebbe interessante vedere se nelle Chiese locali esiste qualche riferimento specifico, destinato a ravvivare questo speciale ministero dell’attesa del Signore (è un ministero, il ministero dell’attesa del Signore) incoraggiando i carismi individuali e le qualità comunitarie della persona anziana”.
Quindi occorre vivere senza rimpianti: “Una vecchiaia che si consuma nell’avvilimento delle occasioni mancate, porta avvilimento per sé e per tutti. Invece, la vecchiaia vissuta con dolcezza, vissuta con rispetto per la vita reale scioglie definitivamente l’equivoco di una potenza che deve bastare a sé stessa e alla propria riuscita. Scioglie persino l’equivoco di una Chiesa che si adatta alla condizione mondana, pensando in questo modo di governarne definitivamente la perfezione e il compimento”.
Il papa ha sottolineato che la vecchiaia è un grande dono: “Quando ci liberiamo da questa presunzione, il tempo dell’invecchiamento che Dio ci concede è già in sé stesso una di quelle opere ‘più grandi’ di cui parla Gesù. In effetti, è un’opera che a Gesù non fu dato di compiere: la sua morte, la sua risurrezione e la sua ascensione in Cielo l’hanno resa possibile a noi!”
Ed ha ricordato che ‘il tempo è superiore allo spazio’: “E’ la legge dell’iniziazione. La nostra vita non è fatta per chiudersi su sé stessa, in una immaginaria perfezione terrena: è destinata ad andare oltre, attraverso il passaggio della morte, perché la morte è un passaggio. Infatti, il nostro luogo stabile, il nostro punto d’arrivo non è qui, è accanto al Signore, dove Egli dimora per sempre”.
La vita sulla terra è un apprendimento: “Qui, sulla terra, si avvia il processo del nostro ‘noviziato’: siamo apprendisti della vita, che, tra mille difficoltà, imparano ad apprezzare il dono di Dio, onorando la responsabilità di condividerlo e di farlo fruttificare per tutti. Il tempo della vita sulla terra è la grazia di questo passaggio. La sicumera di fermare il tempo (volere l’eterna giovinezza, il benessere illimitato, il potere assoluto) non è solo impossibile, è delirante”.
La vita terrena è un’iniziazione alla vita vera: “La nostra esistenza sulla terra è il tempo dell’iniziazione alla vita: è vita, ma che ti porta avanti a una vita più piena, l’iniziazione di quella più piena; una vita che solo in Dio trova il compimento.
Siamo imperfetti fin dall’inizio e rimaniamo imperfetti fino alla fine. Nel compimento della promessa di Dio, il rapporto si inverte: lo spazio di Dio, che Gesù prepara per noi con ogni cura, è superiore al tempo della nostra vita mortale”.
La vecchiaia avvicina la speranza di un compimento: “La vecchiaia conosce definitivamente, ormai, il senso del tempo e le limitazioni del luogo in cui viviamo la nostra iniziazione. La vecchiaia è saggia per questo: i vecchi sono saggi per questo. Per questo essa è credibile quando invita a rallegrarsi dello scorrere del tempo: non è una minaccia, è una promessa. La vecchiaia è nobile, non ha bisogno di truccarsi per far vedere la propria nobiltà. Forse il trucco viene quando manca la nobiltà”.
La vecchiaia proietta verso un ulteriore mondo: “Il mondo di Dio è uno spazio infinito, sul quale il passaggio del tempo non ha più peso. E proprio nell’Ultima Cena, Gesù si proiettò verso questa meta, quando disse ai discepoli: ‘Da ora non berrò più di questo frutto della vite, fino al giorno in cui lo berrò di nuovo con voi nel regno del Padre mio’.
E’ andato oltre. Nella nostra predicazione, spesso il Paradiso è giustamente pieno di beatitudine, di luce, di amore. Forse gli manca un po’ la vita. Gesù, nelle parabole, parlava del regno di Dio mettendoci più vita”.
Ed ha concluso l’udienza invitando gli anziani: “La vecchiaia è la fase della vita più adatta a diffondere la lieta notizia che la vita è iniziazione per un compimento definitivo. I vecchi sono una promessa, una testimonianza di promessa. E il meglio deve ancora venire.
Il meglio deve ancora venire: è come il messaggio del vecchio e della vecchia credenti, il meglio deve ancora venire. Dio conceda a tutti noi una vecchiaia capace di questo!”
(Foto: Santa Sede)