Il papa ai gesuiti: comunicare gli avvenimenti

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Un mese fa papa Francesco ha incontrato 10 direttori delle riviste europei dei gesuiti: p. Stefan Kiechle di ‘Stimmen der Zeit’ (Germania), Lucienne Bittar di ‘Choisir’ (Svizzera), p. Ulf Jonsson di ‘Signum’ (Svezia), p. Jaime Tatay di ‘Razón y fe’ (Spagna), p. José Frazão Correia di ‘Brotéria’ (Portogallo), p. Paweł Kosiński di ‘Deon’ (Polonia), p. Arpad Hovarth di ‘A Szív’ (Ungheria), Robert Mesaros di ‘Viera a život’ (Slovacchia), Frances Murphy di ‘Thinking Faith’ (Regno Unito) e p. Antonio Spadaro de ‘La Civiltà Cattolica’ (Italia), a cui ha risposto chiarendo innanzitutto la missione delle riviste dei Gesuiti:

“In generale, ovviamente, credo che la missione di una rivista culturale sia quella di comunicare. Io però aggiungerei di comunicare nel modo più incarnato possibile, personale, senza perdere il rapporto con la realtà e le persone, il ‘faccia a faccia’. Con questo intendo dire che non basta comunicare idee: non è sufficiente. Occorre comunicare idee che provengono dall’esperienza. Questo per me è molto importante. Le idee devono venire dall’esperienza”.

E’ un invito a comunicare esperienze: “La Compagnia di Gesù non deve essere interessata a comunicare idee astratte. E’ interessata, invece, a comunicare le esperienze umane attraverso idee e ragionamenti: esperienza, dunque. Le idee vengono discusse.

La discussione è cosa buona, ma per me non è sufficiente. E’ la realtà umana che si discerne. Il discernimento è quel che conta veramente. La missione di una pubblicazione gesuita non può essere solamente quella di discutere, ma deve essere soprattutto quella di aiutare il discernimento che porta all’azione”.

Il papa ha invitato a raccontare l’esperienza: “Questo è il principio che volevo dirvi e che vi ho raccomandato: che la realtà è superiore all’idea, e quindi bisogna dare idee e riflessioni che nascono dalla realtà. Quando si entra nel mondo delle sole idee e ci si allontana dalla realtà, si finisce nel ridicolo. Le idee si discutono, la realtà si discerne.

Il discernimento è il carisma della Compagnia. A mio avviso, è il primo carisma della Compagnia ed è ciò su cui la Compagnia deve continuare a concentrarsi, anche nel portare avanti le riviste culturali. Devono essere riviste che aiutino e promuovano il discernimento”.

Ma il tema centrale dell’incontro è stato incentrato sulla guerra in Ucraina: “Quello che stiamo vedendo è la brutalità e la ferocia con cui questa guerra viene portata avanti dalle truppe, generalmente mercenarie, utilizzate dai russi. E i russi, in realtà, preferiscono mandare avanti ceceni, siriani, mercenari.

Ma il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. E’ molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco”.

Poi il papa si è domandato chi aiuterà la popolazione quando svanirà l’attenzione per la guerra: “Dobbiamo guardare oltre l’azione concreta del momento, e vedere come le sosterremo affinché non cadano nella tratta, non vengano usate, perché gli avvoltoi stanno già girando. L’Ucraina è esperta nel subire schiavitù e guerre.

E’ un Paese ricco, che è sempre stato tagliato, fatto a pezzi dalla volontà di chi ha voluto impossessarsene per sfruttarlo. E’ come se la storia avesse predisposto l’Ucraina a essere un Paese eroico. Vedere questo eroismo ci tocca il cuore. Un eroismo che si sposa con la tenerezza!.. Grande umanità, grande tenerezza. Donne coraggiose. Persone coraggiose.

Un popolo che non ha paura di combattere. Un popolo laborioso e allo stesso tempo orgoglioso della propria terra. Teniamo presente l’identità ucraina in questo momento. E’ questo che ci commuove: vedere un tale eroismo.

Vorrei davvero sottolineare questo punto: l’eroismo del popolo ucraino. Quella che è sotto i nostri occhi è una situazione di guerra mondiale, di interessi globali, di vendita di armi e di appropriazione geopolitica, che sta martirizzando un popolo eroico”.

Ed infine una domanda sul discernimento dei giovani: “Non bisogna stare fermi. Quando si lavora con i giovani, bisogna sempre dare una prospettiva in movimento, non in modo statico. Dobbiamo chiedere al Signore di avere la grazia e la saggezza di aiutarci a compiere i passi giusti.

Ai miei tempi il lavoro con i giovani era costituito da incontri di studio. Ora non funziona più così. Dobbiamo farli andare avanti con ideali concreti, opere, percorsi. I giovani trovano la loro ragione d’essere lungo la strada, mai in modo statico.

Qualcuno può essere titubante perché vede i giovani senza fede, dice che non sono in grazia di Dio. Ma lasciate che se ne occupi Dio! Il vostro compito sia quello di metterli in cammino. Penso che sia la cosa migliore che possiamo fare”.

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