Papa Francesco incoraggia al dialogo interreligioso

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Il giorno successivo la festività dei santi Pietro e Paolo la Chiesa cattolica ha festeggiato i santi primi martiri della Chiesa romana e papa Francesco  Papa ha ricevuto la delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli giunta a Roma per l’occasione della Solennità dei Santissimi Apostoli Pietro e Paolo:

“Il tradizionale scambio di delegazioni tra le nostre Chiese in occasione delle rispettive feste patronali è un segno tangibile che il tempo della distanza e dell’indifferenza, durante il quale si pensava che le divisioni fossero un fatto irrimediabile, è stato superato.

Oggi, ringraziando Dio, in obbedienza alla volontà del nostro Signore Gesù Cristo e con la guida dello Spirito Santo, le nostre Chiese portano avanti un fraterno e proficuo dialogo e sono impegnate in modo convinto e irreversibile nel cammino verso il ristabilimento della piena comunione”.

Riprendendo una frase del patriarca ecumenico Athenagoras (‘Chiese sorelle, popoli fratelli’) papa Francesco ha evidenziato il valore della riconciliazione: “Chiese sorelle, popoli fratelli: la riconciliazione tra cristiani separati, quale contributo alla pacificazione dei popoli in conflitto, risulta oggi quanto mai attuale, mentre il mondo è sconvolto da un’aggressione bellica crudele e insensata, nella quale tanti cristiani combattono tra di loro”.

L’appello del papa è la cessazione della guerra: “Ma di fronte allo scandalo della guerra anzitutto non c’è da fare considerazioni: c’è da piangere, soccorrere e convertirsi. C’è da piangere le vittime e il troppo sangue sparso, la morte di tanti innocenti, i traumi di famiglie, città, di un intero popolo: quanta sofferenza in chi ha perso gli affetti più cari ed è costretto ad abbandonare la propria casa e la propria patria! C’è poi da soccorrere questi fratelli e sorelle: è un richiamo alla carità che, in quanto cristiani, siamo tenuti a esercitare nei riguardi di Gesù migrante, povero e ferito”.

E l’unità dei cristiani per il papa è essenziale per la fraternità: “Come credenti non possiamo che attingere le risposte a tali domande nel Vangelo: in Gesù, che ci invita ad essere misericordiosi e mai violenti, perfetti come il Padre senza adeguarci al mondo.

Aiutiamoci, cari fratelli, a non cedere alla tentazione di imbavagliare la novità dirompente del Vangelo con le seduzioni del mondo e di trasformare il Padre di tutti, che ‘fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti’, nel dio delle proprie ragioni e delle proprie nazioni.

Cristo è la nostra pace, colui che incarnandosi, morendo e risorgendo per tutti ha abbattuto i muri di inimicizia e di separazione tra gli uomini. Da Lui ripartiamo, per comprendere che non è più il tempo di regolare le agende ecclesiali secondo le logiche di potere e convenienza del mondo, ma secondo l’audace profezia di pace del Vangelo. Con umiltà e tanta preghiera, ma anche con coraggio e parresia”.

Ed ha concluso con l’auspicio di un ristabilimento della piena comunione: “Auspico che il dialogo teologico progredisca promuovendo una mentalità nuova che, conscia degli errori del passato, porti a guardare sempre più insieme al presente e al futuro, senza lasciarci intrappolare nei pregiudizi di altre epoche.

Non accontentiamoci di una ‘diplomazia ecclesiastica’ per rimanere gentilmente sulle proprie idee, ma camminiamo insieme da fratelli: preghiamo gli uni per gli altri, lavoriamo gli uni con gli altri, sosteniamoci vicendevolmente guardando a Gesù e al suo Vangelo. Questa è la via perché la novità di Dio non sia tenuta in ostaggio dalla condotta dell’uomo vecchio”.

Mentre il papa non ha potuto incontrare la delegazione dell’International Jewish Committee for Interreligious Consultations per un riacutizzarsi del dolore al ginocchio, consegnando il proprio discorso al card. Koch, che lo ha letto:

“Nei nostri tempi turbolenti, è di grande importanza che ebrei e cristiani si incontrino, e sempre più lavorino insieme, per cercare di contrastare certe tendenze negative delle nostre società occidentali: l’idolatria dell’io e del denaro; l’individualismo esasperato; la cultura dell’indifferenza e dello scarto.

Siamo chiamati a testimoniare insieme il Dio della misericordia e della giustizia, che ama e si prende cura delle persone; e possiamo farlo attingendo dal patrimonio spirituale che in parte condividiamo e che abbiamo la responsabilità di custodire e approfondire”.

Ed ha incoraggiato ad intraprendere il dialogo interreligioso: “Ritornando al dialogo interreligioso, esso è un segno dei nostri tempi, un segno direi provvidenziale, nel senso che è Dio stesso, nel suo disegno sapiente, a ispirare a leaders religiosi e a tante persone comuni il desiderio di incontrarsi e conoscersi nel rispetto delle differenze religiose.

Questa è una via maestra per far crescere nel mondo la fraternità e la pace. Rafforzando il dialogo possiamo resistere all’estremismo, che purtroppo è una patologia che può manifestarsi anche nelle religioni. Preghiamo il Signore di guidarci sempre più in questo cammino di dialogo e fraternità”.

(Foto: Santa Sede)

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