Don Rugolo, a processo per abusi sessuali aggravati a danni di minori con obbligo di dimora, querela giornalista ANSA. Agnus Dei: tre nonne raccontano le vittime di abusi sessuali del clero in Italia

Condividi su...

La giornalista di Enna Pierelisa Rizzo, con l’ANSA da più di 30 anni. il cui lavoro abbiamo citato a più riprese, è stata querelata per diffamazione e pubblicazione di atti procedurali da Don Giuseppe Rugolo. Il sacerdote ennese quarantenne della Diocesi di Piazza Armerina, arrestato dalla polizia nell’aprile del 2021 con l’accusa di violenza sessuale a danno di un minore 15enne, ha denunciato Rizzo per aver riportato sul suo profilo Facebook una conversazione agli atti del processo nel quale il querelante è accusato di reati sessuali [QUI].

Rugolo, tramite la sua difesa, ha chiesto il sequestro dei supporti informatici (pc, tablet, pen drive e telefoni) della giornalista e la cancellazione del post nel quale vengono mostrate le chat, a sfondo sessuale, intercorse tra il sacerdote ed un giovane della provincia di Ferrara. Dai messaggi WhatsApp pubblicati dalla giornalista, si evince chiaramente il tono delle conversazioni che Rugolo intratteneva con le sue vittime. La Procura di Enna, però, non ha ritenuto di procedere al sequestro, essendo le chat già contenute nell’ordinanza di arresto di Rugolo dell’aprile dello scorso anno. Con il ricorso di Rugolo in Cassazione sulla decisione del Gip, sarà adesso la Suprema Corte a stabilire se il post di Rizzo dovrà essere oscurato.

Tolti i domiciliari a Don Rugolo, a processo per abusi sessuali aggravati a danni di minori

Nel frattempo, il Tribunale di Enna ha revocato i domiciliari per Don Giuseppe Rugolo, sostituiti con obbligo di dimora a Ferrara con permanenza domiciliare notturna. La richiesta era stata presentata dalla Procura di Enna e non dalla difesa. La Procura, ritenendo perduranti le esigenze cautelari e di tutela sociale, in vista della scadenza della misura degli arresti domiciliari, ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale la modifica della misura. Dunque, Rugolo è stato scarcerato, anche se non potrà lasciare Ferrara se non in occasione delle udienze del processo a suo carico, che si celebrano ad Enna (la settima udienza è in programma il 7 luglio 2022), senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria e non potrà lasciare il seminario ferrarese durante le ore notturne. La nuova misura, al contrario di quella degli arresti domiciliari, ha una validità di due anni.

“La corretta condotta mantenuta dall’imputato durante il lungo periodo di restrizione cui è stato sottoposto, anche mediante l’accettazione di dinieghi su sue istanze, fondano una maggiore affidabilità dell’imputato stesso”, si legge nelle motivazioni con cui il giudice Francesco Paolo Pitarresi ha firmato l’ordinanza di revoca degli arresti domiciliari nei confronti di Rugolo.

Rugolo, attualmente sotto processo dinanzi al Tribunale di Enna, ha trascorso tutti i domiciliari di 13 mesi nel Seminario di Ferrara, dove era stato trasferito a fine 2019 a seguito delle segnalazioni di violenza sessuale fatte da un ragazzo della sua Diocesi ai sacerdoti della Diocesi di Piazza Armerina, in Provincia di Enna. Voleva tornare in Sicilia a tutti i costi dopo l’allontanamento; intercettato, insiste più volte con Monsignor Spina chiedendo il rientro ad Enna. “Forse devo fare il cattivo”, diceva.

“Bene, un primo passo verso la libertà”, ha commentato il difensore di Rugolo, l’Avvocato Denis Lovison, la nuova misura decisa dal Tribunale… sempre se non arriva una condanna.

Don Giuseppe Rugolo.

«Decine di chat e foto a sfondo sessuale nei computer dell’imputato», ha scritto Pierelisa Rizzo il 11 marzo 2022, dopo la quinta udienza svoltasi a porte chiuse il giorno precedente nel Tribunale di Enna: «Foto e chat a sfondo sessuale. Sono decine e decine quelle nei supporti informatici sequestrati della squadra mobile di Enna e Ferrara a Don Giuseppe Rugolo. Dalle intercettazioni, sulle quali hanno riferito gli ufficiali di P.G., emerge che tra i prelati della Diocesi di Piazza Armerina fosse diffuso il pensiero che fossero in corso le intercettazioni. L’analisi dei dati informatici conferma che il sacerdote intratteneva rapporti sessuali con giovani, anche a seguito del suo trasferimento a Ferrara, nonché con giovani che erano stati suoi alunni presso istituti scolastici di Enna. Tra il materiale rinvenuto tantissime chat e foto a sfondo sessuale con giovani ragazzi. Rugolo avrebbe intrattenuto rapporti sessuali con un prete della stessa Diocesi di Piazza Armerina, con il quale valutava le sue capacità di adescamento ai danni della vittima che poi lo avrebbe denunciato. Da una registrazione eseguita dallo stesso Rugolo, nel corso di un incontro con il Vescovo Rosario Gisana, viene fuori come quest’ultimo fosse disponibile ad elargire somme di denaro per soddisfare tutte le esigenze di natura economica dell’imputato. Rugolo viene costantemente informato delle iniziative legali della vittima da parte della Diocesi. A conferma di questo, tra i file rinvenuti all’interno dei supporti informatici sequestrati, è stata rinvenuta la denuncia consegnata dalla vittima nelle mani del Vescovo, che doveva avere natura strettamente riservata. Nel corso dell’udienza è emero, inoltre, come il Vescovo Gisana fosse già informato tempo prima della denuncia della parte offesa, delle violenze sessuali di Rugolo a danno di altri giovani».

L’Ordine dei Giornalisti di Sicilia esprime solidarietà nei confronti della collega Pierelisa Rizzo

Il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia ha espresso viva preoccupazione per il caso della collega Pierelisa Rizzo di Enna, querelata da Don Giuseppe Rugolo per avere riportato nel suo profilo Facebook una conversazione agli atti del processo nel quale il sacerdote è accusato di reati sessuali. Don Rugolo ha chiesto tramite i suoi legali il sequestro preventivo del profilo Facebook e dei dispositivi informatici della cronista. Secondo il Consiglio dell’Ordine, iniziative di questo genere rischiano di intralciare l’attività professionale della giornalista che riferisce atti e fatti di pubblico interesse. Il Consiglio esprime anche la propria netta contrarietà rispetto alla richiesta di sequestro di pc, telefoni, tablet e pen drive: strumenti fondamentali per il lavoro giornalistico, che possono peraltro contenere dati sensibili anche in relazione al rapporto tra la cronista e le fonti.

La solidarietà di Assostampa e Gruppo Cronisti Siciliani con la collega Pierelisa Rizzo querelata da Don Rugolo: “Piena solidarietà alla collega, inaccettabile la richiesta di sequestro dei dispositivi informatici e telematici”

La Segreteria regionale di Assostampa Sicilia, il Direttivo neoeletto del Gruppo cronisti siciliani aderente all’Unci, il Consiglio regionale e la Sezione Assostampa Enna esprimono solidarietà alla collega Pierelisa Rizzo, corrispondente da Enna dell’ANSA, per la denuncia querela di Don Giuseppe Rugolo. «Si tratta – secondo il sindacato dei giornalisti – dell’ennesimo tentativo di intimidazione di una cronista impegnata nel resoconto della vicenda che ha avuto come protagonista il sacerdote. Ancora un tentativo di imbavagliare la libera attività giornalistica, tanto più se compiuta con una richiesta inaccettabile di sequestro degli strumenti informatici e telematici fondamentali per il lavoro giornalistico, che possono peraltro contenere dati sensibili e compromettere il rapporto tra la cronista e le sue fonti. Siamo certi – conclude il sindacato dei giornalisti – che la collega Rizzo non si farà intimidire e non arretrerà di un solo millimetro dalla sua posizione in attesa che la giustizia chiarisca la sua estraneità ai fatti contenuti nella denuncia».

Pierelisa Rizzo.

Pierelisa Rizzo: si tratta di un chiaro tentativo di intimidazione. Ho solo fatto mio lavoro

«È un chiaro tentativo di intimidazione per evitare che io possa continuare a scrivere su questa terribile vicenda- dice la giornalista Pierelisa Rizzo –. La denuncia, alterando la verità, sostiene che quelle chat sarebbero state lette, per la prima volta, in aula durante la scorsa udienza del 29 aprile, nel processo che si celebra a porte chiuse. In realtà io ho solo fatto il mio lavoro informando correttamente i lettori a fronte di testate giornalistiche e colleghi che, senza alcun fondamento, si ostinano a scrivere che nel pc di Rugolo non ci sono contenuti a sfondo sessuale. Per questo sto valutando, insieme ai miei avvocati, la possibilità di procedere per vie legali».

La solidarietà del Blog dell’Editore di Korazym.org con la collega Pierelisa Rizzo

Lo Staff del Blog dell’Editore di Korazym.org esprime preoccupazione per la querela di Don Giuseppe Rugolo sotto processo a Enna nei confronti della collega Pierelisa Rizzo, che lede la libertà di stampa ed il diritto di cronaca. Confidiamo nella magistratura affinché respinga le richieste di Rugolo e ristabilisca i diritti sanciti dalla Costituzione.

La tutela della presunzione di innocenza e le querele intimidatorie contro professionisti dell’informazione

Questo fatto ci fa ricordare quanto osservato sui media, quando il 14 dicembre 2021 è entrato in vigore il decreto legislativo 8 novembre 2021 n.188, contenente alcune norme che nell’intento del legislatore avrebbero dovuto tutelare la presunzione di innocenza delle persone sottoposte ad indagini o procedimenti penali. Nel decreto sono contenute in particolare una serie di indicazioni per le Procure, che di fatto vogliono limitare le comunicazioni tra il Procuratore e gli organi di informazione, rendendo per altro necessario per la magistratura motivare ogni decisione di comunicazione verso l’esterno. Non casualmente, spesso negli articoli di cronaca giudiziaria viene incluso un richiamo come ogni riferimento penale e sanzionatorio deve essere considerato ipotetico fino a sentenza passata in giudicato, cioè, quando è trascorso il tempo utile per poter essere impugnata. L’intenzione del legislatore è chiara e del tutto condivisibile in linea di principio, compresa quella di stigmatizzare i cosiddetti processi mediatici. Tuttavia, la questione ha lasciato perplessi i professionisti dell’informazione, giornalisti e comunicatori, che si sono posta la domanda se forse non era l’ennesima legge scritta male, come ha osservato Adduso Sebastiano il 28 maggio 2022 su ViViCentro.it [QUI]: «Aggiungiamo con l’occasione (anzi ci ripetiamo) che sarebbe l’ora (considerato che siamo nel 21° secolo e i rispettabilissimi “tempi della non conoscenza” dovrebbero essere sempre più alle spalle) di iniziare a comprendere che c’è una sostanziale differenza tra il parlare comune, anche dotto e, il linguaggio giuridico. Alla stragrande maggioranza di noi cittadini italiani infatti il codice legale è pressoché ignoto poiché nella rafferma scuola dell’obbligo di una Nazione come l’Italia, seppure: Repubblicana, Democratica e Occidentale, non si studiano i “Diritti e Doveri” pur essendo queste le reali regole (legittimamente anche contestabili ma in vigore fino a quando non modificate) del vivere civile e, pertanto, implicitamente si sconosce – per volontà dell’annoso trasversale sistema Governativo-Parlamentare – l’idioma e il significato delle leggi, decreti attuativi, regolamenti e circolari nonché delle immediatamente efficaci interpretazioni e disposizioni giurisprudenziali e di Polizia, quali sentenze, ordinanze, daspo, ammonimenti, ecc. Insomma siamo sotto tale aspetto un popolo di incolti. Le conseguenze, anche a volte drammatiche, sono che gli individui spesso sbagliano unicamente per analfabetismo giudiziario e, aspetto pure da non sottovalutare, noi cittadini non comprendiamo nella sostanza neppure la validità reale delle norme e verdetti emanati. L’altra faccia della medaglia è che con tale, chiaramente, preordinata condizione sociale di insipienza, il decennale sistema: politico da destra a sinistra; e quello pubblico dagli scranni più alti fino all’ultimo sgabello; ci pascola come e quando vuole».

Ordine dei Giornalisti: segreto delle fonti è inviolabile

Il segreto delle fonti è un cardine inviolabile della professione giornalistica, in particolare per quello di inchiesta.  “Le perquisizioni sono sempre atti invasivi, anche quando non espressamente “ostili” nei confronti dei perquisiti, a maggior ragione se non indagati”. Lo dichiara in una nota il Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli, in seguito alle perquisizioni effettuate presso la redazione di Report e nelle case di alcuni giornalisti del programma di Raitre. “Il conduttore di Report – sottolinea – ha sempre dichiarato la massima disponibilità a collaborare con la Magistratura per fare luce sulle troppe ombre relative alle uccisioni di Falcone e Borsellino, ovviamente nel rispetto dell’autonomia del lavoro giornalistico. Occorre fare attenzione, quindi, a non confondere i piani del necessario corso delle indagini con la tutela dell’operato dei giornalisti che, ancora una volta, hanno sollevato dubbi e mostrato aspetti non chiari delle due stragi più controverse della storia italiana”, conclude Bartoli (Askanews, 24 maggio 2022).

La copertina di «Agnus dei» (Solferino), il libro-inchiesta firmato da Lucetta Scaraffia con Franca Giansoldati e Anna Foa sugli abusi sessuali del clero in Italia.

Lucetta Scaraffia: «Noi, tre nonne, raccontiamo le vittime di abusi»
La storica si è messa alla regia di un’indagine, con un pool al femminile, sulle violenze commesse dai religiosi. Tutto parte dall’archivio creato da un ex ragazzino molestato: oltre 320 i casi raccolti dal 2010, 159 i condannati in via definitiva. Storie di chi, fino alla fine, è stato ritenuto innocente, nonostante le sentenze dei giudici
di Marisa Fumagalli
Corriere.it, 30 maggio 2022

Va dritto al cuore dell’argomento il titolo di un saggio-inchiesta che scandaglia, con dati e testimonianze, le giovani vite delle vittime e i vizi dei carnefici appartenenti alla società dei religiosi (sacerdoti e parroci, numerosi e “insospettabili”), chiamando direttamente in causa le gerarchie della Chiesa Cattolica Romana. Da un’idea di Lucetta Scaraffia, storica e giornalista, Agnus Dei. Gli abusi sessuali del clero in Italia, Solferino editore, è un rapporto che, senza ricorrere a toni scandalistici, colpisce la sensibilità del lettore, anche il meno sprovveduto. Assieme a Scaraffia hanno lavorato e firmato il volume la storica Anna Foa e la vaticanista del Messaggero, Franca Giansoldati. Ma c’è anche il lavoro di altre due donne, Mariella Balduzzi e Maria Angela Rosignoli. Che hanno collaborato al riordino dell’archivio di riferimento e quindi alla preparazione del materiale, trovato nel sito dell’associazione Rete l’Abuso, fondata da una vittima, Francesco Zanardi.

Cinque anni da incubo in parrocchia

Quand’era ragazzino, per cinque anni egli fu oggetto di attenzioni sessuali da parte di uno dei sacerdoti della parrocchia di un centro del Ponente ligure dove viveva. È Zanardi, infatti, il catalizzatore dell’inquietante casistica citata nell’opera, e in parte raccontata. Si tratta di oltre 320 casi raccolti (dal 2010), di cui 159 riguardano religiosi condannati in via definitiva. I restanti o sono spariti o il giudizio è ancora in corso. «Mariella, Maria Angela ed io siamo tre nonne» sottolinea Lucetta Scaraffia. «Le nonne, si sa, sono le prime a preoccuparsi dei nipoti. Attente e vigili, nel timore che possano incorrere in pericoli». Aggiunge: «Il fatto che all’elaborazione di questo libro abbia partecipato un nucleo tutto femminile è significativo. Sono le donne che hanno spinto per cambiare la legge sullo stupro. Sono le donne che colgono meglio la gravità degli abusi sessuali, vissuti talvolta sulla loro pelle».

«Sono le donne che colgono meglio la gravità dell’abuso sessuale, vissuto talvolta sulla loro pelle. Qualche passo in avanti c’è, ma non basta».

In premessa a quanto viene narrato nelle pagine di Agnus Dei, una constatazione: negli ultimi decenni gli abusi sessuali del clero hanno suscitato clamore in quasi tutti i Paesi cattolici; da qui l’avvio di inchieste indipendenti per misurare l’ampiezza del fenomeno. E ciò in una Chiesa dove l’abuso è ancora considerato una trasgressione del sesto comandamento (“non commettere atti impuri”) senza che il diritto canonico ne consideri l’effetto e soprattutto le conseguenze per le vittime. Vero è che soltanto in Italia e in Spagna le conferenze episcopali si rifiutano di collaborare con possibili inchieste. Si può dire che le autrici di questo libro, che hanno fatto parte della redazione Donna Chiesa Mondo (mensile dell’Osservatore Romano), suppliscono in qualche misura, mettendo il dito nella piaga e portando in evidenza ciò che si vorrebbe eclissare.

I dati forniti da Rete l’Abuso

Lo avevano fatto con alcuni articoli sulla rivista vaticana e ora con Agnus Dei continuano il lavoro di denuncia. Dunque, per la prima volta si cerca di capire la situazione italiana, mettendola a confronto con quella degli altri Paesi. Dall’archivio di Rete l’Abuso, unico in Italia nel suo genere, esce un quadro preoccupante, che, a quanto pare, non scuote abbastanza l’immobilismo della Chiesa. Per restare agli ultimi anni, quali sono state le posizioni dei pontefici, Benedetto e poi Francesco? Qualche passo avanti va registrato, ma non basta. Sul filo degli esempi e delle storie individuali, sconcertanti, di carnefici e vittime, e delle reazioni blande per non dire ipocrite delle gerarchie cattoliche, le autrici auspicano il cambio di rotta. Pena, la credibilità della Chiesa.

Occorre innanzitutto la chiara condanna, oltre a un ripensamento del concetto di sessualità. Di più: la conseguente riconciliazione con le vittime deve passare anche dagli indennizzi finanziari per aiutare le persone a ricostruire la propria integrità.

«In verità, i vescovi non difettano di generosità economica, ma i benefici vanno ai sacerdoti posti sotto accusa dai tribunali laici, sempre che si arrivi al processo».

Nel libro, viene citato Don Giuseppe Rugolo, prete siciliano finito nei guai, e debitamente foraggiato dal vescovo.

«Al giudice che lo interroga, l’alto prelato ammette di aver pagato a Rugolo, con i soldi della curia diocesana, cioè dell’8 per mille, un debito precedente, la parcella dell’avvocato e 20.000 euro per migliorare la sua sopravvivenza a Ferrara, dove era stato trasferito presso il Seminario arcivescovile».

C’è un elemento che accomuna quasi tutte le storie di abuso: le vittime appartengono a ceti sociali inferiori, a famiglie povere e/o disastrate. Ragazzini fragili che dovrebbero trovare nelle parrocchie e negli oratori accoglienza in luoghi sicuri. Succede invece che si ritrovino nella tana del lupo. È proprio il caso di Francesco Zanardi, colui che, squassato da un’esperienza drammatica, è riuscito poi a farne tesoro. Rete l’Abuso, da lui fondata, è diventata, infatti, un punto di riferimento per altre vittime. Dalle vicende riportate in Agnus Dei esce una galleria di molestatori seriali. Prendiamo una storia simbolo, emersa dopo molto tempo. Riguarda l’istituto religioso per sordomuti Antonio Provolo di Verona. Nel 2010, 67 ex ospiti, uomini e donne tra i cinquanta e i sessant’anni di età, rompono il silenzio e accusano numerosi sacerdoti della Congregazione Compagnia di Maria di averli sottoposti a molestie e violenze, quando erano bambini. I fatti risalgono dagli anni ‘50 in poi. Bruno, Guido, Carla, Lina, Giovanna… scrivono con crudezza: «Nella stanza adibita a confessionale della chiesa, alcuni preti approfittavano per farsi masturbare e palpare a loro volta da bambine e ragazze». Ancora: «I rapporti sodomitici avvenivano nel dormitorio, nelle camere dei preti e nei bagni…».

Consapevoli di non poter adire alle vie legali per intervenuta prescrizione dei reati, queste persone, per ottenere giustizia, si appellano alla Chiesa.

«I loro tentativi restano lettera morta».

Il copione, con sfumature diverse, si ripete, pagina dopo pagina. Vogliamo citare il caso di Don Ruggero Conti, estroverso e carismatico sacerdote di Selva Candida, zona periferica della Capitale?

«Grandi doti organizzative, apprezzato dai parrocchiani, ha blandito, irretito, molestato e commesso abusi su numerosi ragazzi che lo amavano come un padre. Per inchiodarlo alle sue responsabilità ci sono voluti anni, fra l’incredulità della gente e la superficialità del vescovo. Che invece di rimuovere il sacerdote sospettato, allontanò dalla parrocchia un collega, considerato il calunniatore. Don Ruggero viene arrestato nel 2008, e condannato nei tre gradi di giudizio fino alla sentenza di Cassazione (2015). Ma la sospensione a divinis scatta soltanto dopo la prima condanna, nel 2011. Fino ad allora nessun provvedimento, neppure a scopo cautelativo, viene preso dall’autorità ecclesiastica. La morte lo coglie nel 2020 a Verbania in una clinica per preti problematici. Alle esequie partecipa una folla commossa di amici e conoscenti che non avevano mai creduto alla sua colpevolezza».

Postscriptum

«Amministrazione allegra quella di Sua Eccellenza [Mons. Rosario Gisana, Vescovo di Piazza Armerina] nella gestione di fondi pubblici e privati. Mi chiedo come mai nessuno provveda alla sua destituzione. Le prove ci sono tutte. Quale credibilità può ancora avere un simile personaggio? Colpevole quanto e forse più dello stesso Rugolo. Povero ragazzo, come avrebbe mai potuto fronteggiare da solo gente così spietata? Per fortuna sul suo cammino ha incontrato un bravo difensore ed una coraggiosa giornalista. Spero abbia giustizia» (Enza Imbusta).

Ripetiamo il nostro Postscriptum (amaro… e non nel senso di digestivo) del 30 aprile 2022: «Il Vescovo di Piazza Armerina che propone i soldi della Caritas a coprire un pedofilo gode stima e onori del Papa regnante (siamo in attesa di smentita). Il Vescovo di Ozieri che usa i soldi della Caritas per dare lavoro a 70 persone è sotto torchio della (in)giustizia vaticana (di questo abbiamo la conferma). Siamo alla pazzia».

Articoli precedenti

Caso Rugolo. La Diocesi di Armerina offrì soldi per il silenzio del denunciante: “Denaro della Caritas proposto dal Vescovo Gisana, rifiutato dalla vittima come immorale e illecita” – 30 aprile 2022
– Domani ad Enna la quarta udienza nel processo a carico di Don Giuseppe Rugolo, arrestato per violenze su minori. Il caso sarà presentato all’ONU dall’Associazione Rete l’Abuso – 26 gennaio 2022
– Diocesi di Piazza Armerina rimane responsabile civile, non ammessa parte civile al processo a carico di Don Rugolo, accusato di abuso sessuale su minori – 25 dicembre 2021
– Caso Rugolo. Il Vescovo Gisana intercettato al telefono con l’imputato: «Ho insabbiato questa storia». La CEI fornisca i dati italiani degli abusi sessuali del clero su minori e adulti vulnerabili – 20 novembre 2021
– Caso Don Rugolo, iniziato il processo penale con l’accusa di violenza sessuale aggravata a danno di minorenni. «Eccellenza questi sono fatti gravi». «Non è scontato che ci si interessi delle vittime» – 13 ottobre 2021
– Gip di Enna ha disposto il giudizio immediato per Don Giuseppe Rugolo, accusato di violenza sessuale aggravata ai danni di minori, ai domiciliari dal 27 aprile – 11 giugno 2021
– Arresti domiciliari per Don Rugolo. Gip Bruno: “Agire caratteristico del pedofilo”. Vescovo Gisana: “Fatti gravi, se accertati”. Presunzione di innocenza. Difesa di minori e persone fragili – 3 maggio 2021
– Petizione di “Solidarietà al Vescovo Gisana”. “L’ipocrisia di una Chiesa che, ad Enna, crolla a pezzi”. Chi sta accanto alle vittime si appella a Papa Francesco di intervenire – 5 maggio 2021

Free Webcam Girls
151.11.48.50