Papa Francesco e la Sede Vacante

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Il Consiglio di cardinali che si è svolto online il 21 giugno 2022 è stato, per certi versi, un incontro straordinario. Non solo perché è durato un tempo relativamente breve (meno di un’ora, secondo il comunicato ufficiale [QUI]) quando in genere i cardinali si riuniscono per tre giorni. Colpiva il fatto che si parlava dell’applicazione della Praedicate Evangelium o della riforma della Curia, ma anche dell’organizzazione del prossimo Concistoro del 29-30 agosto.

Nulla fu detto di questo Concistoro, che, come sappiamo, è il primo Concistoro pubblico ordinario che Papa Francesco tiene dal 2015 [QUI]. Allora, come al giorno di oggi, si parlava di riforma della Curia. Quindi questa è una sorta di chiusura del cerchio per Papa Francesco. Il Concistoro sembra quasi rappresentare un modo per restituire ai cardinali il mandato che gli hanno affidato.

Bisogna stare attenti con la terminologia, tuttavia. Non ci può essere un pontificato con mandato, e non ci possono essere accordi politici. E se è vero che nella storia dei conclavi questi accordi furono poi presi e rispettati informalmente – un esempio fu Giovanni XXIII, che nominò subito Domenico Tardini a Segretario di Stato – non c’è nulla di formale. Un Papa è un Papa e lo Spirito Santo lo elegge. Non ha un mandato terreno, anche se verrebbe dai cardinali.

Detto questo, è noto che l’elezione del Cardinale Jorge Mario Bergoglio a Papa ebbe origine e se ne discusse durante le Congregazioni Generali, ovvero gli incontri pre-Conclave. A questi incontri partecipano tutti i cardinali, anche coloro che non potranno far parte del Conclave perché hanno più di ottant’anni. Le Congregazioni Generali sono un grande scambio di vedute sulla vita della Chiesa. Durante questi incontri, i cardinali si conoscono uno l’altro, osservano con attenzione i loro confratelli, ascoltano le loro idee e iniziano a comprendere le sfide significative e ciò che pensano sia necessario per la Chiesa. Uomini cardinali conoscono altri uomini cardinali, al di fuori della formalità del loro ufficio, nel segreto di una discussione che può essere accesa.

Le Congregazioni Generali del 2013 erano state caratterizzate da un diffuso malcontento [QUI]. C’era la disperazione di chi si è sentito abbandonato da Benedetto XVI, sconvolto perché non si sarebbe mai aspettato una decisione del genere, incapace di guardare al futuro. Alcuni avevano sempre lavorato dietro le quinte del pontificato per attaccarlo, circoli di potere fioriti durante l’ultima parte del pontificato di Giovanni Paolo II e che, con Benedetto XVI, si erano improvvisamente trovati dalla parte sbagliata della storia. E alcuni guardavano al futuro, analizzavano i problemi e si chiedevano cosa sarebbe stato necessario per la Chiesa.

La necessità di riformare la Curia era uscita un po’ da tutti gli ambienti. Eravamo appena usciti dal caso Vatileaks, e c’era la sensazione di una Chiesa sotto attacco [QUI]. Negli anni erano circolate bozze di riforma della Curia e diverse erano state le idee che poi erano state ricollocate. Abbiamo subito parlato del cosiddetto “consiglio della corona”, che Papa Francesco ha poi trasformato nel “Consiglio di cardinali”.

L’idea originaria era quella di avere una maggiore collegialità nel processo decisionale, riunendo più spesso i cardinali presenti a Roma. Quindi, c’era bisogno di un consiglio che aiutasse il Papa a prendere decisioni. Papa Francesco ha interpretato l’idea come la possibilità di dare una spinta al sistema, allargando le basi decisionali e, soprattutto, guardando oltre la Curia romana. È stato il primo passo verso una sempre maggiore esternalizzazione delle decisioni.

Era anche necessario di sapere come rompere con il “si è sempre fatto in questo modo”. Si pensava addirittura che il Papa volesse chiudere l’Istituto per le Opere di Religione, la cosiddetta “Banca vaticana”, fino a quando non si è reso conto che era davvero utile alla Santa Sede [QUI].

La riforma della Curia, però, rappresenta una rottura decisiva con il passato, e non tanto per quanto riguarda l’organizzazione dei dicasteri quanto con alcune situazioni storiche che ora cambiano per sempre. Ad esempio, dopo secoli di onorato servizio, la Camera Apostolica non esiste più se non una commissione presieduta dal Camerlengo e composta dal Presidente del Consiglio per l’Economia e altri due cardinali.

La decisione di avere il Camerlengo e il Presidente del Consiglio per l’Economia è un compromesso rispetto alla bozza iniziale, che prevedeva che il Camerlengo sarebbe stato di diritto Ministro dell’Economia. Il punto è che, per Papa Francesco, la Sede Vacante è solo un problema di gestione amministrativa; perde tutto il rituale e il carattere eccezionale di avere la sede di Pietro vacante.

Vi è, quindi, la necessità di una nuova legislazione sulla Sede Vacante. Certo, si potrebbe apportare una semplice modifica alla legge, sostituendo il termine “Camera Apostolica” con “Consiglio del Camerlengo”. Sembra, però, che il Papa stia pensando a una riforma più ampia della legislazione che regola la Sede Vacante e l’elezione del nuovo Papa, e che ne avrebbe parlato anche nella riunione del Consiglio di cardinali.

In cosa consiste questa nuova legislazione? In primo luogo, si dice che il Papa vuole abolire le Congregazioni Generali, tagliando di fatto tutti i cardinali ultraottantenni dal processo elettorale. Allo stesso tempo, vorrebbe aumentare il numero dei cardinali che possono votare in Conclave: la legge li fissa a 120, anche se il Papa può eseguire deroghe a sua discrezione. Infatti siamo a 126. Papa Francesco potrebbe portarli a 130 o 140.

Al posto delle Congregazioni Generali, il Papa potrebbe organizzare i cardinali in gruppi, come durante i Sinodi, e ogni gruppo avrebbe un relatore che, alla fine, riferirebbe. Uno conta uno nel voto, ma i relatori in pratica guidano la discussione.

Resta da vedere se Papa Francesco cambierà anche il processo di voto. Benedetto XVI aveva stabilito che i due terzi dei voti dei cardinali sarebbero sempre stati necessari per eleggere il Papa. Prima, la soglia sarebbe stata abbassata dopo diversi scrutini. L’idea di Benedetto XVI era di prevenire accordi eccessivamente politici. Papa Francesco potrebbe invece stabilire la possibilità di abbassare la soglia per l’elezione in caso di stallo. L’idea sarebbe quella di non continuare a votare troppo a lungo.

Queste sono tutte speculazioni e non c’è modo di sapere se si riveleranno corrette. Queste voci, tuttavia, sono onnipresenti, la prova che queste speculazioni non sono inverosimili. In realtà, ci troviamo di fronte a un momento storico imprevedibile. Una sorta di sede vacante della Curia, nel mezzo di una riforma della Curia non ancora completata rispetto alla selezione dei suoi ranghi [QUI], in combinazione con la possibilità di una sede vacante.

Gli occhi di tutti sono fissati su L’Aquila, dove il Papa si recherà il 28 agosto per gli eventi del Perdono Celestiniano [QUI]. Celestino V rinunciò al pontificato e Benedetto XVI gli rese omaggio deponendo sulla sua tomba a L’Aquila la sua stola, che ne preannunciava la rinuncia. Papa Francesco ha fissato il viaggio già a febbraio, poi ha costruito il Concistoro attorno al viaggio. Ci sono aspettative. Può darsi che non succeda nulla. Forse un nuovo documento verrà firmato lì. Del resto al Papa piacciono queste scelte simboliche, tanto da andare a firmare la Fratelli Tutti ad Assisi.

Ora è una questione di aspettare e vedere. E, per un giornalista, speculare un po’ come parte del gioco.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore oggi, 27 giugno 2022 in inglese sul suo blog Monday Vatican[QUI], dal titolo “Pope Francis, towards new rules for the sede vacante?” (Papa Francesco, verso nuove regole per la sede vacante?).

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