Processo Rugolo a Enna: nove ore di interrogatorio per la vittima: «Gli abusi sessuali avvenivano anche nella sacrestia della chiesa di San Giovanni»

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Ieri, giovedì 7 luglio 2022 si è svolta a Enna la settima udienza del processo in cui è imputato Don Giuseppe Rugolo, il sacerdote arrestato il 27 aprile 2021, con l’accusa di violenza sessuale aggravata a danno di minori. Secondo le accuse, Rugolo avrebbe ripetutamente abusato del giovane che lo ha denunciato e di altri ragazzi che frequentavano la parrocchia e le attività che Rugolo organizzava. Rugolo, che era presente in aula, ha scontato 13 mesi di arresti domiciliari al seminario di Ferrara e ora è sottoposto all’obbligo di permanenza notturna. Dalle 8 di sera alle 8 del mattino non può lasciare il seminario di Ferrara. Nessuna dichiarazione da parte dei legali di Rugolo.

Un’udienza sofferta in cui il giovane ha risposto alle innumerevoli domande in nove ore di interrogatorio, con lucidità e senza mai cadere in contraddizione. Il giovane ha ricostruito con i pm Stefania Leonte e Orazio Longo tutti i passaggi delle violenze sessuali subiti dal 2009 al 2013 quando era minorenne, che sostiene siano avvenuti anche nella sagrestia della chiesa di San Giovanni Battista. Fatti ribaditi davanti al collegio giudicante, con il Presidente della sezione penale del Tribunale di Enna, Francesco Paolo Pitarresi, gli avvocati delle parti civili e dell’imputato.

Il giovane ha ricostruito anche gli aspetti relativi alle sue segnalazioni ad altri sacerdoti e al Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana. Inoltre, ha spiegato gli aspetti relativi alla presunta trattativa tra Mons. Gisana e la sua famiglia circa l’elargizione di 25 mila euro della Caritas diocesana, che sarebbe stata avanzata da Mons. Gisana e che sarebbe stata respinta dalla famiglia.

La diocesi non è stata accolta come parte civile nel processo in cui resta invece come responsabile civile, chiamata a risarcire il danno, insieme alla parrocchia di San Giovanni Battista dove sarebbero avvenute le violenze denunciate.

La prossima ottava udienza è fissata per il 10 ottobre 2022, durante la quale verrà sentito come testimone anche il Vescovo Rosario Gisana.

Enna, storia del prete pedofilo tenuto coperto da due vescovi
di Federica Tourn
Domani, 3 luglio 2022


Don Giuseppe Rugolo è stato arrestato il 27 aprile 2021 e il processo a suo carico si è aperto a Enna il 7 ottobre scorso. A porte chiuse. La prossima udienza sarà il 7 luglio. È accusato di violenza sessuale su tre minori, secondo gli articoli 81 e 609 del codice penale.

Soltanto nel 2016 il Vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana viene informato dei fatti, iniziati sette anni prima. E decide di spedire il prete pedofilo nella Diocesi di Ferrara, ufficialmente per motivi di salute. Lì viene nuovamente incaricato di seguire i ragazzi della parrocchia.

Intercettato, il Vescovo ammette il suo coinvolgimento: «Il problema è anche mio perché io ho insabbiato questa storia… eh vabbè, pazienza, vedremo come poterne uscire!».

A novembre 2018 a Enna è tutto pronto per il solenne insediamento nella chiesa di San Cataldo. Ma qualcosa manda a monte la festa per il nuovo parroco Giuseppe Rugolo: la presa di possesso avviene in sordina per decisione del Vescovo e Don Giuseppe per il dispiacere finisce addirittura in ospedale.

Quello che sembra soltanto un intoppo nella brillante carriera di un prete molto popolare, leader indiscusso di un gruppo giovanile che conta più di duecento ragazzi, è invece il preludio di uno scandalo che culminerà più di due anni dopo nell’accusa di violenza sessuale su tre minori, secondo gli articoli 81 e 609 del codice penale.

A denunciare è un giovane, Antonio Messina, all’epoca dei primi abusi appena sedicenne; durante l’inchiesta vengono individuati altri due minorenni vittime del prete. La gip Luisa Maria Bruno dispone gli arresti domiciliari per il rischio della reiterazione del reato e la tendenza dell’indagato «a cedere alle pulsioni sessuali in maniera incondizionata».

UN LEADER PER I GIOVANI

Nell’estate del 2009 Don Giuseppe ha ventotto anni, è ancora seminarista e si occupa della pastorale giovanile. Antonio Messina invece è uno degli animatori del gruppo estivo di cui Rugolo è responsabile; vorrebbe entrare in seminario ma è in una fase di confusione sulla sua identità sessuale.

Ne ha parlato proprio con Don Giuseppe che con il suo modo di fare incoraggia le confidenze dei ragazzi. Secondo quanto racconta Antonio, Rugolo approfitta di un momento in cui sono soli per costringerlo a masturbarlo: «Non c’è niente di male», gli avrebbe detto il prete per calmarlo, lo stava solo aiutando «a comprendere le sue inclinazioni». Gli approcci vanno avanti fino al 2013, quattro anni in cui il ragazzo subisce una vera persecuzione, braccato in chiesa e controllato al telefono, blandito in privato e umiliato davanti a tutti se cerca di prendere le distanze.

Quando Antonio instaura una relazione con un suo coetaneo, Don Rugolo si oppone dicendo che commette peccato perché deve fare sesso solo con lui. Spaventato, soggiogato dalla personalità manipolatrice del prete, il ragazzo viene aggredito in canonica, in sagrestia, dietro l’altare prima della Messa: «Sentivo di non avere via di scampo», dice agli inquirenti.

Dopo Messina, il prete continua la caccia. Nel 2015 fonda l’associazione giovanile 360, nuovo bacino di pesca per le sue conquiste: sceglie cinque o sei ragazzi, il suo “cerchio magico”, con cui instaura un rapporto informale fatto di battute sessiste, toccatine sui genitali e ritiri notturni in canonica. A uno di loro, con cui divide il letto e la doccia, regala soldi e manda messaggi pieni di cuoricini e “ti amo”, “notte principessa mia”, “amore mio”.

Il ritratto di Rugolo che emerge dall’ordinanza di custodia cautelare è di una “prima donna”: egocentrico e permaloso, distribuisce favori e punizioni a seconda dell’umore. Anna (nome di fantasia), parrocchiana sua coetanea, ricorda: «Lo trovavi nei locali a tutte le ore, beveva e fumava canne coi ragazzi, li apostrofava con “ciao puttanella, ciao coglioncello”, li chiamava al telefono per chiedergli di raggiungerlo in piena notte. Un megalomane».

UNA FRENESIA MAI NASCOSTA

Rugolo non era discreto nella sua frenesia, ma le autorità ecclesiastiche sembravano non accorgersene, anche se il vizio di Don Giuseppe era noto.

Nel 2014 Messina si era deciso a raccontare tutto al parroco che lo aveva visto crescere, Pietro Spina, che non gli aveva creduto.

L’anno successivo si era confidato con l’attuale vicario giudiziale del tribunale ecclesiastico Vincenzo Murgano il quale gli aveva consigliato di non denunciare l’accaduto e tirare avanti senza nemmeno avvertire il Vescovo. Soltanto nel 2016 il Vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana, finalmente avvertito da un altro parroco, convoca Rugolo che però in un primo tempo nega. Gisana temporeggia, in attesa di parlare con Messina: incontro che si concretizza dopo altri due anni.

Di fronte al racconto della vittima, che dichiara di aver subito violenze fisiche e psicologiche, il vescovo richiama il prete che, proprio alla vigilia del suo ingresso ufficiale in San Cataldo, «dopo pianti e disperazione», ammette (almeno in parte) l’abuso.

La reazione del Vescovo di fronte all’evidenza rappresenta bene l’atteggiamento della Chiesa: innanzitutto il silenzio. Da un lato avvia l’indagine sulla condotta del prete, dall’altro offre alla famiglia del ragazzo 25 mila euro purché non risulti da nessuna parte che si tratta di un risarcimento per un abuso sessuale.

«Dovevano essere in contanti, il Vescovo disse ai miei genitori che li avrebbe presi dai fondi della Caritas», dice Messina. «Mi chiesero di firmare una clausola extragiudiziale di riservatezza in cui, in cambio di questa somma, io mi impegnavo a non parlare più con nessuno di quanto mi era successo. Ho avuto la sensazione di essere comprato».

«Il riserbo era una richiesta della famiglia – dichiara invece l’avvocato della curia vescovile Gabriele Cantaro –. Non è stata fatta alcuna offerta di denaro con l’intento di comprare il silenzio della parte offesa. Anzi, la trattativa parte proprio dalla famiglia, in un primo momento come sostegno per le spese sostenute e poi a titolo risarcitorio». L’accordo economico in ogni caso non si conclude e Antonio non viene nemmeno informato sull’esito dell’inchiesta ecclesiastica, un nulla di fatto.

A FERRARA “PER CURARSI”

Intanto Gisana decide di mandare il prete pedofilo nella Diocesi di Ferrara, ufficialmente per motivi di salute. Oggi il Vescovo di Ferrara Gian Carlo Perego (Presidente della commissione CEI per le migrazioni e della Fondazione Migrantes) sostiene che la permanenza del prete ennese «è stata concordata con la finalità del completamento degli studi presso l’ateneo di Padova».

Perego sapeva che Rugolo aveva precedenti pedofili? «Ero stato informato dal Vescovo Gisana di un procedimento a carico di Don Giuseppe per un episodio precedente la sua ordinazione, ma mi mostrò che tale vicenda era già stata valutata dalla Congregazione della Dottrina della Fede, e che non costituiva assolutamente una limitazione alla sua presenza da noi». Infatti Rugolo, nella parrocchia di Vigarano Mainarda in provincia di Ferrara, nell’estate 2020 organizza addirittura un campo per adolescenti.

Il suo cuore però è rimasto ad Enna, dove continua a seguire i “suoi” ragazzi e ogni tanto compare senza avvertire il Vescovo: «Nell’estate del 2020 ha addirittura celebrato un matrimonio – ricorda Anna –. lo si vedeva girare in centro, prendeva l’aperitivo con i ragazzi con un atteggiamento strafottente».

Lo confermano gli stralci delle intercettazioni citate nell’ordinanza di custodia cautelare: Rugolo si sente punito ingiustamente e fa pressioni sulla curia per tornare a casa. «Io voglio fare il Grest con i ragazzi! Perché sennò li perdo tutti questi ragazzi!», si lamenta con Padre Spina a gennaio 2021, salvo disperarsi giorni dopo quando sui social si diffonde la notizia che un prete di Enna è stato denunciato per abusi: Messina, infatti, dopo aver scritto invano anche al Papa, si è rivolto alla polizia.

IL VESCOVO INTERCETTATO

Se Rugolo piange, Monsignor Gisana certo non ride. In un’intercettazione pubblicata integralmente dal Mattino, il vescovo ammette il suo coinvolgimento: «Il problema è anche mio perché io ho insabbiato questa storia… eh vabbè, pazienza, vedremo come poterne uscire!». Ma i fedeli firmano petizioni di solidarietà per il prete pedofilo e il Vescovo che lo protegge, solidali con dei sacerdoti attenti a coprirsi le spalle l’un l’altro, e pazienza se a venire sacrificati sono i ragazzini. Significativo il commento del Vicario generale Don Antonino Rivoli che, interrogato dagli inquirenti, ammette: «Nessuno di noi pensò di dover informare l’autorità giudiziaria dato che gli abusi erano stati commessi su un minore».

Giuseppe Rugolo è stato arrestato il 27 aprile 2021 e il processo a suo carico si è aperto a Enna il 7 ottobre scorso. A porte chiuse. La prossima udienza sarà il 7 luglio. Nel frattempo gli sono stati revocati gli arresti domiciliari. Nell’ordinanza si legge che in Emilia ha avuto rapporti con due diciannovenni del luogo e incontrato in un albergo di Ravenna un suo ex allievo di Enna. Dall’analisi del suo pc sono emersi innumerevoli download di foto di uomini nudi; fra marzo 2020 e gennaio 2021 si sono registrati accessi a siti porno con la chiave di ricerca “teen” a qualsiasi ora, con una media di almeno 60 al giorno.

Per il Vescovo Perego «durante il periodo trascorso in Arcidiocesi, non è accaduto nulla di mia conoscenza che facesse dubitare della sua condotta sacerdotale». Don Murgano, il prete che aveva suggerito ad Antonio di dimenticare la violenza, è dal 2019 referente del servizio per la tutela dei minori della diocesi di Piazza Armerina.

«Due pesi e due misure»
Un commento di Silere non possum sul Cardinale Robert Sarah diventato il bersaglio di giornalisti che non consentono pensieri diversi dai propri, a seguito dell’intervista del Cardinale a Paris Match

«(…) È chiaro come nella narrazione fatta da alcuni giornalisti vi siano due pesi e due misure. Anche di fronte ai peggiori crimini, coloro che dicono di “fare luce” e di “fare verità”, in realtà sono guidati solo da interessi personali. A gennaio 2022 il quotidiano Domani riferiva che c’erano gravi ombre sull’operato di Benedetto XVI in Germania. Ratzinger ha chiarito esaustivamente che lui non era a conoscenza che il sacerdote accolto nella sua arcidiocesi fosse accusato di determinati delitti. No! Benedetto XVI ha mentito! Insulti e calunnie, senza aver alcuna prova. Articoli scritti da soggetti che sostenevano che la prescrizione per gli abusi nel processo canonico è stata aumentata a 20 anni da Papa Francesco. Questo vi deve far capire la preparazione di questi personaggi. Ne abbiamo parlato QUI.
Qualche giorno fa, lo stesso quotidiano, raccontando la storia del Rev.do Don Giuseppe Rugolo ha scritto che S.E.R. Mons. Gian Carlo Perego ha accolto il Rugolo a Ferrara ma ha riferito: “Ero stato informato dal Vescovo Gisana di un procedimento a carico di Don Giuseppe per un episodio precedente la sua ordinazione, ma mi mostrò che tale vicenda era già stata valutata dalla Congregazione della Dottrina della Fede, e che non costituiva assolutamente una limitazione alla sua presenza da noi”.
Nessuna accusa nei confronti del Vescovo, nessun tono inquisitorio da parte di questi giornalisti che riferiscono di fare “inchieste finanziate dai lettori”. Ma come, qui addirittura Perego sapeva e non lo insultiamo come abbiamo fatto con Ratzinger? Eh no, Perego mica è scomodo come Ratzinger. Questa è la ricerca della Verità. Questa è la trasparenza. La libertà di questi giornalisti.
Senza dimenticare la nota sessista della giornalista che definisce Rugolo (innocente sino a sentenza definitiva e non condannato in alcun grado di giudizio) una PRIMA DONNA. Sì, avete capito bene. Il fatto che sia una donna a fare un’affermazione del genere è ancor più grave. Scrive: “egocentrico e permaloso, distribuisce favori e punizioni a seconda dell’umore”, questa sarebbe una prima donna? Non ci sono uomini con queste caratteristiche? Pura follia!
L’attacco a Sarah però è emblematico e rivela chi sono veramente queste persone che scrivono guidati da ideologie o interessi personali/economici. Sono gli stessi giornalisti che si aggirano attorno a Borgo Pio come avvoltoi in cerca di scoop e che hanno tutti gli interessi possibili tranne quello di raccontare la verità. Lo si è visto anche quando era il momento di difendere la giornalista Franca Giansoldati dopo l’attacco ricevuto da Alessandro Diddì. Guai a ledere Sua Maestà” ha sussurato qualche giornalista straniero. Tutti in silenzio perché sennò l’accreditamento parte.
Il medesimo atteggiamento che utilizzano con Sarah, da emarginare perché non allineato al loro modo di pensare, lo utilizzano con tutte quelle testate, blog o personaggi che non raccontano la solita e ampollosa favola che si vuol continuare a proporre da 10 anni. Certo, dire che non è poi tutto così perfetto come si è voluto far credere, sarebbe umiliante. Ma come si può sostenere la sinodalità e il dialogo se poi non si ascoltano coloro che hanno sensibilità diverse o pareri differenti? Acta non verba! Gli stessi giornalisti che attaccano ferocemente Paris Match sono quelli che passano le loro giornate attorno alla Sala Stampa della Santa Sede a criticare Silere non possum. Rigorosamente connessi al nostro sito, pronti a copiare e incollare i nostri tweet, si divertono a “chiacchierare”, come direbbe Francesco, in merito al nostro operato. Eppure questi soggetti dimostrano che questi anni non gli sono serviti a nulla. Questo Stato è un “paesotto” e tutto torna alle nostre orecchie. Oltre al fatto che risulta chiara l’invidia che muove certe considerazioni. Avvoltoi, null’altro. Eppure nessuno è eterno e quando sarà il momento ci sarà da ricordarsi di questi soggetti e del loro operato (…)» (Silere non possum, 7 luglio 2022).

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