Papa Francesco invita a mettere al centro della vita Gesù

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Oggi nell’omelia della messa celebrata nella Basilica di Sainte-Anne-de-Beaupré, lungo il fiume san Lorenzo, a 30 km dalla città di Québec, il più antico luogo di pellegrinaggio del Nord America papa Francesco ha preso spunto dal brano evangelico dei discepoli che vanno verso Emmaus per raccontare il cammino personale e quello ecclesiale:

“Sulla strada della vita, e della vita di fede, mentre portiamo avanti i sogni, i progetti, le attese e le speranze che abitano il nostro cuore, ci scontriamo anche con le nostre fragilità e debolezze, sperimentiamo sconfitte e delusioni, e a volte restiamo prigionieri del senso di fallimento che ci paralizza”.

Però Gesù non abbandona: “Il Vangelo ci annuncia che, proprio in quel momento, non siamo soli: il Signore ci viene incontro, si affianca a noi, cammina sulla nostra stessa strada con la discrezione di un viandante gentile che vuole riaprire i nostri occhi e far ardere di nuovo il nostro cuore. E quando il fallimento lascia spazio all’incontro con il Signore, la vita rinasce alla speranza e possiamo riconciliarci: con noi stessi, con i fratelli, con Dio”.

E’ un cammino che dal fallimento porta alla speranza: “Anzitutto c’è il senso del fallimento, che abita il cuore di questi due discepoli dopo la morte di Gesù. Avevano inseguito un sogno con entusiasmo. In Gesù avevano riposto tutte le loro speranze e i loro desideri.

Ora, dopo la scandalosa morte in croce, voltano le spalle a Gerusalemme per ritornare a casa, alla vita di prima. Il loro è un viaggio di ritorno, come per voler dimenticare quell’esperienza che ha riempito di amarezza i loro cuori, quel Messia messo a morte come un malvivente sulla croce”.

Per questo il papa ha richiamato all’attenzione dei fedeli la situazione di Adamo ed Eva: “Questo succede ad Adamo ed Eva nella prima Lettura: il loro peccato non solo li ha allontanati da Dio, ma li ha resi distanti tra loro: riescono solo ad accusarsi a vicenda.

E lo vediamo anche nei discepoli di Emmaus, il cui malessere per aver visto crollare il progetto di Gesù lascia spazio solo a una sterile discussione. E ciò può verificarsi anche nella vita della Chiesa, la comunità dei discepoli del Signore che i due di Emmaus rappresentano. Pur essendo la comunità del Risorto, può trovarsi a vagare smarrita e delusa dinanzi allo scandalo del male e alla violenza del Calvario”.

Papa Francesco ha avvertito i fedeli a non tentare la fuga: “Qui, però, dobbiamo stare attenti alla tentazione della fuga, presente nei due discepoli del Vangelo: fare la strada all’indietro, scappare dal luogo dove i fatti sono avvenuti, tentare di rimuoverli, cercare un ‘posto tranquillo’ come Emmaus pur di non pensarci più.

Non c’è cosa peggiore, dinanzi ai fallimenti della vita, che quella di fuggire per non affrontarli. E’ una tentazione del nemico, che minaccia il nostro cammino spirituale e il cammino della Chiesa: vuole farci credere che quel fallimento sia ormai definitivo, vuole paralizzarci nell’amarezza e nella tristezza, convincerci che non c’è più niente da fare e che quindi non vale la pena di trovare una strada per ricominciare”.

Invece Gesù compie il cammino con i discepoli: “Non offre generiche parole di incoraggiamento, espressioni di circostanza o facili consolazioni ma, svelando nelle sante Scritture il mistero della sua morte e risurrezione, illumina la loro storia e gli eventi che hanno vissuto. Così apre i loro occhi a un nuovo sguardo sulle cose. Anche noi che condividiamo l’Eucaristia in questa Basilica possiamo rileggere molti avvenimenti della storia”.

E la basilica dove si è celebrata la messa è un esempio: “Su questo stesso terreno vi furono in precedenza tre templi; e vi furono coloro che non fuggirono davanti alle difficoltà, tornarono a sognare malgrado gli errori propri e altrui; non si lasciarono vincere dal devastante incendio di cent’anni fa e, con coraggio e creatività, costruirono questo tempio.

E quanti condividono l’Eucaristia dalle vicine Pianure di Abramo, possono pure percepire l’animo di quelli che non si lasciarono prendere in ostaggio dall’odio della guerra, dalla distruzione e dal dolore, ma seppero nuovamente progettare una città e un paese”.

L’Eucarestia è un riconoscimento: “Infine, davanti ai discepoli di Emmaus, Gesù spezza il pane, riaprendo i loro occhi e mostrandosi ancora una volta come il Dio dell’amore che offre la vita per i suoi amici. In questo modo, li aiuta a riprendere il cammino con gioia, a ricominciare, a passare dal fallimento alla speranza. Fratelli e sorelle, il Signore vuole fare lo stesso anche con ciascuno di noi e con la sua Chiesa”.

E’ un invito a credere in Gesù: “Crediamo che Gesù si affianca al nostro cammino e lasciamoci incontrare da Lui; lasciamo che sia la sua Parola a interpretare la storia che viviamo come singoli e come comunità e a indicarci la via per guarire e per riconciliarci;

spezziamo insieme con fede il Pane eucaristico, perché attorno a quella mensa possiamo riscoprirci figli amati del Padre, chiamati a essere fratelli tutti. Gesù, spezzando il pane, conferma ciò che già i discepoli hanno ricevuto come testimonianza dalle donne e a cui non hanno voluto credere: che è risorto!”

E’ un invito a mettere al centro della vita Gesù: “Al cuore di ogni cosa mettiamo la sua Parola, che illumina gli avvenimenti e ci restituisce occhi per vedere la presenza operante dell’amore di Dio e la possibilità del bene anche nelle situazioni apparentemente perdute;

mettiamo il Pane dell’Eucaristia, che Gesù spezza ancora per noi oggi, per condividere la sua vita con la nostra, abbracciare le nostre debolezze, sorreggere i nostri passi stanchi e donarci la guarigione del cuore. E, riconciliati con Dio, con gli altri e con noi stessi, possiamo anche noi diventare strumenti di riconciliazione e di pace nella società in cui viviamo”.

(Foto: Santa Sede)

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