Scegliamo la vita: marcia in chiaroscuro… ma c’è speranza

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Sabato 21 maggio si è svolta a Roma la Manifestazione nazionale Scegliamo la vita, erede della tradizionale Marcia per la vita. Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere. Alcune considerazioni su quanto successo. Il saluto ampio e sostanzioso del Papa nel dopo Regina Coeli di domenica 22 maggio.

Se guardiamo ai numeri, siamo ben sotto le attese. Se guardiamo all’intensità dell’impegno, c’è speranza. Il secondo dato induce a immaginare, con un ottimismo razionale, che la prossima volta (il 20 maggio 2023) i partecipanti a Scegliamo la vita possano essere molti di più dei sette-ottomila che sabato 21 maggio hanno sfilato a Roma, da piazza della Repubblica a piazza San Giovanni, dando pubblica testimonianza della bellezza dell’esistenza.

Prima di proporre qualche approfondimento su quanto accaduto, va in ogni caso segnalato con soddisfazione il saluto (molto significativo nei contenuti, certo inusuale nell’ampiezza) che Papa Francesco ha voluto porgere ai promotori della Marcia – presenti in piazza San Pietro dietro lo striscione di apertura del corteo – nel Regina Coeli di domenica 22 maggio: «Saluto quanti hanno partecipato a Roma alla manifestazione nazionale “Scegliamo la Vita”. Vi ringrazio per il vostro impegno a favore della vita e in difesa dell’obiezione di coscienza, il cui esercizio si tenta spesso di limitare. Purtroppo, negli ultimi anni c’è stato un mutamento della mentalità comune e oggi siamo sempre più portati a pensare che la vita sia un bene a nostra totale disposizione, che possiamo scegliere di manipolare, far nascere o morire a nostro piacimento, come l’esito esclusivo di una scelta individuale. Ricordiamo che la vita è un dono di Dio! Essa è sempre sacra e inviolabile, e non possiamo far tacere la voce della coscienza». Parole, quelle del Papa, che costituiscono per i promotori non solo un premio meritato, ma soprattutto un incoraggiamento di sostanza per proseguire con entusiasmo rinnovato il loro non facile percorso di pubblica e vigorosa testimonianza in difesa del diritto alla vita.

Paragoni improponibili con San Giovanni 2015

Questo detto, è evidente che chi ha ancora negli occhi piazza San Giovanni strapiena, fin verso Santa Croce in Gerusalemme, per il Family Day del 20 giugno 2015 [QUI], sabato 21 maggio ha dovuto constatare i tanti vuoti sul pratone davanti alla Basilica. Sarebbe però sbagliato paragonare i due eventi. Nel 2015 la folla dei manifestanti era convenuta – anche sull’onda dei grandi successi numerici ottenuti dalla Manif pour tous francese – per opporsi a precisi progetti di legge antropologicamente sovversivi coccolati dal governo Renzi-Boschi. Oggi invece la situazione a livello parlamentare è ancora in divenire su diversi temi sensibili. Poi: nel 2015 fondamentale numericamente era stata la mobilitazione del Cammino neocatecumenale (con Kiko Argüello sul palco). Stavolta al contrario la mobilitazione è mancata, si è ridotta a un semplice “invito” e le legioni romane sono rimaste nei castra della capitale: i neocatecumenali (tra loro alcuni dei promotori principali) erano infatti presenti singolarmente o a piccoli gruppi.

Un approdo travagliato a Scegliamo la vita

Continuando il ragionamento, si deve tener conto del fatto che Scegliamo la vita ha proseguito, con qualche modifica, l’esperienza decennale della Marcia per la vita [QUI]. La Marcia per la vita (avviata nel 2011 da Francesco Agnoli e Virginia Coda Nunziante) non ha mai conosciuto la partecipazione di grandi masse popolari (solo in qualche occasione si sono superate le 10mila unità). Nel 2020 poi la Marcia non si è tenuta (a causa delle note restrizioni sanitarie), nel 2021 (sempre per le stesse ragioni) si è svolta in forma ridotta e stanziale con – scrivevamo – “un migliaio abbondante” di presenze. Già prima, ma soprattutto poi ne sono successe tante. Gli accesi contrasti a proposito di vaccini e anche della loro liceità morale (che già avevano influito sull’esito numerico della Marcia citata) hanno condotto allo scioglimento del Comitato organizzativo, a una serie di riunioni con il Family Day e ProVita & Famiglia, alla cessione del testimone a questi ultimi (ma senza il logo tradizionale), a un’altra serie di tira e molla (pensiamo ad esempio alla collaborazione fornita da Marina Casini Bandini, Presidente dell’istituzionale Movimento per la vita)… infine le bocce si sono fermate e si è giunti al 21 maggio. Insomma: c’è stato poco tempo, troppo poco per preparare con speranze di grande successo quella che di fatto è stata l’XI edizione della Marcia (o forse la prima di una nuova era?). Inoltre non si può sottovalutare il senso di incertezza esistenziale portato prima dalla diffusione del Coronavirus e dalle misure governative adottate in materia, poi dalla situazione in Ucraina (che potrebbe anche pesantemente condizionare la quotidianità di noi tutti). Il “popolo della vita” italiano è diverso da quello degli stadi: se il secondo li riempie anche in mancanza dei giocatori (vedi Stadio Olimpico che sarà invaso mercoledì sera da masse di romanisti adoranti in contemporanea con la finale europea di Tirana), il primo è più titubante all’idea di scendere in piazza in un sabato pomeriggio di calura estiva, camminando nel centro di Roma tutto asfalto insieme con altre migliaia di correligionari.

Riassumendo: non era così scontato che quest’anno la Marcia si tenesse. Si è tenuta e questo è un fatto già di per sé positivo. Perché la Marcia è testimonianza pubblica in favore del diritto alla vita, in tempi di diffusa fluidità antropologica.

Manifestanti vecchi e nuovi… Alcuni abbandoni, qualche novità

Accennavamo prima alle modifiche apportate alla Marcia tradizionale. Sono cambiati come detto i promotori (che pure erano tra gli animatori negli ultimi anni della stessa). E sono cambiati in parte i marciatori. Assenti associazioni come Famiglia Domani (il che naturalmente era previsto), Tradizione Famiglia Proprietà, Universitari per la vita, il Sovrano Militare Ordine di Malta, la maggior parte dei gruppi parrocchiali dietro grandi striscioni, schiere di sacerdoti e seminaristi in talare nera come quelli dell’Istituto Cristo Re di Firenze o della Fraternità San Pio X di Albano. A sorpresa era presente una rappresentanza della Fondazione Lepanto, che portava uno striscione senza se e senza ma: “Abroghiamo la 194” (in verità anche i nuovi promotori mirano ad abrogarla, ma con una strategia diversa, perseguendo in primo luogo quella che sarebbe una vera e propria rivoluzione culturale, necessaria premessa per cambiamenti legislativi).

Tra chi è restato fedele alla Marcia la grande famiglia (sacerdoti, suore, laici) del Verbo Incarnato, come al solito – per dirla alla romana – caciarona con tamburi, trombette, chitarre, slogan, danze e anche Avemarie a favore della vita. Passano tra le altre le bandiere di Alleanza Cattolica, di Non si tocca la famiglia, del Movimento dell’Amore familiare-Associazione Piccola Chiesa, la bandiera della Pontificia Università San Tommaso d’Aquino, una bandiera del Leone di San Marco. Ecco poi i cartelli del folto e rumoroso gruppo di CitizenGo,  quelli vigorosi di Ora et Labora in difesa della vita ; gli striscioni delle Sentinelle vesuviane (con richiamo a Giovanni Paolo II), della parrocchia padovana di San Pio X, di cristiani di Treviso, di un autodefinitosi “gruppo di amici della zona di San Giovanni” (e noi la prendiamo per buona… lo striscione portato – scritta nera su fondo bianco – si faceva notare di sicuro: Si Deus pro nobis, quis contra nos?), del Comitato Difendiamo i nostri figli di Verona, di un gruppo toscano, di uno di Bergamo, ma anche di Bologna (Bologna c’è), di Militia Christi, dell’Opera Famiglia di Nazareth. A concludere il corteo alcuni “templari cattolici d’Italia”, in tunica bianca.

Naturalmente dominanti le bandierine e i cartelli di ProVita & Famiglia, foresta di rosa e celeste in movimento.

Pochi sacerdoti, diversi religiosi e religiose, nessun vescovo. Due associazioni protestanti. Poca presenza internazionale

Tra i consacrati, meno del solito i sacerdoti, più o meno come sempre religiose e religiose. Assenti le gerarchie cattoliche.

Dal mondo protestante sono venuti quelli di Sabaoth (striscioni: Difendiamo il diritto alla nostra fede, No alla cristianofobia) e dell’Azione cristiana evangelica.

Rispetto al passato la partecipazione internazionale è risultata meno rilevante, un po’ per i tempi stretti di preparazione, un po’ perché persone e organizzazioni invitate erano legate in particolare ai promotori precedenti. Abbiano comunque notato la presenza francese di Droit de naître e quella di un’équipe di CitizenGo collaudata per simili occasioni (con un’argentina, un’ecuadoriana, una colombiana, una coppia polacca).

Molte famigliole, bassa l’età media, quasi assenti i politici

Immancabili i palloncini rossi (con cuore), ma molte più del solito le famigliole con pargoli (alcuni poppanti), con le madri fornite di marsupio e i padri (prevalentemente) a spingere carrozzine e passeggini. In genere ci è parso che l’età media dei manifestanti si sia abbassata sensibilmente rispetto al passato.

Davanti alla Basilica, tra gli stand quelli di Alleanza Cattolica, della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria, della Dominus productions di Federica Picchi (Cristiada, Unplanned), delle due associazioni evangeliche citate, oltre che quelle dei promotori, traboccanti di magliette.

Scarsa la presenza di politici, a differenza del passato: il senatore leghista Simone Pillon, la senatrice Isabella Rauti (Fratelli d’Italia). Apprezzamento a distanza di Matteo Salvini e Paola Binetti (Udc, a Napoli per la Convention di Forza Italia).

A San Giovanni testimonianze di vita vissuta. A condurre Maria Rachele Ruiu. Gandolfini: “Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza è dovere”

Dal palco di San Giovanni la musica è stata assicurata dalla band The Sun, il cui brano “Un buon motivo per vivere” fungeva da colonna sonora della manifestazione, fin dalla partenza a piazza della Repubblica.

Davanti alla Basilica sono risuonate parole di vita vissuta, di esperienze commoventi da parte di madri che hanno scelto di rifiutare di abortire anche in circostanze drammatiche: una scelta esistenziale radicale non rinnegata da chi oggi è madre felice.

Fondamentale per mantenere alta l’attenzione e la passione degli astanti nello svolgimento della parte stanziale della manifestazione il ruolo assunto dai due portavoce Maria Rachele Ruiu (ProVita & Famiglia) e Massimo Gandolfini (Family Day).

Ci piace concludere con alcune delle loro riflessioni. La prima, moglie, madre, attivista instancabile, dotata di quel quid che le consente di trasmettere immediatamente le sue forti e buone emozioni a chi la ascolta, ha dato avvio ufficialmente alla Marcia con un “Scegliamo la vita e andiamo!”. E a piazza San Giovanni, dopo aver denunciato l’artificiosa e “feroce contrapposizione“ che spesso si fa nella nostra società tra vita della madre e vita del figlio, ha evidenziato la disumanità e l’ascientificità di chi ritiene il feto un “grumo di cellule… basta guardare le ecografie”. E poi: “No alle leggi mortifere, al concetto di aborto terapeutico… un’assurdità poiché la terapia guarisce, non ammazza una creatura”.

Neanche Massimo Gandolfini parla un linguaggio barocco: la sua logica è stringente e convincente. Rilevato dapprincipio che “la vita e la famiglia non sono di destra né di sinistra, ma di tutti” e che purtroppo non mancano partiti e movimenti che agiscono per “annientare l’esistenza”, il neurochirurgo bresciano ha constatato l’attuale “perversione in atto dei valori, dei costumi, delle leggi naturali iscritte nel cuore umano” come mostrano ad esempio certe scritte su muri di Roma: “Life is the new fascism”. Chi oggi apprezza matrimonio, genitorialità, famiglia, mamma e papà ed è contro il dilagare dell’ideologia gender (espressione della “dittatura del pensiero unico ad esempio nella scuola”), dell’utero in affitto, dell’elevazione truffaldina e insensata dell’aborto a “diritto” (come vuole imporre Macron all’Unione europea), viene etichettato subito come “odiatore, omofobo, fascista, sovranista”, subendo l’emarginazione sociale. Un atteggiamento incomprensibile questo, se si pensa al crollo della natalità e a un possibile futuro di condanna all’autoestinzione.

L’aborto deriva a volte anche da considerazioni economiche, ma è prima di tutto un problema culturale. Dobbiamo voltare pagina, come rilevava già a suo tempo Giorgio La Pira: “Il rispetto della vita umana è una frontiera intransitabile”. Non ci si può rassegnare quando, a proposito di fine vita si sente parlare di “morte volontaria medicalmente assistita”: un’altra assurdità poiché “non si cancella la sofferenza ammazzando il sofferente”.

A questo punto con Bertolt Brecht possiamo dire che “quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere”. Non si tratta certo di fare una scelta di lotta violenta, ma di ribellarsi concretamente a leggi ingiuste giungendo in casi estremi alla disobbedienza civile ed evitando in ogni caso di collaborare anche da remoto con chi quelle leggi propone, favorisce, vota. Dobbiamo dunque assecondare l’auspicio di Gandalf nel Signore degli Anelli di Tolkien: “Il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a coloro che verranno dopo terra sana e pulita da coltivare”.

Con tale augurio di sostanza i promotori hanno dato appuntamento alla prossima edizione della Marcia per il 20 maggio 2023. Naturalmente, aggiungiamo noi, sempre che progetti di legge antropologicamente sovversivi, promossi dalla nota lobby multiforme e tollerati (e dunque de facto favoriti) dal governo Draghi non costringano il popolo della vita e della famiglia a scendere in piazza anche prima.

Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2022 dall’autore sul suo blog Rossoporpora.org [QUI].

Articolo precedente

“Marcia nazionale Scegliamo la Vita” il 21 maggio a Roma. Qualche considerazione in merito – 16 maggio 2022

Una BOMBA di Vita! RIVIVI in 60 secondi le emozioni della Manifestazione Nazionale “Scegliamo La Vita” di sabato 21 maggio a Roma [QUI].

Foto di copertina: Jacopo Coghe (ProVita & Famiglia), Maria Rachele Ruiu (ProVita & Famiglia) e Massimo Gandolfini (Family Day).

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