Il consulente finanziario Crasso: “Mai avuto mandato per prelevare un centesimo da fondi della Segreteria di Stato”. “Andare a Londra il più grande errore della mia vita”

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Oggi, 30 maggio 2022 si è svolta nell’aula bunker nello Stato della Città del Vaticano la diciottesima udienza del processo penale sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, interamente dedicato all’interrogatorio del consulente finanziario della Segreteria di Stato, Enrico Crasso.

Crasso tra altro ha spiegato ciò che dovrebbe essere ovvio. Il Fondo di investimento Centurion, come tutti i fondi, era un soggetto giuridico distinto e autonomo rispetto alla Segreteria di Stato, che aveva solo sottoscritto delle quote del Fondo di investimento Centurion. Il Fondo non doveva chiedere alcuna autorizzazione al sottoscrittore delle quote per le operazioni da compiere, come del resto accade in tutti i fondi di investimento. È quindi completamente errato contestare – come ha fatto il Promotore di Giustizia Aggiunto vaticano Diddi – “faceva acquistare dalla Segreteria di Stato”, perché la Segreteria di Stato non ha acquistato nulla. L’unico interesse del sottoscrittore delle quote di qualunque fondo di investimento è il rendimento del fondo stesso. In concreto, risulta dalla stessa richiesta di citazione (a pagina 412), che la Segreteria di Stato ha investito 65 milioni di euro nel 2017/18 e – secondo lo stesso PdGA Diddi – il valore delle quote sottoscritte dalla Segreteria di Stato era di oltre 70 milioni di euro al 29 gennaio 2020. Quindi la Segreteria di Stato ha guadagnato circa cinque milioni di euro in appena un paio di anni. E questo sarebbe una truffa?

Per non far dimenticare, che questo è il processo contro il Cardinal Becciu, per tenerlo fuori dal prossimo Conclave (chi vivrà, vedrà…), l’aggregatore para-vaticano Il Sismografo questo pomeriggio ha ricordato – in un corsivo “a cura Redazione” [QUI], da leggere con molta attenzione – che «il Cardinale Giovanni Angelo Becciu compie 74 anni il 2 giugno. Porporato elettore sotto processo per ora senza diritti e prerogative»: «(…) È il secondo compleanno che il porporato celebra dopo che Papa Francesco, il 24 settembre 2020, fece annunciare di aver “accettato la rinuncia dalla carica di Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e dai diritti connessi al Cardinalato presentata da Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Angelo Becciu”. Ora, da mesi, il cardinale è sotto processo, imputato per diversi reati e poco tempo fa ha potuto rispondere a moltissime domande dei giudici vaticani e dunque a difendersi, cosa che non gli era stato permesso prima. Per lunghi mesi, una potente macchina mediatica – che da tempo tace – teleguidata anche dall’interno del Vaticano, con una entusiasta collaborazione di non pochi cosiddetti vaticanisti, ha provato a montare l’iconografia del mostro. (…)».

«El cardenal Giovanni Angelo Becciu cumple 74 años el 2 de junio. Cardenal elector a juicio por ahora sin derechos ni prerrogativas [todavía en edad de votar y ser votado]. Es el segundo cumpleaños que el cardenal celebra después de que el Papa Francisco, el 24 de septiembre de 2020, anunciara que había “aceptado la renuncia al cargo de Prefecto de la Congregación para las Causas de los Santos y de los derechos relacionados con el Cardenalato presentada por Su Eminencia cardenal Giovanni Angelo Becciu”. Ahora, desde hace meses, el cardenal está siendo juzgado, acusado de varios delitos y recientemente pudo responder a muchas preguntas de los jueces vaticanos y por tanto defenderse, algo que antes no se le había permitido. Durante muchos meses, una poderosa máquina mediática -que ha estado en silencio durante algún tiempo- también controlada a distancia desde dentro del Vaticano, con la colaboración entusiasta de muchos llamados vaticanistas, trató de ensamblar la iconografía del monstruo».

Riportiamo di seguito gli articoli da Vatican News e Silere non possum, sulla diciottesima udienza di oggi.

Crasso: un errore entrare nell’affare di Londra che non mi riguardava.
Diciottesima udienza del processo vaticano per presunti illeciti con i fondi della Santa Sede. Interrogato per circa sette ore il consulente finanziario della Segreteria di Stato: “Sono stato vilipeso e offeso, anche agli occhi del Papa. Mai avuto mandato di prelevare un centesimo del Dicastero”. In una lettera, il sostituto Peña Parra gli chiese di non procedere ad altri investimenti
di Salvatore Cernuzio
Vatican News, 30 maggio 2022


Si è parlato di fondi con cifre milionarie, di immobili di altissimo valore, di bond, investimenti, banche, società estere, lungo tutta la diciottesima udienza nell’Aula polifunzionale dei Musei vaticani per il processo per presunti illeciti con i fondi della Santa Sede. Dalle 9.40 alle 17.15 è stato interrogato Enrico Crasso, consulente finanziario della Segreteria di Stato dal 1993. “Anche se non ho mai avuto un incarico specifico”, ha chiarito, rivendicando gli utili della sua gestione dei fondi della Santa Sede in 26 anni: “Guardate i profitti, non ho fatto perdere soldi. Avete i dati a bilancio e potete vedere i redditi che ho prodotto”.

“Mai avuto mandato di prelevare un centesimo della Segreteria di Stato”

Rinviato a giudizio per truffa, corruzione, estorsione, peculato, abuso d’ufficio, riciclaggio, autoriciclaggio,  falso in atto pubblico e scrittura privata (gran parte dei reati in concorso con il broker Gianluigi Torzi), Crasso ha rifiutato ogni accusa, lasciando anzi intendere di essere finito in mezzo a vicende che né lo riguardavano, né erano di sua competenza. “Non ho mai avuto mandato di prelevare un centesimo della Segreteria di Stato”, ha affermato, specificando che il suo ruolo era quello di “gestore” di acquisti e quote fondi – “e non speculazioni” – quando la Segreteria di Stato decideva di investire per conto di Credit Suisse, banca di riferimento del Dicastero della quale lui è stato a lungo area manager. “Dal 1993 al 2014 non ho mai fatto nessun tipo di finanziamento, mai! L’unica cosa che ho fatto è stato mettere la cravatta in rispetto delle istituzioni”. Più volte Crasso ha ripetuto di essere stato “vilipeso e offeso”: “Alcune persone che hanno interloquito con il Papa hanno fatto di tutto per mettermi in cattiva luce”.

La lettera di Peña Parra

Con linguaggio tecnico, Crasso ha risposto ad ogni domanda del Promotore di Giustizia aggiunto Alessandro Diddi, ma soprattutto a quelle più numerose delle parti civili. Gli è stato chiesto conto di una lettera ricevuta l’11 novembre 2019 dal Sostituto, Monsignor Edgar Peña Parra, che chiedeva di “liquidare al meglio e con diligenza” gli asset della Segreteria di Stato da lui gestiti e di “non procedere ad altri investimenti” tramite il Fondo Centurion di cui era titolare. “Una lettera di questo genere crea danni incommensurabili alla Santa Sede”, rispose Crasso chiedendo udienza al Sostituto, ottenuta il 16 novembre: “Peña Parra concordò di non limitare le gestioni”. Alla lettera “non fu più dato corso”; in ogni caso “dal 16 novembre – ha detto – non ho più messo piede in Vaticano”.

Investimenti

Dopo la missiva del Sostituto furono però effettuati investimenti, ad esempio in un palazzo di via Gregorio VII, a pochi passi da San Pietro, del valore di 1 milione e 300 mila euro. Era un investimento solo “deliberato” ma effettuato anni prima, ha spiegato l’imputato, elencando una serie di azioni come quella dell’acquisto della Santa Sede di un edificio “strepitoso” all’estero che Peña Parra gli impedì di rivendere a 33 milioni di euro: “Con quello la Segreteria di Stato sta guadagnando tanti soldi”.

Il pozzo di petrolio e il palazzo di Londra

Ampio spazio nell’interrogatorio – oltre all’affare mancato per il pozzo di petrolio in Angola, che Crasso ha detto di aver bloccato evidenziandone le scarse garanzie – è stato occupato dalla vicenda della compravendita del palazzo di Londra, di cui seguì diversi momenti delle trattative fino a quando Monsignor Peña Parra gli chiese di “farsi da parte”. “Crasso non ha avuto alcun ruolo di alcun genere nell’operazione di acquisto dell’immobile sito a Londra”, si legge nella memoria di 130 pagine prodotta dalla difesa.

Il ruolo nell’affare Sloane Avenue

Crasso stesso ha spiegato in aula che non era di sua competenza “dire se l’investimento di Londra fosse o meno un investimento a rischio. Non sapevo nulla dell’ipoteca di 75 milioni di euro. Nella vicenda di Londra ci sono finito per caso”. Il suo ruolo si limitava a verificare l’attività di un conto di 9 milioni di sterline nel quale confluivano i contratti degli affittuari del palazzo. In virtù di questo incarico si recò il 20 novembre 2018 a Londra con l’ex funzionario dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, Fabrizio Tirabassi (imputato). “Grave errore della mia vita, dovevo rimanerne fuori!”, ha affermato rievocando quei tre giorni di riunioni in cui furono definiti i contratti con il manager Raffaele Mincione (imputato) e stabilito un sovrapprezzo al costo dell’immobile di 40 milioni di sterline da versare allo studio Herbert Smith Freehils, il quale – recita sempre la memoria – “è il soggetto che ha tratto i maggiori guadagni economici dall’operazione”. Il bonifico fu effettuato “sul filo di lana” da un conto della Segreteria di Stato, il 29 novembre 2018, “ultimo giorno utile”.

Nessun contatto con Torzi

La cosa che più di ogni altra Crasso ci ha tenuto a ribadire è di non aver mai avuto contatti stretti con Torzi. L’accusa del Promotore di Giustizia è che invece il finanziere, insieme a Tirabassi e l’avvocato Nicola Squillace (imputato), avessero architettato la creazione delle mille azioni per mantenere il controllo dell’immobile di Londra e così ricattare la Segreteria di Stato, lasciando a Torzi il potere di chiedere prestiti, mutui o vendere il palazzo a un prezzo ancora più basso. “Mi trovo coinvolto in questo capo di imputazione per un signore conosciuto 20 giorni!”, ha esclamato Crasso, alzando di tanto la voce come in tutto l’interrogatorio, durante il quale ha anche esclamato: “Maledizione a quel giorno!”.

La riunione nell’Hotel Bvlgari

Crasso dice di aver conosciuto Torzi il 14 novembre 2018 in un bar di via Margutta, strada centrale di Roma, dove Tirabassi lo aveva invitato “per un caffè” insieme all’avvocato Manuele Intendente e il broker. Il tema di Sloane Avenue fu tirato fuori “all’improvviso”, mentre si parlava d’altro. In una riunione all’Hotel Bvlgari di Milano, organizzata nel dicembre 2018 per fare “un tentativo di conciliazione” con Torzi, Tirabassi disse al broker: “Enrico è una persona che mi conosce da tanto tempo, ha lavorato con me e con te”. Lo si sente nella registrazione che lo stesso Crasso fece di nascosto durante la riunione. La trascrizione è agli atti. “Questa frase non l’ho mai sentita, forse è un errore di trascrizione. Ribadisco: Torzi l’ho conosciuto a novembre 2018”, ha detto Crasso. Sulla registrazione ha spiegato: “Mi spiace di aver registrato la conversazione all’insaputa dell’altro, ma mi dissero di fare attenzione perché Torzi ogni volta che parlava con me mi registrava”.

Rivolto a Diddi, Crasso infine ha aggiunto: “Quando venni da lei, dissi ‘faccia di me quello che vuole, ma per favore non mi metta con Torzi’. Siamo persone dal punto di vista professionale totalmente diverse. Com’è pensabile che mi metta d’accordo con una persona che non conosco, sono stato pure critico sulla sua gestione! Respingo con forza le congetture fatte”. Crasso sarà interrogato nuovamente il 22 giugno.

Sloane Avenue: Crasso in aula smonta l’accusa di Diddi
Silere non possum, 30 maggio 2022


Nello Stato della Città del Vaticano questa mattina si è celebrata la diciottesima udienza del procedimento penale a carico di Enrico Crasso + altri. Come noto, il Tribunale mira a fare chiarezza sull’affaire del palazzo londinese sito in Sloane Avenue.

Nell’ultima udienza, il 20 maggio 2022, è stato interrogato un altro imputato, Fabrizio Tirabassi.

Questa mattina, nell’aula polifunzionale dei Musei Vaticani, concessa al Tribunale Vaticano per il presente procedimento, è stato interrogato Enrico Crasso. Prima di guardare alle dichiarazioni rese dal finanziere che servì la Segreteria di Stato, dobbiamo fare due considerazioni in merito ad una notizia che è stata diffusa nelle scorse ore. A seguito dell’annuncio del nuovo Concistoro, nel quale sarà creato Cardinale anche S.E.R. Mons. Oscar Cantoni, è stato scritto che il Vescovo di Como avrebbe denunciato il suo confratello Angelo Becciu. Questo non corrisponde a realtà.

Becciu: reato di subornazione?

Il 24 febbraio 2021 il Vescovo di Como si incontrò con Mons. Alberto Perlasca presso l’Istituto delle Suore di Maria Bambina. In quella occasione, Perlasca riferisce che Mons. Cantoni gli avrebbe riferito di pressioni fatte dal Card. Becciu al fine di farlo ritrattare innanzi ai Promotori di Giustizia. Questa è la considerazione di un uomo che si è contraddetto in più occasioni ed è emerso dal dibattimento che è stato “la manina” che ha permesso il flop dell’affaire Sloane Avenue. Ora è chiaro che personaggi come Alessandro Diddì e giornalisti sprovveduti possano credere a quest’uomo, o vogliano credere. Chi conosce gli ambienti ecclesiastici ha chiaro cosa possa essere avvenuto in quel momento. Innanzitutto il Cardinale Becciu è liberissimo di parlare con chi vuole e può anche minacciare azioni legali che sono del tutto lecite. Sicuramente Sua Eminenza avrà parlato con Mons. Cantoni (suo confratello) delle accuse che gli aveva mosso il Perlasca. Si sarà lamentato? Avrà espresso le sue perplessità? Tutto lecito. Gli avrà anche detto che sarebbe stato costretto a querelarlo per calunnia? Assolutamente lecito. Anzi, auspichiamo lo abbia fatto. Chissà se Alessandro Diddì indagherà…

Perciò non si vede affatto quale sia il problema e non vi è prova alcuna di un colloquio fra Mons. Cantoni e il Cardinale dove quest’ultimo gli avrebbe detto: “Induci Perlasca a ritrattare sennò sono guai”.  Non è possibile neppure sapere cosa ha riferito il Vescovo di Como, per due motivi. Il primo è che il verbale di sommarie informazioni del 3 aprile 2021 è inutilizzabile in quanto il professor Giampiero Milano, illustre professore di diritto, si è dimenticato che l’attività investigativa che lui può compiere si arresta ai confini dello Stato della Città del Vaticano. Difatti, come possiamo verificare dal verbale qui sotto, questa attività istruttoria è stata compiuta dal Professor Milano nella Repubblica Italiana, ovvero a Como. Per fortuna i gendarmi dissero di non aver registrato nulla al Ristorante Lo Scarpone perché non compiono attività in Italia, cit. (Qui l’audio dell’interrogatorio a Perlasca dove si parlò della questione.) [*]

Il secondo motivo, il quale attiene al merito e non alla procedura, è che il Vescovo di Como avrebbe riferito: “confermo integralmente i fatti e le circostanze riportate nella allegata lettera”. Abbastanza “stringata” come dichiarazione. Cosa conferma Cantoni? Che Becciu gli parlò di questa questione? O che “fece pressione per farlo ritrattare”? Lo potremo dire solo a seguito della sua testimonianza in aula. Tanto il Cantoni non è nuovo alle testimonianze innanzi al Tribunale Vaticano.

L’interrogatorio di Enrico Crasso

Durante l’interrogatorio di oggi il finanziere Crasso ha riferito al PdG Alessandro Diddi: “Andare a Londra è stato il più grande errore della mia vita. Dovevo rimanerne fuori”. Ha anche riferito che nell’incontro con il Rev.do Mons. Alberto Perlasca, il Sig. Gianluigi Torzi ed altri avrebbe dovuto capire che sarebbe stato meglio tirarsi fuori dalla vicenda. Quando gli è stato chiesto del suo viaggio a Londra del novembre 2018, l’uomo ha risposto: “Non era di mia competenza dire se l’investimento di Londra fosse o meno un investimento a rischio. Non sapevo nulla dell’ipoteca di 75 milioni di euro. Nella vicenda di Londra ci sono finito per caso: mi è stato chiesto di recarmi a Londra per verificare alcune caratteristiche dell’investimento. Non so perché non mi sono tirato fuori, mi sono lasciato coinvolgere”.

Alle domande delle parti civili Crasso ha spiegato che non vi era alcun conflitto di interessi e ha affermato: “Sono stato vilipeso in tutti i sensi, anche in presenza del Santo Padre, e questo mi dà molto dolore”.

Enrico Crasso ha spiegato di non aver “mai ricevuto incarichi formali di consulente” nell’affaire londinese. Ha detto chiaramente che in ventisei anni non gli è mai stato riferito alcun vincolo di destinazione (oltretutto i conferimenti fondo Athena sono stati effettuati da Credit Suisse CH, mentre lui si trovava ancora in Credit Suisse Italy) e che l’Em.mo Sig. Cardinale Pietro Parolin aveva confermato espressamente a Credit Suisse la piena autonomia finanziaria della Segreteria di Stato e l’assenza di ogni vincolo di destinazione. Lo conferma la lettera inedita pubblicata qui sopra. Come mai ora Parolin si ritrova parte civile con la Segreteria di Stato?

Il Promotore ha parlato di una lettera ricevuta l’11 novembre 2019 da S.E.R. Mons. Edgar Peña Parra, che chiedeva di “liquidare al meglio e con diligenza” gli asset della Segreteria di Stato da lui gestiti e di “non procedere ad altri investimenti” tramite il Fondo Centurion di cui era titolare. Dopo aver ricevuto quella lettera, si recò a Roma dal Sostituto, spiegando che la immediata liquidazione delle quote avrebbe arrecato un danno alla Segreteria di Stato e Peña Parra gli disse di soprassedere, tanto è vero che le quote non furono poi liquidate. Inoltre, il Fondo di investimento Centurion, come tutti i fondi, era un soggetto giuridico distinto è autonomo rispetto alla Segreteria di Stato. La Segreteria aveva solo sottoscritto le quote del Fondo, il quale non doveva quindi chiedere alcuna autorizzazione al sottoscrittore delle quote per le operazioni da compiere, come del resto accade in tutti i Fondi.

Il rapporto di Crasso con Gianluigi Torzi

L’Imputato ha precisato di non aver avuto contatti stretti con Gianluigi Torzi. Pertanto non è possibile, come afferma l’accusa, che Crasso, Tirabassi, Torzi e Squillace avessero in mente un disegno criminoso. Ha detto il finanziere: “Mi trovo coinvolto in questo capo di imputazione per un signore conosciuto venti giorni”.

Al Promotore di Giustizia aggiunto, Enrico Crasso ha detto: “Quando venni da lei, dissi faccia di me quello che vuole, ma per favore non mi metta con Torzi. Siamo persone dal punto di vista professionale totalmente diverse. Com’è pensabile che mi metta d’accordo con una persona che non conosco, sono stato pure critico sulla sua gestione! Respingo con forza le congetture fatte”. L’interrogatorio proseguirà il 22 giugno.

Domani si celebrerà la seconda parte dell’interrogatorio di Fabrizio Tirabassi. L’udienza prevista per il 1° giugno non si celebrerà. Il 6 e il 7 giugno sarà interrogato Raffaele Mincione.

Al termine di questo articolo potete trovare la trascrizione dell’udienza del 18 maggio 2022 e la memoria difensiva di Enrico Crasso presentata al Promotore di Giustizia il 30 gennaio 2020. [*]

S.I.
Silere non possum

[*] I link si trovano nell’articolo originale [QUI], insieme ai link del verbale dell’udienza del 18 maggio 2022 e della Memoria di Enrico Crasso inviata al Promotore di Giustizia.

Postscriptum

1. Questo “giornalista” farebbe ridere se non fosse così immensamente triste

2. E questo fa proprio ridere, in previsione del prossimo Carnevale

Il falsario lanciatore di coriandoli, che ha inventato il caso Becciu, ha partorito un libro. Carta destinata a produrre coriandoli, appunto.

Foto di copertina: Piazza San Pietro (Foto di Adnkronos). «Alcuni farisei tra la folla gli dissero: “Maestro, rimprovera i tuoi discepoli”. Ma egli rispose: “Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre”. Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”» (Lc 19, 39-44).

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