La venerazione a Sant’Antonio da Padova spiegata da un giornalista

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L’ottavo centenario dalla predica di Forlì di Antonio è il filo conduttore del Giugno antoniano di quest’anno: dopo le due edizioni in tempo di pandemia (nel 2020 dedicata agli 800 anni dalla vocazione francescana di Antonio, l’anno scorso invece agli 800 anni dall’arrivo in Italia e all’incontro con san Francesco) quest’anno il tema centrale è il momento in cui il giovane Antonio rivela al mondo la sua dote di predicatore.

Nel settembre 1222, infatti, il frate insieme a fra Graziano, il provinciale di Bologna, si reca a Forlì per un’ordinazione sacerdotale. Mancava chi facesse una predica, fra Graziano invita Antonio che per spirito di obbedienza sale sul pulpito e incanta i fedeli con una omelia breve ma densa, semplice, ma maestosa. Questo episodio apre la strada della predicazione di Antonio.

La novità principale di questa edizione, però, è sicuramente il ritorno della processione: dopo due anni di restrizioni, finalmente torna in presenza il momento culmine per i fedeli della festa del Santo. Lunedì 13 giugno dopo la messa solenne pomeridiana, presieduta da p. Roberto Brandinelli, ministro provinciale dei frati minori conventuali, ci sarà la processione dei fedeli con la statua del Santo nelle vie cittadine, seguita dalla novità della rievocazione storica del ‘transito’ che il corpo di Antonio visse il 12 giugno 1231.

A fra Massimiliano Patassini, direttore responsabile delle sei riviste del gruppo ‘Messaggero di sant’Antonio’ (l’edizione nazionale, l’edizione italiana per l’estero, il ‘Messaggero dei Ragazzi’, il ‘Messenger of Saint Anthony’, ‘Le Messager de Saint Antoine’ e ‘Sendbote des hl. Antonius’), abbiamo chiesto di spiegarci il motivo per  cui sant’Antonio è tanto venerato: “Penso che gli elementi che hanno reso così popolare il Santo di Padova siano la sua capacità di farsi vicino a tutti e quella di toccare il cuore delle persone con la sua parola.

Il tratto della vicinanza, o meglio della prossimità, è tipico dei francescani: proprio l’incarnazione, il farsi prossimo di Dio, è contemplata in modo particolare da san Francesco e da chi ne ha seguito le orme. Anche Antonio, in molteplici occasioni, dà prova di prendersi cura degli altri, a partire da chi è più emarginato e lontano: i poveri, i carcerati, i malati.

L’altro aspetto è quello della parola: Antonio era amante della Sacra Scrittura, si dice che la conoscesse a memoria; la portava nel cuore e questo lo rendeva familiare del Signore, capace di interpretare il momento presente con gli occhi del Vangelo e di dire quella parola buona che arriva al cuore della gente”.

Nel settembre 1222 a Forlì frate Antonio fu chiamato a sostituire il predicatore designato per una celebrazione solenne. Nonostante fosse straniero, quel frate portoghese riuscì a farsi comprendere da tutti, rivelando la sua profonda cultura biblica: ad 800 anni di distanza quanto è importante la sua ‘predica’?

“La predica di Forlì è il momento della sua uscita dal nascondimento e della scoperta di Antonio come valente predicatore. Un po’ come l’inizio della vita pubblica di Gesù, essa fa seguito a un periodo ordinario vissuto nel convento di Montepaolo, dedito alle mansioni quotidiane ed alla preghiera: tempo fondamentale per dare ordine alla sua vita, per strutturarla e preparare la sua missione.

Scoperta la sua abilità di predicatore, fondata sulla conoscenza della Parola e sulla familiarità con Dio, sarà inviato ad annunciare il Vangelo, soprattutto per combattere le eresie, con cui alcuni movimenti assolutizzavano certi aspetti della fede, dimenticandone altri centrali: un rischio nel quale si può sempre cadere”.

I frati minori conventuali pregano e sostengono la popolazione ucraina: in quale modo la sostenete? “I frati della Basilica fanno parte dell’Ordine dei frati minori conventuali, che è presente in diversi paesi, tra cui l’Ucraina, la Polonia e la Romania.

Il nostro impegno sta proprio nel sostenere economicamente le iniziative proposte nei conventi che si trovano in zona di guerra (ne abbiamo 5 in Ucraina, di cui 2 vicini a Kiev e 3 nella zona di Leopoli) e nelle zone limitrofe: accoglienza di profughi, invio di cibo e vestiario per chi ne ha bisogno, provvedere per le necessità di base.

Il sostegno che diamo avviene soprattutto attraverso la Caritas sant’Antonio, che da anni opera in situazioni di povertà, instabilità e disagio sociale; oggi l’emergenza è l’Ucraina, ma non dimentichiamo le tante altre guerre presenti”.

Al Salone del Libro di Torino è stato presentato il libro di Damien Vorreux, ‘Tau simbolo francescano. Storia, teologia, iconografia e spiritualità’, a 100 anni dalla nascita di questo frate minore e pioniere degli studi francescani: quale è il messaggio del Tau francescano al mondo contemporaneo?

“Il Tau è un simbolo che ci richiama alla dinamica pasquale di morte e risurrezione. E’ una croce che invita chi lo porta a seguire la logica di Gesù che dona se stesso fino alla fine, per amore: in questo senso, ci ricorda che, in qualsiasi situazione ci troviamo, siamo chiamati ad amare.

Allo stesso tempo, è il segno dei salvati, promessa di una vita che non si conclude con la morte fisica: segno di speranza certa, alimentata dalla fede nel Signore Crocifisso e Risorto. Non è un oggetto pomposo o sfarzoso, ma è umile e semplice, segno della disponibilità a farsi prossimi agli altri, come ha fatto il Signore, come hanno fatto san Francesco e sant’Antonio”.

‘Messaggero dei Ragazzi’ è una rivista antologica mensile a fumetti per bambini con rubriche di attualità e narrativa pubblicato con fini pedagogico-confessionali e in particolare di propagandare la devozione del santo tra i giovanissimi e prosegue nella numerazione quella della precedente testata ‘Sant’Antonio e i fanciulli’, che nasce nel 1922: dopo 100 anni cosa offre ad essi?

“Il ‘Messaggero dei Ragazzi’, iniziato nel 1922 come ‘Sant’Antonio e i fanciulli’, ha sempre cercato di parlare alle giovani generazioni, usando il loro linguaggio e proponendo valori e contenuti che ci stanno a cuore come cristiani e francescani.

La sfida di oggi è quella di utilizzare i nuovi linguaggi, soprattutto del mondo digitale e social, per continuare a parlare loro, offrendo nella rivista uno spazio più ampio di riflessione, che i media elettronici non riescono a dare. Alcune iniziative che abbiamo promosso sono un broadcast whatsapp con proposte per Avvento e Quaresima e uno spazio di interviste online in cui i ragazzi si mettono alla prova come piccoli giornalisti”.

(Tratto da Aci Stampa)

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