Il mestiere del prete (ortodosso) in tempo di crisi

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Quello del sacerdote è un “posto sicuro”? Parrebbe di sì. Almeno stando al boom di richieste giunte al patriarcato ortodosso di Atene. In Grecia non c’è separazione tra stato e Chiesa (ortodossa), e tutti i sacerdoti sono dipendenti pubblici, quindi anche remunerati dallo Stato. Così che, in tempo di crisi, molti hanno pensato di “fare il prete”. Del resto, per chi non vuol fare carriera ecclesiastica, basta un corso di teologia di un anno dopo la laurea per essere nominato diacono o presbitero. E lo stipendio è assicurato. Negli ultimi anni, causa la crisi economica, il boom di domande di ammissione ai primi gradi del ministero ordinato ha spinto lo Stato a tagliare i posti disponibili. Non solo, negli ultimi giorni sono giunte raccomandazioni anche dalla Troika (Fmi, Bce e Commissione Ue) all’indirizzo di Atene affinché – nell’ambito della spending review della Pubblica amministrazione – vengano tagliati anche gli stipendi dei circa 9.500 sacerdoti in funzione ad oggi. Secondo il quotidiano Parapolitika si tratterebbe di una proposta già avanzata nel 2011 al governo dell’allora premier George Papandreou, che prevedrebbe una sospensione dei pagamenti dello Stato ai sacerdoti, o nell’ipotesi migliore una condivisione del carico con la Chiesa stessa. Attualmente lo Stato sborsa 200 milioni di euro per pagare gli stipendi del clero ortodosso. L’episodio può essere inserito in un contesto più ampio e riapre un capitolo quanto mai doloroso per la Chiesa ortodossa, ovvero quello del rapporto con lo Stato. Quella ortodossa è infatti una Chiesa di stato, divisa al suo interno in chiese nazionali, e identificata con l’apparato statale, tanto da essere spesso accusata di collusioni politiche ma anche economiche. Quanto sta accadendo in Grecia – secondo alcuni osservatori – potrebbe aprire definitivamente la strada a rivedere tale “inquadramento” della Chiesa nei ranghi dello Stato, e portare nel medio periodo a una divisione degli ambiti, come avviene con la Chiesa cattolica (che infatti in Grecia opera ma non è riconosciuta).

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