Donne di Rita: la storia di Maria Antonietta e il perdono al marito che voleva ucciderla

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La festa di santa Rita a Cascia ha vissuto un grande momento con il Riconoscimento Internazionale Santa Rita. Un premio unico nel suo genere che dal 1988, per volontà delle suore, dei padri agostiniani e dell’amministrazione comunale, è conferito alle ‘Donne di Rita’, donne di ogni età, condizione, nazione o religione che testimoniano i valori alla radice del messaggio della santa di Cascia.

Ecco le quattro donne che sabato 21 maggio hanno ricevuto il riconoscimento: Chiara Castellani è una dottoressa missionaria. Riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita per aver donato tutta la sua vita ai piccoli e ai dimenticati del mondo.

Concetta Zaccaria, per tutti Tina, di Casalnuovo di Napoli, è una mamma della ‘Terra dei Fuochi’ che ha perso la figlia Dalia per un linfoma di Hodgkin. Riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita per aver saputo trasformare il suo dolore in un’opportunità per aiutare gli altri. Con l’associazione ‘Angeli Guerrieri’, infatti, aiuta tutte le famiglie della ‘Terra dei Fuochi’ che combattono contro il cancro e denuncia il dramma ambientale che vivono i cittadini della sua zona.

Silvia Battini, di Sesto San Giovanni (Milano), moglie e mamma che dal 2009 affronta la sclerosi laterale amiotrofica come occasione di rinascita. Riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita per la stupenda testimonianza di amore e di fede che dona a chiunque la incontra e le scrive, insegnando che anche se la carne è debole lo Spirito dà vita e che amare ed essere amati è il senso della vita.

Maria Antonietta Rositani, di Reggio Calabria, è una delle vittime, purtroppo sempre più numerose, della violenza cieca di chi ti dorme accanto e dice di amarti. Dopo anni di violenze subite tra le mura di casa, ha salvato la sua vita solo per un pelo quando nel 2018 è stata brutalmente aggredita dall’ex marito, che le ha gettato addosso della benzina dandole fuoco.

Nonostante il lungo calvario che ancora affronta, la fede le dà la forza di perdonare senza smettere di chiedere  giustizia, e di tornare a vivere. Riceve il Riconoscimento Internazionale Santa Rita per aver saputo leggere in tutti i momenti dolorosi della sua vita la presenza di Cristo. Anche nel terribile tentato femminicidio ha stretto la mano del Signore che le ha indicato la via del perdono, senza però rinunciare alla giustizia.

Proprio Maria Antonietta Rositani ci spiega la gioia di aver ricevuto il Riconoscimento Internazionale Santa Rita: “Ricevere il Riconoscimento Internazionale Santa Rita è un onore, perché la santa casciana mi è sempre stata accanto. Sin da piccola mia nonna mi ha insegnato a pregarla ed a rivolgermi a lei.

Mi ha sempre detto che era la santa delle cose impossibili e lungo il mio percorso di vita, quando soprattutto subivo la violenza da mio marito, guardavo quel quadro e Le chiedevo aiuto. Mi ha aiutato anche in quell’orribile momento che ho passato, quando il fuoco bruciava la mia pelle: santa Rita mi ha dato la forza di credere nella vita e nell’amore. Per me è meraviglioso poter essere da Lei e ringraziarla”.

Al momento del tentato omicidio, l’ex marito era ai domiciliari perché era stato condannato dal tribunale di Reggio Calabria a 3 anni e 2 mesi per le violenze contro la moglie e la figlia. La ragazza, la notte del 20 dicembre 2018, aveva tentato di difendere dalle botte la madre. L’uomo, infuriato, le aveva dato uno schiaffone al volto, facendola sanguinare. Ciò spinse Maria Antonietta una volta per tutte a denunciarlo per violenza domestica, dopo 20 anni di sofferenze subite in silenzio.

Il giorno dell’agguato incendiario, il 12 marzo del 2019, l’ex marito Russo evase con uno stratagemma dalla casa dei genitori ad Ercolano (in provincia di Napoli) (dove era ai domiciliari) e guidò indisturbato per 500 chilometri per raggiungere l’ex moglie a Reggio Calabria. Erano in lite sull’affido dei loro due figli.

Lungo una strada della città calabra, dopo che la donna aveva accompagnato il figlio minore a scuola, egli speronò la sua auto e (una volta bloccata la donna dal lato del guidatore) le lanciò addosso del liquido infiammabile, dandole fuoco: “Mi ha speronato con la macchina mentre andavo a riprendere i miei figli a scuola, poi mi ha cosparso di benzina e mi ha dato fuoco gridando che dovevo morire!”

Si affidò a santa Rita: “Quell’abbraccio mi faceva fidare; mi faceva credere che ce l’avrei fatta… Continuavo a ripetere: Signore sia fatta la tua volontà”. Ed in questi anni non si è mai sentita sola, raccontando il suo rapporto con la santa degli impossibili: “Con Lei ho un rapporto meraviglioso.

Mi sento di essere semplicemente me stessa e di non vergognarmi di quello che ho subito; anzi, da questo rapporto traggo la forza per andare avanti ed affrontare le avversità e poterle superare. Vuole anche dire di sapere che Dio ti sta accanto e ti aiuta a percorrere quelle strade, anche se difficili”.

Quanto coraggio ci vuole nel denunciare?

“Denunciare vuol dire avere tanto coraggio, ma soprattutto abbandonarsi alla fede in Dio e credere che in quel momento soltanto Lui può aiutarci in quel momento di difficoltà e sperare che chi prende la nostra denuncia possa aiutarci a tornare a casa ed a vivere l’angoscia della denuncia”.

Ma lei ha perdonato, anche se ha paura pensando a quando lui uscirà dal carcere; però ci spiega cosa significa perdonare: “Io ho perdonato sin da subito. Credo che se sono riuscita ad affrontare quello che ho passato è solo grazie all’aiuto di Dio. Dio ci mette dinanzi alle prove, difficili, che ci mettono anche a confronto con noi stessi e con la vita.

Nel momento in cui ho riaperto gli occhi ed ho capito che era viva, non ho potuto fare altro che ringraziare Dio e perdonare la persona che mi ha fatto questo gesto orribile, chiedendo a Dio di poterlo aiutare a trovare la fede in Lui. Bisogna perdonare, perché noi non siamo nessuno sulla terra per portare odio; ma, soprattutto occorre pregare per chi ci fa del male”.

Ancora non può lavorare e ‘nella disgrazia mi sento fortunata’, grazie all’aiuto della sua famiglia che si è indebitata per farla curare, dell’associazione ‘Salvamamme’ che le ha permesso di essere da sette mesi una nonna piena di attenzione per sua nipote, ‘Women for Women against Violence’ che le ha conferito il premio ‘Camomilla Award’, il centro medico Acaia a Roma dove si sta curando grazie a un crowdfunding:

“Solo la crema da utilizzare per ridurre le cicatrici da ustioni sulle gambe ha un costo proibitivo. Ma io non posso permettermelo visto che non lavoro, non ho l’aiuto per le vittime di violenza perché il processo nei confronti del mio ex non è ancora in Cassazione, in più manca la fragranza di reato, anche se il video di quando sono stata arsa viva è virale online”.

Quanto è importante la fede nell’affrontare la vita?

“Per me la fede è tutto. Se non si ha fede non si può sperare in nulla e non si può vivere. Nella mia vita ho sempre avuto fede e continuo ad averla fino alla fine. Ringrazio Dio per quella che ero ieri e per quella che sono oggi. Non mi sono mai domandata perché è successo a me. Si vede che mi doveva succedere, come si vede che Dio mi doveva dare la forza e la mano per poter affrontare la sofferenza. Il giorno prima dell’agguato aveva piovuto molto e le strade erano piene di pozzanghere. Io, in fiamme, mi sono ‘spenta’ le fiamme sul viso ruzzolandomi nell’acqua di una di quelle pozzanghere stradali… Questi anni di calvario mi hanno aperto gli occhi”.

In quale modo?

“Anche prima dell’agguato avevo fede, Dio lo sentivo sempre vicina. Ma ora molto di più: mi sento come inviata da Lui ad aiutare le altre donne che stanno vivendo una situazione difficile a far vedere loro la speranza, la fede. Molte di loro mi dicono: ‘Non siamo come te’. Invece sì: ognuna ha la sua croce, impossibile sapere chi ha sofferto di più o di meno.

Ma una cosa è uguale per tutti: se questa croce la portiamo con Cristo, è molto più leggera. Per me è stato così: Dio mi ha aiutata a sopportare ciò che umanamente era impossibile da sopportare. Un dolore costante, bruciante, che non auguro neppure a colui che me l’ha provocato, perché sono sicura che lui non sarebbe in grado di sopportarlo. Io l’ho superato solo perché, diversamente da lui, avevo Dio a fianco. Lui non ce l’ha”.

(Tratto da Aci Stampa)

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