3 giugno. Memoria di San Carlo Lwanga e compagni, martiri per non aver accondisceso ai desideri omosessuali del Re di Buganda. Festa della Madonna della Lettera. Nel 1963 muore San Giovanni XXIII

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Oggi, 3 giugno 2022 la Chiesa celebra la memoria dell’eroico dei Santi Carlo Lwanga e 12 compagni, martiri ugandesi, tra i quattordici e i trent’anni di età, che vennero uccisi in maniera atroce nel 1886 a Namugongo in Uganda. Furono martirizzati non tanto perché cristiani ma perché il rifiutarono, in quanto cristiani, di accondiscendere ai desideri omosessuali del Re di Buganda, Mwanga II. “Non vedo l’ora per una riflessione da James Martin, S.I., sul eroico San Carlo Lwanga e compagni che hanno scelto il martirio invece del sesso gay con il Re predatore Mwanga II” (Patrick Tobin).

Carlo Lwanga era il Capo delle guardie del corpo reali del giovane re di Buganda che, pur avendo frequentato la scuola dei Padri Bianchi, non era riuscito ad imparare né a leggere né a scrivere, perché “testardo, indocile e incapace di concentrazione”. Certi suoi atteggiamenti fanno dubitare che sia stato nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. Da mercanti bianchi venuti dal nord, aveva imparato quanto di peggio questi abitualmente facevano: fumare hascisc, bere alcool in gran quantità e abbandonarsi a pratiche omosessuali. Per queste ultime, il Re Mwanga II si era costruito un fornitissimo harem costituito da paggi, servi e figli dei nobili della sua corte.

Sostenuto all’inizio del suo regno dai cristiani (cattolici e anglicani) che fanno insieme a lui fronte comune contro la tirannia del Re musulmano Kalema, ben presto Re Mwanga II vede nel cristianesimo il maggior pericolo per le tradizioni tribali ed il maggior ostacolo per le sue dissolutezze. A sobillarlo contro i cristiani sono soprattutto gli stregoni e i feticisti, che vedono compromesso il loro ruolo ed il loro potere.

San Carlo Lwanga (in alto al centro, davanti ai due missionari europei) e i suoi compagni, 12 dei quali sarebbero stati martirizzati con lui otto mesi dopo, posano per una foto di gruppo nell’ottobre 1885.

Quando i re omosessuali bruciavano i cristiani
Rino Cammilleri
La Nuova Bussola Quotidiana, 5 dicembre 2015


Quei martiri ugandesi non furono tanto uccisi perché Cristiani bensì perché, in quanto Cristiani, si rifiutavano di accondiscendere alle voglie lubriche del loro Re Mwanga II. Erano tutti maschi e pure il re, perciò si trattava di voglie omosessuali. Ciò, certo, suona strano alle orecchie di chi è uso lagnarsi continuamente delle «violenze e discriminazioni contro la comunità gay» (citiamo ancora il Guardian), ma nel 1885-1887 (epoca del martirio) le cose stavano in modo esattamente contrario. I martiri ugandesi erano paggi e guardie del corpo reali, tutti di età compresa tra i quattordici e i trenta anni. Erano stati battezzati dai Padri Bianchi, missionari francesi fondati dal Cardinale Charles Lavigerie, ed erano tutti giovani e tra i più belli e prestanti del regno dei Buganda. Il primo a rimetterci la testa, nel 1885, fu Joseph Mkasa Balikuddembé, Prefetto della sala del re. Quando quest’ultimo cercò di allungare le mani sui paggetti di corte, lui si oppose e fu subito decapitato. Aveva venticinque anni.

L’anno seguente toccò a Charles Lwanga, Capo delle guardie del corpo reali. Il re Mwanga II aveva un concetto molto particolare dei compiti delle sue guardie “del corpo”, e forse accontentarlo era cosa normale per i suoi sudditi, dal momento che in un sistema tribale di quei tempi e quei luoghi tutto, anche le vite e i corpi, erano a totale disposizione del re. Ma con i Cristiani la musica cambiava. Fu per questo che Charles Lwanga e altri dodici giovani finirono arsi a fuoco lento sulla collina di Namugongo. Parecchi altri li seguirono, alcuni dei quali erano stati battezzati da missionari anglicani (il celebre esploratore inglese Stanley aveva scoperto il popolo dei Buganda dieci anni prima e si era proposto di farli evangelizzare). Vennero trascinati in catene e torturati per la via, allo scopo di dare un «esempio» a tutti gli altri. Qualcuno morì per strada sotto i colpi delle zagaglie, gli altri finirono al rogo.

Il Cristiano riconosce la dignità personale di ciascun uomo

Come si è detto, i capitribù africani di quel tempo erano da sempre abituati a considerare di loro assoluta proprietà le vite, i beni e pure i corpi dei sudditi, cosa che ai sudditi andava benissimo dal momento che si era sempre fatto così (ancora oggi, in certi “regni” africani, quando il “re” decide di impalmare l’ennesima moglie migliaia di vergini si accalcano ai suoi piedi con la speranza di essere scelte). Ora, il cristianesimo è, sì, una religione, ma ha l’effetto collaterale di dare dignità personale. Per Mwanga quei “preganti” (così erano chiamati i Cristiani dagli animisti locali) che osavano ribellarsi ai suoi voleri erano solo dei sovversivi, punto e basta. A un paggio che aveva osato tardare al suo richiamo fece mozzare le orecchie.

Poi, saputo che anche una delle sue innumerevoli figlie si era fatta battezzare, si scatenò e, presa una lancia dalla punta avvelenata, cominciò a ferire di sua mano tutti i Cristiani della corte, consegnandoli a una morte lenta e atroce. Il resto lo abbiamo detto. Gli Ugandesi che affollano il santuario di Namugongo conoscono bene questa storia.

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Gli insidiosi attacchi contro la famiglia nella moderna civiltà edonistica. Parole di San Giovanni Paolo II (1994) e del Cardinale Ratzinger (2003) – 24 ottobre 2020

Festa della Madonna della Lettera

Oggi, venerdì 3 giugno 2022 è la festa della Madonna della Lettera, che è venerata particolarmente in Sicilia e in Calabria, come santa patrona di Messina, Palmi, Finale e Pannaconi.

Secondo la tradizione, San Paolo, giunto a Messina per predicare il Vangelo, trovò la popolazione ben disposta a lasciarsi convertire: ben presto molti cittadini aderirono all’invito convertendosi al Cristianesimo, e nel 42, quando Paolo si accingeva a tornare in Palestina, alcuni messinesi chiesero di accompagnarlo per poter conoscere la Madonna di persona. Così una delegazione di Messinesi si recò in Palestina con lettera, nella quale i molti concittadini convertiti alla fede di Cristo professavano la loro fede e chiedevano la protezione di Maria.

Maria li accolse e in risposta inviò indietro una sua lettera, scritta in ebraico, arrotolata e legata con una ciocca dei suoi capelli. La delegazione tornò a Messina l’8 settembre 42 recando l’importante missiva. In essa Maria lodava la loro fede, diceva di gradire la loro devozione ed assicurava loro la sua perpetua protezione. La ciocca di capelli è custodita presso il Duomo di Messina ed esposta nel giorno del Corpus Domini. È incastonata nell’albero di un piccolo galeone costruito in argento.

La frase Vos et ipsam Civitatem benedicimus (Benediciamo voi e la vostra Città) è oggi scritta a caratteri cubitali è riportata alla base della stele votiva situata nel porto di Messina dal 1934 e salutata con grande devozione anche da Papa Giovanni Paolo II nel giugno del 1988 in occasione della sua Visita Pastorale. Lo stesso giorno in cui fu inaugurato consacrato, attraverso uno speciale impianto radio ad onde ultracorte, messo a punto da Guglielmo Marconi, il monumento fu illuminato e benedetto da Papa Pio XI, in collegamento da Castelgandolfo.

Nel 1647 Suor Maria Roccaforte, monaca benedettina di Bivona e nota per le sue rivelazioni confessate al suo padre spirituale su Santa Rosalia QUI], ebbe delle visioni della Vergine Maria e dell’Angelo Custode che le confermarono l’autenticità della Lettera. Il culto della Madonna della Lettera si affermò nel 1716, quando il monaco Gregorio Arena tradusse la lettera di Maria e da allora la città di Messina celebra la festa il 3 giugno, con una affollata processione del fercolo con la statua in argento della Madonna della Lettera, realizzata da Lio Gangeri nel 1902.

Più volte nel corso della Storia i Messinesi si rivolsero alla Madonna perché li sostenesse nei patimenti. alla fine del XIII sec, durante il doloroso assedio che seguì l’insurrezione contro i Francesi ricordata col nome di Vespri Siciliani e in occasione delle ricorrenti epidemie di peste, come quella devastante del 1743. La Vergine mai fece mancare il suo aiuto miracoloso.

Tantissimi sono i fedeli che attendono con trepidante emozione l’appuntamento alle ore 18.30 di oggi, 3 giugno 2022 a Messina, quando, dopo la pandemia, tornerà a sfilare la processione dell’antico fercolo e del reliquiario del Capello. L’edizione di quest’anno sarà contraddistinta da un’importante novità. La compagnia di traghettamento Caronte&Tourist, come avviene per la giornata del Ferragosto e per la processione della Vara, offrirà alla città uno spettacolo pirotecnico che oggi sarà eseguito dai giardini di Montalto con inizio alle ore 22.00. Lo spettacolo sarà curato dal maestro pirotecnico Giovanni Arigò.

La statua della Madonna della Lettera davanti alla Cattedrale di Messina.

Preghiera alla Madonna della Lettera

O Vergine Maria, donna della luce e della vita, dolcissima Madre, o Madonna della Lettera, siamo davanti a te quali figli devoti in contemplazione del tuo Figlio, Gesù, che tieni teneramente tra le braccia.
Facci innamorare di Cristo, poni nel nostro cuore un ardente e insaziabile desiderio di conoscere, di amare e di servire Gesù, Salvatore e Signore della nostra vita.
Ottienici la grazia di una vita santa, spesa interamente per Dio e per i fratelli.
Nel segno della nuova evangelizzazione noi vogliamo, o Madre della Lettera, portare a tutti l’annuncio del Vangelo. unica verità che libera. che promuove umanità, che dà senso alla vita.
Guarda, o Maria, questa Città e questa Diocesi: il tuo sguardo d’amore e di benevolenza ci ottenga dal tuo Gesù la grazia di una santità diffusa, di un impegno proficuo per un sano ed equilibrato sviluppo socio-economico, per una politica al servizio dell’uomo e del territorio, per una progettualità ecclesiale di comunione effettiva ed affettiva.
Donaci. o Vergine Madre della Lettera, il tuo Spirito di fede, la forza della tua speranza senza smagliature, la carica spirituale della tua fervida e operosa carità per essere qui ed oggi epifania di Cristo, testimonianza credibile del Vangelo.
Sciolgo, oggi, nella preghiera e nel proposito di servire la causa del Vangelo, il mio debito di ringraziamento per gli anni splendidi vissuti in questa Santa Chiesa di Messina sotto il tuo vigile, materno sguardo, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria, cara, dolcissima Madonna della Lettera.

Il 3 giugno 1963 muore San Giovanni XXIII

Nel primo pomeriggio del 3 giugno 1963, la febbre di Papa Giovanni XIII, che era già gravemente malato, raggiunse i 42 gradi, portandolo, qualche ora dopo, alla morte. Aveva poco più di 81 anni. “Perché piangere? È un momento di gioia questo, un momento di gloria”, sono state le sue ultime parole, rivolte al segretario, mons. Loris Francesco Capovilla. La Radio vaticana, pochi minuti dal decesso, trasmise questo comunicato: «Con l’animo profondamente commosso diamo il seguente annuncio: ‘Il Sommo Pontefice Giovanni XXIII è morto. Il Papa della bontà è spirato, oggi, religiosamente e serenamente, dopo aver ricevuto i Sacramenti di Santa Romana Chiesa nel suo appartamento del Palazzo Apostolico vaticano, assistito premurosamente dai collaboratori più intimi e dai medici curanti. Il morbo inesorabile, che si era aggravato negli ultimi mesi e che tuttavia non aveva impedito, al Vicario di Cristo, di espletare con indomita volontà e pastorale zelo, gli ardui compiti del suo alto officio, ha stroncato la sua forte fibra».

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