Papa Francesco e la riforma del Vescovo emerito di Roma

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C’è un saggio del Cardinale eletto Gianfranco Ghirlanda, SI, che risale al 2013 [QUI] e potrebbe rivelare il percorso che Papa Francesco intende intraprendere con le riforme. Il documento è stato pubblicato su La Civiltà Cattolica subito dopo la rinuncia di Benedetto XVI, il 2 marzo 2013, e riguarda le procedure della Chiesa per la cessazione dell’Ufficio del Romano Pontefice e l’elezione di un nuovo Papa. Il saggio ha alcune indicazioni che possono essere decisive a breve, se Papa Francesco cambia le regole per la Sede Vacante.

Le recenti dichiarazioni di Papa Francesco hanno spinto a rivisitare il saggio di Ghirlanda. In un’intervista all’emittente televisiva messicana Televisa [QUI], Papa Francesco ha affermato di non avere alcuna intenzione di rinunciare al pontificato, ma che se lo farà assumerà il titolo di “Vescovo emerito di Roma” e non di Papa emerito. Ha anche fatto sapere che il ruolo avrebbe dovuto essere meglio definito e che tutto è andato bene con Benedetto XVI solo perché si trattava di Benedetto XVI. Inoltre, Papa Francesco ha anche detto che non vivrebbe in Vaticano, lasciando intendere che avrebbe potuto scegliere invece come sua residenza il Palazzo Lateranense. Un Vescovo di Roma, appunto.

Quando Papa Francesco parla, ci sono più livelli di lettura. Il primo livello riguarda il significato immediato delle parole. In concreto, Papa Francesco mostra di aver accettato ma di non aver apprezzato le decisioni prese da Benedetto XVI. Non gli piace che Benedetto sia rimasto a vivere in Vaticano, né quello di chiamarsi Papa emerito. Sia che voglia segnare una discontinuità o che voglia esprimere dissenso, Papa Francesco ha chiarito di non essere stato in grado di gestire la situazione.

Si può obiettare che la situazione non è stata gestita perché lo stesso Papa Francesco non ha ancora dato un quadro giuridico alla figura del Papa emerito. Ora, sembra che abbia deciso di farlo, anche perché la riforma della Curia lo ha portato a modificare le regole della Sede Vacante. Tuttavia, tutto è incerto e nulla è stato ancora stabilito.

Il saggio di Ghirlanda, tuttavia, offre una prospettiva sul pensiero dietro le decisioni di Papa Francesco. Nel saggio Ghirlanda si limita ad osservare che il titolo corretto per un Papa dopo le dimissioni sarebbe quello di Vescovo emerito di Roma.

Papa Francesco accoglie questo suggerimento perché è un suggerimento in solida continuità con tutto il suo magistero. Fin dall’inizio, affacciandosi dalla loggia delle benedizioni, Papa Francesco ha sottolineato il suo ruolo di Vescovo di Roma. Per sottolineare questo aspetto, i documenti ufficiali del Papa ora sono sempre firmati a San Giovanni in Laterano e non in Vaticano.

Il Vescovo di Roma, però, è il Papa, e ha una responsabilità diversa nella vita della Chiesa. Ghirlanda, nel suo saggio, si sofferma molto sulla possibilità dell’elezione di un Papa che non è ancora vescovo e sui vari dibattiti che si sono svolti sull’eventualità che l’ordinazione episcopale avvenga subito o che non sia necessaria l’ordinazione immediata perché il candidato è già investito di tutti i poteri.

Ghirlanda spiega che alla fine prevalse la legislazione più rigida, stabilendo così l’ordinazione episcopale immediata per il pontefice che non era ancora vescovo. Ma, sottolinea, molti non credevano fosse giusto e si riferivano alla Lumen Gentium e al magistero di Paolo VI per ricordare come, ormai, i laici e i chierici avessero le stesse responsabilità di tutti i battezzati e che, quindi, l’approccio non poteva più essere severo, ma di apertura.

È la filosofia alla base della riforma della Curia, che stabilisce che l’autorità non è data dall’ordinazione episcopale ma dalla missione canonica [QUI]. Probabilmente Papa Francesco vorrà incorporare questa idea anche in una riforma dell’elezione del nuovo Papa, conferendo all’elezione tutto il carisma del potere episcopale. Ci sarà probabilmente bisogno dell’ordinazione episcopale, ma non immediata.

L’ordinazione episcopale, però, nasce anche dalla nozione che il Papa faceva parte del Collegio dei vescovi, quindi in sostanziale unità con i vescovi di cui è capo, e che è chiamato anche a custodire la fede.

È da questa idea di collegialità che è venuta la disposizione che i capi dicastero della Curia romana fossero almeno arcivescovi; che i nunzi apostolici nei luoghi dove sono stati chiamati a proporre vescovi abbiano la dignità episcopale; che gli stessi cardinali avrebbero dovuto essere almeno arcivescovi al momento della loro creazione (con alcune eccezioni concesse ai cardinali di età superiore agli ottant’anni, e che quindi non voteranno in Conclave).

Pertanto, la riforma della Sede Vacante, che si aggiungerebbe alla riforma della Curia, potrebbe apportare sostanziali cambiamenti in altri campi. Si pensi, ad esempio, alla possibilità di nominare un nunzio “laico” – se ne parla da tempo, anche in varie campagne anti-Chiesa, ed è un’eventualità sempre respinta fino ad ora – o del fatto che lo stesso Segretario di Stato potesse essere un laico.

Paradossalmente, la riforma “non disciplinare” – utilizzando una categoria di Ghirlanda – accentuerebbe la centralità del Papa, il cui potere non è mai messo in discussione. Il fatto che il Papa si definisca “Vescovo emerito” dopo una possibile dimissione apre la possibilità di un Papa molto più presente nella vita della Chiesa di quanto non lo fosse Benedetto XVI. Un Papa che saprà influenzare anche il suo successore.

Perché allora Benedetto XVI ha scelto il titolo di Papa emerito? Probabilmente perché pensava che il Papa non potesse tornare alla vita di cardinale poiché l’elezione rappresenta il diventare Vicario di Cristo in terra, e Cristo non è disceso dalla croce. Benedetto XVI ha interpretato l’elezione come un’ulteriore consacrazione episcopale, dalla quale ha preso l’abito (bianco) e il titolo di Papa.

Benedetto XVI, in questo modo, ha pensato di sottolineare la collegialità dei vescovi, lasciando spazio in futuro a una riforma dell’Ufficio del Papa emerito senza cercare di incidere sul suo successore.

Benedetto XVI ha pensato alla collegialità e alla comunione della Chiesa e ha disposto tutto in buona fede, lasciando libero il suo successore di legiferare, se lo desiderasse.

Quindi, dalla riforma della Sede Vacante, bisogna aspettarsi una nuova normativa per le dimissioni di un Papa e una nuova normativa per la gestione della transizione. Da un punto di vista teologico, però, questa potrebbe essere una svolta per la Chiesa, un cambio di paradigma che avrebbe il vantaggio – per Papa Francesco – di permettere al Papa di intervenire. Così anche nella sua successione.

Questo articolo, nella nostra traduzione italiana, è stato pubblicato oggi in inglese dall’autore sul suo blog Monday Vatican [QUI].

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