Silere non possum: c’è libertà di stampa nello Stato della Città del Vaticano? Il Promotore di Giustizia vaticano tenta di intimidire chi parla ai giornalisti. Il Papa resta a guardare o chiede tutto questo?

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Condividiamo di seguito un articolo da Silere non possum [QUI], che parla ancora una volta della violazione dei diritti umani fondamentali nello Stato della Città del Vaticano, in particolare la libertà di stampa: «Ciò che è emerso sin dal primo momento è che l’operato del Promotore di Giustizia è contrario alla normativa procedural penale e, anche nel dibattimento, il metodo utilizzato per interrogare gli imputati è più volto ad ottenere materiale da fornire a L’Espresso, piuttosto che a fare Verità. (…) In tutto questo bisogna domandarsi cosa sta facendo il Papa? Resta a guardare il suo Promotore di Giustizia aggiunto fare ciò che vuole? Oppure è proprio lui che gli chiede questo?».

Che immensa topica! Una figuraccia globale, planetaria proprio. Immaginiamo gli ispettori Moneyval, che leggono certi sviluppi e che subito prendono appunti per il prossimo report.

Il Promotore di Giustizia aggiunto vaticano, Prof. Avv. Alessandro Diddi.

Il processo penale a carico di Enrico Crasso, il Cardinale Becciu ed altri, in Vaticano sta diventando il teatro di violazioni dei diritti umani fondamentali. Lo abbiamo sottolineato in più occasioni, anche quando il Tribunale ha deciso di non chiedere più la documentazione necessaria per avviare il procedimento garantendo il diritto di difesa agli imputati. Ciò che è emerso sin dal primo momento è che l’operato del Promotore di Giustizia è contrario alla normativa procedural penale e, anche nel dibattimento, il metodo utilizzato per interrogare gli imputati è più volto ad ottenere materiale da fornire a L’Espresso, piuttosto che a fare Verità.
Del resto ci siamo resi conto anche con le ultime udienze che l’attenzione mediatica è subito venuta meno dopo che in aula è entrato il Cardinale Giovanni Angelo Becciu. Il capro espiatorio è stato pubblicamente punito così da far comprendere a tutti quale fine potrebbero fare se facessero le stesse cose. Un metodo fascista che ancora abita i cuori di molti giustizialisti.

Ciò che dovrebbe mettere in serio imbarazzo la Segreteria di Stato ed anche Santa Marta è la metodologia utilizzata da Alessandro Diddi, il quale, se non si fosse ancora capito, non ha alcun titolo per ricoprire quell’incarico, non avendo compiuto alcuno studio relativo al diritto canonico o vaticano. Le enormi lacune che questo procedimento ha sono tutte dovute a lui che ha, dapprima condotto delle indagini a dir poco imbarazzanti, e successivamente sta procedendo nel dibattimento come se questo processo fosse una sua sfida personale. Si parla di battutine, frecciatine, addirittura arroganza verso le difese ed illazioni sui silenzi degli imputati. Eppure l’avvocato romano è un professore di diritto nella Repubblica Italiana, dovrebbe conoscere quali sono i diritti fondamentali dell’imputato nel procedimento penale. Il Promotore di Giustizia, nello Stato della Città del Vaticano, rappresenta la pubblica accusa ed agisce a tutela di principi fondamentali nello Stato del Papa. Sono necessarie, quindi, professionalità e anche grande conoscenza di sé…contegno almeno.

Gravissimi abusi

Durante l’udienza che si è svolta il 18 maggio 2022 [QUI], si è svolto un siparietto che è emblematico e ci racconta quali sono i fini di questo procedimento penale. Grazie a Vittorio Feltri si è parlato, su Libero, della domanda che Alessandro Diddi ha posto al Cardinale in merito alla sua presunta conoscenza del giornalista Renato Farina [Processo vaticano a Becciu: per i Promotori di (in)giustizia vaticani il reato del Cardinale è parlare con i media. Oggi la sedicesima udienza – 19 maggio 2022]. Come se conoscere un giornalista fosse un problema. Forse Diddi è così estraneo a questo Stato che non è a conoscenza dei contatti che il Sostituto della Segreteria di Stato deve avere? Eppure nessuno ha mai chiesto a Diddi se lui conosce Marco Damilano. Sarebbe stata una bella domanda da rivolgere al Promotore durante l’interrogatorio.

Ciò che però non è stato raccontato è lo sketch (tuttaltro che leggero) precedente. Difatti la domanda in merito al giornalista Farina ha trovato l’opposizione del Tribunale ma solo dopo che Alessandro Diddi ha inscenato un vero e proprio abuso in aula.

Si tratta delle domande rivolte al Cardinale Angelo Becciu in merito all’articolo apparso su Il Messaggero a firma di Franca Giansoldati.

Alessandro Diddi chiede a Becciu: senta, lei è al corrente, ha mai letto un articolo della Signora Giansoldati che riguardava le stesse vicende del 12 dicembre del 20197 “Scandalo immobile a Londra si complica dopo la perquisizione a Monsignor Perlasca”?

Ed inizia a chiedere conto all’ex Sostituto di un qualcosa che non ha attinenza alcuna con i capi di imputazione contestati al porporato. La difesa ha più volte fatto opposizione, in quanto il codice di rito vieta espressamente tutte le domande che non sono attinenti, ma il presidente Pignatone ha ammesso tutte le domande che non avevano altro fine che far comprendere ai presenti che in Vaticano l’Ufficio del Promotore di Giustizia ha il potere di mettere il naso dappertutto. Ma questo metodo di condurre l’interrogatorio è assolutamente contra legem e viola fortemente i diritti stessi del giornalista.

La vicenda

La giornalista Franca Giansoldati era stata contattata da Mons. Alberto Perlasca, su consiglio del Cardinale Angelo Becciu, per poter rilasciare una intervista da far pubblicare sul giornale Il Messaggero. Come ha spiegato il Cardinale nel suo interrogatorio [QUI], infatti, il Perlasca stava vivendo un momento particolarmente difficile e aveva addirittura riferito di volersi suicidare. Il Cardinale aveva informato anche la Gendarmeria e le persone vicine al monsignore per poterlo aiutare ma a seguito della perquisizione Perlasca era andato in crisi. L’idea era quindi quella di rilasciare una intervista dove raccontare la sua versione dei fatti. Ma perché Alessandro Diddi ci tiene a parlarne in aula? La volontà è chiara, ovvero rendere noto a tutti che in Vaticano il giornalista non è libero neppure di parlare con le persone, cercare notizie e fare le sue indagini, in quanto deve essere consapevole che il Promotore di Giustizia leggerà tutto. Sicuramente, infatti, ci sarà un Rescriptum ad personam che legittimerà quelle attività. Questo siparietto in aula è stato davvero imbarazzante e di una gravità inaudita. Peraltro dall’articolo di Giansoldati non emerge neppure la fonte proprio, perché poi il Perlasca chiese alla giornalista di scrivere ma non sotto forma di intervista. Tutti i principi di riservatezza che dovrebbero essere garantiti a tutela del lavoro del giornalista vengono meno. L’invito che vuole passare è chiaramente quello di non parlare con nessuno perché tanto la propria riservatezza non sarà garantita e quindi sarà facile “scoprire” la talpa. Un salto nella Turchia di Recep Tayyip Erdoğan sarebbe un getto d’aria fresca.

E i giornali come Avvenire, Osservatore Romano? Non hanno nulla da dire in merito? Come mai nessuno di questi quotidiani riporta queste notizie? Nessuno si scandalizza per il trattamento che è stato riservato alla collega Giansoldati?

Soddisfatto del risultato ottenuto, Alessandro Diddi ha poi tentato di tirare nel tritacarne anche Renato Farina e ha iniziato a rivolgere domande anche in merito a questa presunta conoscenza fra il giornalista e il Cardinale. Solo in quel momento allora, dopo l’ennesima opposizione della difesa Becciu, per fortuna Pignatone ha pronunciato le tanto attese parole: “La domanda non è ammessa”. È chiaro però che, il risultato comunque è stato ottenuto in quanto la volontà era far sapere a tutti che ciò che il Perlasca aveva sul computer e sul cellulare era noto al Promotore. Ma quella domanda non doveva neppure essere fatta e avrebbe dovuto far infuriare il Presidente del Tribunale, perché come ha sottolineato Vittorio Feltri, “che un cardinale conosca un giornalista e magari cerchi di parlargli non è ancora un reato” [Processo vaticano a Becciu: per i Promotori di (in)giustizia vaticani il reato del Cardinale è parlare con i media. Oggi la sedicesima udienza – 19 maggio 2022].

È necessario però sottolineare come oltre Tevere non vi sia tutta questa libertà nel parlare e riferire di quanto avviene all’interno. Il giornalista in primo luogo trova l’ostacolo del direttore o dell’editore che lo scoraggia nell’andare contro al “sistema vaticano” perché ovviamente poi “le casse languono” ma vi è anche la annosa questione dell’accreditamento in Sala Stampa che ovviamente verrebbe meno se si osasse a ledere la maestà di Sua Santità. Eppure, solo nove anni fa c’era chi al Papa diceva addirittura “pastore tedesco”.

Il Presidente del Tribunale vaticano al Promotore di Giustizia aggiunto Diddi: “Basta, non ha la parola, stia zitto, questa volta”.

La protervia del Promotore Diddi è arrivata ai massimi livelli quando ha iniziato a “ribattere” alle risposte di Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Angelo Becciu. Per non parlare poi dell’arroganza contro gli avvocati del porporato che hanno semplicemente fatto emergere come quest’uomo si muova, all’interno del procedimento, senza seguire un minimo di regole procedurali.
In tutto questo bisogna domandarsi cosa sta facendo il Papa? Resta a guardare il suo Promotore di Giustizia aggiunto fare ciò che vuole? Oppure è proprio lui che gli chiede questo?
R.I.
Silere non possum

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