XVIII Domenica del Tempo Ordinario: se Dio è Padre, unico stile di vita rimane quello del Vangelo

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Se preghiamo Dio ‘Padre nostro’, siamo figli di Dio: cerchiamo allora le cose di lassù, quelle che hanno valore per la vita eterna, non quelle della terra che sono fallaci e provvisorie. Le ingiustizie e i soprusi sono sempre esistiti; mirano solo a far perdere la pace e sono la causa di lotte terribili. La Chiesa non si mostra indifferente di fronte alle ingiustizie private e sociali, causa di lotte e discordie continue.

Gesù apre gli occhi: tu, uomo, devi vivere; la vita ha due momenti: uno terreno, l’altro celeste; allora, dice Gesù: ‘Guardatevi, tenetevi lontani da ogni cupidigia’, da ogni bramosia perché la vita non dipende dalle ricchezze.

Cristo Gesù non è venuto a proporre una ideologia nuova, né una organizzazione socio-economica particolare; Egli evidenzia una scala di valori, una concezione di vita dove l’uomo è chiamato a prendere coscienza che siamo figli del cielo, figli di Dio e la nostra patria è il cielo.

Le realtà terrene sono relative ed hanno un limite; la vita dell’uomo invece ha una dimensione ultraterrena: siamo stati creati e salvati da Cristo Gesù per il cielo e non, come dice pessimisticamente Leopardi: ‘Mi copra un sasso e mia memoria pera’.

Non c’è davanti a Dio: greco o giudeo, libero o schiavo, ricco o povero, esiste l’uomo creato da Dio, redento da Cristo, e come Cristo è risorto anche noi risorgeremo. Il brano del Vangelo si apre con la scena di un tale che invita Gesù a dirimere una questione di eredità tra fratelli.

Gesù non affronta la questione ma risponde con una parabola dove un uomo ricco, ma stolto perché crede di poter essere felice per una annata eccezionale che gli assicura un benessere sfrenato per moti anni. Dio invece annulla i suoi progetti: ‘Stolto, questa notte morirai, e dovrai rendere conto a Dio delle tue ricchezze’;  queste ricchezze a cosa ti serviranno?, a chi andranno?           

La stoltezza non consiste nell’avere accumulato tesori, ma ‘assicurare tesori per sé’; essere ricco non costituisce peccato anzi Dio vuole che a nessuno manchi il pane quotidiano; il Signore condanna “accumulare tesori per se stesso” illudendosi che questi determinano la vera felicità.

Il possesso dei beni terreni deve essere un mezzo per migliorare la propria condizione socio-economica, ma essi hanno un valore provvisorio: dobbiamo  morire, lasciare tutto; quando? non lo sappiamo, lo conosce solo Dio.

Il fine ultimo è il cielo, che si consegue amando Dio e i fratelli. La vita dell’uomo non dipende dai soldi o dai piaceri (edonismo) e chi accumula solo per mangiare e divertirsi non vive in assoluto secondo la dimensione del Vangelo.

L’uomo vive sulla terra nella prospettiva del cielo: la nostra patria eterna è raggiungere Dio; le ricchezze possono solo incantare il cuore e distoglierlo  dal vero tesoro: la vita eterna; questa si realizza con la fede e con l’amore. San Paolo ci ricorda: ‘Cercate le cose di lassù e non quelle della terra’ (col. 3, 1-2).

La cupidigia è come la lupa di cui parla Dante: ‘Dopo che mangia ha più fame che pria’; la cupidigia è insaziabile; è necessario per l’uomo liberarsi dalle tre concupiscenze di cui parla l’apostolo Giovanni: ‘concupiscenza della carne, degli occhi e superbia della vita’ (1 Gv. 2,16). Tutte le guerre scaturiscono dalla cupidigia; la ricerca smisurata di beni materiali e delle ricchezze è sempre sorgente di inquietudine, odio, avversità e prevaricazioni. 

Se da figli di Dio vogliamo vivere secondo lo stile evangelico e non secondo lo spirito mondano, dobbiamo accumulare tesori per il regno dei cieli. La SS. Vergine, madre delle grazie, ci aiuti a non lasciarci affascinare dalle sicurezze che passano, dai beni materiali effimeri e passeggeri, ricordando la parole di Gesù: ‘Che giova all’uomo guadagnare tutto il mondo se poi perde la sua anima’?

I valori veri sono quelli dello spirito; bisogna rettificare la vita mortificando ciò che appartiene alla terra (impurità, passioni e desideri cattivi) e l’avarizia insaziabile che è vera idolatria. Bisogna meditare sulla parole della Liturgia: ‘non indurite oggi il vostro cuore ma ascoltate la voce del Signore’.

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