Papa Francesco: la missione è legata a Cristo

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Sabato scorso per papa Francesco è stato un giorno molto intenso attraverso tre incontri, scandito dal tweet che ne racchiude il senso: ‘Dio si fa piccolo come un pezzo di pane e proprio per questo occorre un cuore grande per poterlo riconoscere, adorare e accogliere’, perché la missione dipende dall’unione con Cristo, come ha sottolineato ai partecipanti al Capitolo Generale dei Missionari Comboniani:

“Noi possiamo fare tante cose: iniziative, programmi, campagne… tante cose; ma se non siamo in Lui, e se il suo Spirito non passa attraverso di noi, tutto quello che facciamo è nulla ai suoi occhi, cioè non vale nulla per il Regno di Dio. Invece, se siamo come tralci ben attaccati alla vite, la linfa dello Spirito passa da Cristo in noi e qualsiasi cosa facciamo porta frutto, perché non è opera nostra, ma è l’amore di Cristo che agisce attraverso di noi”.

In questa unione esiste la missione: “Questo è il segreto della vita cristiana, e in particolare della missione, dovunque, in Europa come in Africa e negli altri continenti. Il missionario è il discepolo che è così unito al suo Maestro e Signore, che le sue mani, la sua mente, il suo cuore sono ‘canali’ dell’amore di Cristo.

Il missionario è questo, non è uno che fa proselitismo. Perché il ‘frutto’ che Lui vuole dai suoi amici non è altro che l’amore, il suo amore, quello che viene dal Padre e che ci dona con lo Spirito Santo. E’ lo Spirito di Cristo che ci porta avanti”.

Daniele Comboni e Madre Cabrini sono stati missionari perché sono stati animati dal ‘cuore’ di Cristo: “E questa ‘spinta’ ha permesso loro di uscire e di andare oltre: non solo oltre limiti e confini geografici, ma prima ancora oltre i loro stessi limiti personali. Questo è un motto che per voi deve ‘fare rumore’ nel cuore…

La spinta dello Spirito Santo è quella che ci fa uscire da noi stessi, dalle nostre chiusure, dalla nostra autoreferenzialità, e ci fa andare verso gli altri, verso le periferie, là dove maggiore è la sete di Vangelo. E’ curioso che la tentazione più brutta che noi religiosi abbiamo nella vita è l’autoreferenzialità; e questo ci impedisce di andare oltre”.

Ed il cuore di Cristo è la misericordia: “Il tratto essenziale del Cuore di Cristo è la misericordia, la compassione, la tenerezza. Questo non va dimenticato: lo stile di Dio, già nell’Antico Testamento, è questo. Vicinanza, compassione e tenerezza. Non c’è l’organizzazione, no, vicinanza, compassione, tenerezza.

Ed allora penso che voi siete chiamati a portare questa testimonianza dello ‘stile di Dio’ (vicinanza, compassione, tenerezza) nella vostra missione, là dove siete e dove lo Spirito vi guiderà. La misericordia, la tenerezza è un linguaggio universale, che non conosce confini. Ma questo messaggio voi lo portate non tanto come singoli missionari, ma come comunità, e ciò comporta che vada curato non solo lo stile personale, ma anche lo stile comunitario”.

Anche ai partecipanti alla ‘Syro-Malabar Youth Leaders Conference’ ha ricordato la sequela di Gesù: “Gesù non ha esitato a chiedere ai suoi discepoli se volevano veramente seguirlo o se preferivano prendere un’altra strada…

Anch’io oggi, in un tempo segnato dalla cultura ‘liquida’ o addirittura ‘gassosa’, dico a voi, cari giovani, che la vita diventa piena di senso e feconda quando diciamo ‘sì’ a Gesù… Questa esperienza è quella che dà senso a tutta la vita; e dà la forza di dire ‘sì’ al servizio e alla responsabilità e ‘no’ alla superficialità e allo scarto”.

Ed ha ricordato loro la forza della testimonianza: “L’Apostolo Tommaso arrivò sulla costa occidentale dell’India, seminò il Vangelo e germogliarono le prime comunità cristiane… La Chiesa è ‘apostolica’ perché fondata sulla testimonianza degli Apostoli; e continuamente cresce non per proselitismo, ma per testimonianza.

Ogni battezzato partecipa alla sua costruzione nella misura in cui lui o lei è testimone. E voi siete chiamati a esserlo in primo luogo tra i vostri coetanei della diaspora siro-malabarese, ma anche a quanti non appartengono alla vostra comunità e a quelli che nemmeno conoscono il Signore Gesù”.

E’ un invito a non avere paura dell’amore, come hanno fatto i santi: “C’è un terreno comune in cui tutti i giovani si incontrano, ed è il desiderio di un amore genuino, bello e grande. Vi dico: non abbiate paura di questo amore!..

Vi esorto a scoprire le testimonianze d’amore dei santi e delle sante di ogni epoca, anche del nostro tempo: dimostrano più di ogni discorso che il cristianesimo non consiste in una serie di divieti, che soffocano il desiderio di felicità, ma in un progetto di vita capace di riempire il cuore.

Non temete di ribellarvi alla tendenza diffusa a ridurre l’amore a qualcosa di banale, senza bellezza, senza comunione, senza fedeltà e responsabilità”.

Infine ai partecipanti al Capitolo generale della Società San Paolo ha ricordato l’importanza della comunicazione, secondo lo stile di don Alberione: “La passione di Dio è comunicarsi, sempre comunica: con il Figlio nello Spirito, e poi a noi. Comunicare è una delle cose che è più che una professione: è vocazione.

E questo don Alberione ha voluto sottolineare nelle diverse famiglie, cosiddette, paoline, questo del comunicare. Comunicare in modo pulito. E voi avete la vocazione di comunicare in modo pulito, evangelicamente… Dobbiamo far sì che nella nostra comunicazione di fede questo non succeda, non accada, che la comunicazione venga proprio dalla vocazione, dal Vangelo, nitida, chiara, testimoniata con la propria vita”.

Una comunicazione ‘onesta’ redime: “Non solo comunicare, ma anche redimere la comunicazione dallo stato in cui è oggi, nelle mani di tutto un mondo di comunicazione che o dice la metà, o una parte calunnia l’altra, o una parte diffama l’altra, o una parte sul vassoio offre degli scandali perché alla gente piace mangiare scandali, cioè mangiare sporcizia…

E Dio si comunica sempre nella realtà: fate in modo che la vostra vita sia proprio la comunicazione della vostra vocazione, che nessuno di voi debba nascondere la propria identità vocazionale”.

(Foto: Santa Sede) 

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