La Santa Sede avrà da dire qualcosa a tutela della libertà religiosa davanti all’attacco dell’Unione Europea al Patriarca Kirill?

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L’Unione Europea è probabilmente una delle prime istituzioni internazionali al mondo che si è spinta nel terreno della vergogna per ciò che riguarda le sanzioni. Brussel è arrivata a voler includere il Patriarca di Mosca e Tutta la Russia, Sua Santità Kirill, nella lista delle persone sanzionati dall’UE. L’aggressione alla Russia si sta spostando quindi dal piano statale a quello spirituale, mettendo nel mirino la figura ecclesiastica più importante del Paese. Questo attacco alla religione si è verificato solamente nei confronti del cristianesimo, perché Brussel non ha mai osato sfiorare nemmeno con un dito i leader islamici che si sono schierati apertamente con l’ISIS. C’è comunque un leader politico europeo che ha detto no a questa infamia: il Primo Ministro dell’Ungheria, Victor Orbán. L’uomo che viene definito come una “minaccia” allo stato di diritto da Brussel è l’uomo che in realtà che più di ogni altro sta lottando per preservare i valori cristiani che rappresentano la vera identità dell’Europa.

Riportiamo dal Faro di Roma [QUI] un corsivo del Direttore sulla possibile inclusione del Patriarca Kirill nella lista delle personalità soggette a sanzioni per la guerra in Ucraina, a seguito della risposta ad una domanda di Josep Borrell, Alto Rappresentante della politica estera dell’Unione Europea al suo arrivo al Consiglio Europeo: “Penso di sì. Una settimana fa avrei detto sì”.

Borrell ha dunque confermato che l’Unione Europea ha deciso di introdurre delle sanzioni contro il Patriarca della Chiesa Ortodossa Russa come aveva annunciato il 4 maggio il Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, a proposito del sesto pacchetto che contiene anche l’embargo tra otto mesi per il petrolio russo.

Kirill per la UE sarebbe colpevole di aver invocato nella sua omelia del 25 aprile, il lunedì successivo alla Pasqua ortodossa, il Signore a “custodire il nostro esercito, le nostre autorità e tutti coloro da cui oggi dipende soprattutto la difesa della nostra Patria”. Brussel invece di rispettare la legittima libertà della seconda Chiesa cristiana del mondo, per numero di fedeli, vuole spingerla verso uno scisma approfittando dei suoi conflitti interni, ovvero della lettera di condanna e dell’appello alla pace di 233 sacerdoti e diaconi russi e dell’appello di 400 preti ucraini sotto la giurisdizione del Patriarcato di Mosca, che hanno scritto al Consiglio dei Primati delle Chiese Antiche Orientali contestando Kirill.

Inoltre la UE ha fatto circolare un report risalente al 2006 pubblicato nel 2020 da Forbes, per il quale il Patriarca di Mosca e di Tutta la Russia avrebbe un patrimonio personale di 4 miliardi di dollari, stima priva in realtà di fondamento ma basata su presunte entrate che godono in Russia di esenzioni fiscali in particolare sulla birra e le manifatture del tabacco.

Il primo a chiedere le sanzioni per il Patriarca, lo scorso 24 aprile, era stato il Ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, suscitando l’immediata replica del Patriarcato che aveva definito “un non senso imporre sanzioni su leader religiosi, [qualcosa che] è contrario al senso comune”.

Nell’intervista concessa il 3 maggio al Corriere della Sera, Papa Francesco ha rivelato di aver detto al Patriarca che “noi non siamo chierici di Stato, non possiamo utilizzare il linguaggio della politica, ma quello di Gesù. Siamo pastori dello stesso santo popolo di Dio. Per questo dobbiamo cercare vie di pace, far cessare il fuoco delle armi. Il Patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin”. Un monito sull’indipendenza della Chiesa e non certo un rimprovero, come è evidente.

“Secondo la bozza preparata dalla von der Leyen, il Patriarca Kirill – commenta il vaticanista Marco Politi – viene considerato responsabile del sostegno o dell’attuazione di ‘azioni o politiche che minano o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina’ nonché la sua stabilità e sicurezza. Se non si coglie il ridicolo di questo linguaggio pomposo, vuol dire che si sta scivolando inesorabilmente verso l’isteria da guerra fredda. Come se – ricorda Politi – la storia europea e universale non fosse costellata nei secoli dei secoli da sacerdoti, monaci, gran gerarchi religiosi e cappellani militari che hanno invocato costantemente il Dio degli eserciti e della vittoria, benedetto ogni tipo di armi e cantato solenni Te Deum dopo sanguinose battaglie”.

S.I.
Faro di Roma

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