Da dove tutto rinascerà. La lezione della storia è chiara: il resto di Israele oggi sono gli Armeni

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Sempre sull’orlo della dissoluzione e sempre risorgente. Ecco il segreto della permanenza di questo popolo armeno: non la politica o astuzie levantine, ma la presenza di santi martiri.

Ho raggiunto una certezza, che non è metafisica o mistica. Nasce dal guardare i segni che Iddio manda, facendoli piovere sulle teste di chi non si ripara con l’ombrello del pregiudizio o dell’ideologia. (Detesto gli ombrelli, invenzione stupida). I segni sono chiari. Sbaglio? Lo Spirito soffia dove vuole, a volte Dio usa gli asini per parlare (Numeri 22). E l’Asino molokano dice che gli armeni sono essenziali per il destino della storia e per la pace nel mondo. La Bibbia quando, con Isaia e San Paolo, indica il «resto di Israele», oggi si riferisce all’Armenia e agli Armeni. Non proprio tutti gli undici milioni. Magari tra essi solo quei «settemila uomini che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal», e Dio li ha riservati a sé (Romani 11).

Piccolo resto, non è vero? Eppure la potenza di Dio si manifesta nella debolezza, in una brezza che non ha la forza di piegare i giganti, ma è presentimento dell’infinito. Chi oggi è più debole e misconosciuto della Armenia e di quel tesoro violentato che è l’Artsakh (Nagorno-Karabakh)? Questa debolezza è predilezione dell’Onnipotente che oggi chiede agli armeni un ritorno alle origini, alla missione affidata a San Gregorio l’Illuminatore, il quale, dopo dodici anni trascorsi carcerato in un fosso, fu chiamato dai consiglieri del Re Tiridate III a guarirlo, essendo questi uscito di senno per il tradimento dell’Imperatore romano Diocleziano. Il re credette in Cristo, e primo al mondo costituì non uno Stato ma un popolo di battezzati: uniti pienamente alla Chiesa universale (301 d.C.). Inciampi misteriosi li separarono da Roma. La piena unità è a un passo. Facciamolo!

Tornare alle origini. E all’origine c’era questa unione profonda con Roma e il suo vescovo. La lezione della storia è chiara: non è la politica che ha preservato questo popolo dalla sparizione, e ha consentito di resistere alla volontà distruttiva ricorrente che viene da Oriente e da Occidente; questo popolo si è retto e si regge sulla pura Grazia di Dio. I rapporti di forza, la geopolitica da sempre ci avrebbero condannati alla sparizione. Il bocciolo di questa stirpe è stato infatti situato dal destino in un incrocio caucasico, insieme sublime (Ararat) e pericoloso (il percorso ovvio est-ovest di carovane pacifiche e di orde feroci). Siamo stati smembrati, dispersi una, due, cento volte, ma poi eccoci qui, con il nostro alfabeto e la nostra musica, le nostre pietre che misteriosamente germinano albicocche e uve senza paragoni al mondo. Cosa ha permesso di durare al “resto” degli armeni dopo le immani stragi? Forse la politica, nazionale o internazionale? Bisogna di sicuro praticare la diplomazia e l’arte del trattato, e il nostro governo ancora ci prova. Ma nell’esperienza di questa nazione la politica e la diplomazia risultano alla fine manovrate forse dal Diavolo, certo dai Nemici della pace, del bell’amore e di una vita buona.

Di Diocleziano abbiamo detto. Guardiamo al presente. Confidavamo nelle promesse dell’Occidente, che si proclama erede della civiltà cristiana. Ed invece gli Stati, in lacrime per il Donbass, non hanno mosso un dito per l’Artsakh, si sono venduti in nome del sacro gas a chi ci ha sottoposti a un massacro, cui solo i fratelli russi-slavi avevano posto provvisorio rimedio (novembre 2020). Oggi l’Azerbajgian dopo aver ordito un genocidio culturale, straziando chiese e monasteri cristiani, mostra un volto comprensivo, ma di fatto ha preteso e ottenuto dall’Unione Europea la nostra tacita sottomissione. Gli Armeni dell’Artsakh si sentono soli, solissimi, trascurati dai loro stessi fratelli di Yerevan, quasi sia un dovere morale tradirli, bersaglio perfetto di droni turchi della NATO, e di jihadisti siriani mercenari ingaggiati dagli azeri, nell’indifferenza anche di voi fratelli italiani. Anzi no, sbaglio. C’è un avamposto di Armeni e non Armeni Italiani in Artsakh. La scuola intitolata ad Antonia Arslan fiorisce. Non verrà meno il piccolo resto, da cui tutto rinascerà.

Mi sono messo a studiare storia per capire il segreto della permanenza della assoluta particolarità armena, sempre sull’orlo della dissoluzione, e sempre risorgente: è stato grazie non a manovre napoleoniche o astuzie levantine, ma alla presenza di santi martiri. Gli ultimi proclamati tali sono l’immenso stuolo delle vittime del genocidio del 1915. Un milione e mezzo. La scelta di canonizzarli tutti, senza stare a fare l’esame della fede e della virtù dei singoli, dice l’essenza della fede in Cristo degli Armeni: non sono somma di singoli, ma un popolo di persone; una comunione di sangue versato e di Spirito Santo galoppante.

Nel Vangelo è scritto: «La salvezza viene dai Giudei». Noi Molokani, notoriamente eretici, ci permettiamo di aggiungere: ma anche dagli Armeni.

Il Molokano

Questo articolo è stato pubblicato su Tempi del 1° giugno 2022.

Foto di copertina: un asino molokano nel villaggio Fioletovo, province Lori in Armenia (Foto di Rita Willaert).

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