Da Pompei un impegno per la pace

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“Proprio in quest’ora tanti fedeli si stringono intorno alla venerata Immagine di Maria nel Santuario di Pompei, per rivolgerle la Supplica sgorgata dal cuore del Beato Bartolo Longo. Spiritualmente inginocchiato davanti alla Vergine, le affido l’ardente desiderio di pace di tante popolazioni che in varie parti del mondo soffrono l’insensata sciagura della guerra. Alla Vergine Santa presento in particolare le sofferenze e le lacrime del popolo ucraino. Di fronte alla pazzia della guerra, continuiamo, per favore, a pregare ogni giorno il Rosario per la pace. E preghiamo per i responsabili delle Nazioni, perché non perdano ‘il fiuto della gente’, che vuole la pace e sa bene che le armi non la portano, mai”.

Così domenica scorsa al termine della recita del ‘Regina Coeli’ papa Francesco ha pregato per la pace la Madonna di Pompei, dove nel Santuario è stata celebrata la messa, presieduta dal card. cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi, durante l’omelia della Messa da lui presieduta prima della recita della Supplica alla Madonna di Pompei, in piazza Bartolo Longo che torna ad essere gremita di gente dopo i due anni più duri della pandemia, riecheggiando le parole del papa:

“Nella Supplica a Maria, Vergine del Rosario non possiamo non portare ‘le gioie e le speranze’ del percorso sinodale che stiamo vivendo e che il Santo Padre ci invita costantemente a percorrere con slancio e fiducia, lasciandoci guidare da Maria ‘donna sinodale’”.

Ed alla Madonna ha chiesto la pace: “Ma poi non possiamo non portare davanti al ‘cuore di madre’ della Vergine Maria ‘le tristezze e le angosce’ della guerra, della violenza e dell’odio che insanguinano oggi l’Europa e tante altre parti del Mondo. Davanti alla Vergine Maria portiamo quindi il popolo dell’Ucraina e tutti coloro che oggi soffrono, scommettendo sull’umanità, come ci ricorda l’intuizione originaria di Pompei.

Anche Dio ha scommesso sull’umanità e continua a farlo. Per intercessione di Maria, chiediamo anche noi di essere imitatori di Dio, capaci di scommettere su un’umanità capace di costruire e difendere la pace. Qualcosa ci lega tutti molto profondamente”.

E’ un invito ad ascoltare la Parola di Dio: “Ma per entrare in questo mistero di carità che contempliamo sul volto di Dio lasciamoci guidare dalla Parola di Dio che abbiamo appena proclamato, dedicata alla figura di Gesù-Pastore. Nel brano del Vangelo si descrivono le azioni delle pecore e quelle di Gesù-Pastore. Ripercorrendo i verbi di questo testo di Giovanni possiamo scoprire la dinamica interna di una Chiesa sinodale che si gioca nel rapporto tra il Padre, Gesù e i suoi discepoli”.

Le pecore ascoltano il pastore: “La prima cosa che le pecore fanno è quella di ascoltare la voce del Pastore. Questo dice un rapporto personale che è frutto della preghiera e della frequentazione della Parola di Dio. Infatti noi ascoltiamo solo la voce che conosciamo, quella che ci è familiare, non quella dell’estraneo che non conosciamo.

Proprio all’inizio del discorso si dice che il pastore chiama le pecore ad una ad una per nome e che le pecore conoscono la sua voce. Per ascoltare la voce del Pastore occorre familiarità con lui e questa familiarità, che ci permette di riconoscere la sua voce tra le tante voci, nell’esperienza credente è la preghiera”.

Inoltre il gregge cammina insieme: “Infatti in un gregge è fondamentale camminare insieme, andare insieme dietro il pastore. Solo così le pecore possono avere la vita. Quando una pecora si smarrisce e cammina da sola, va in pericolo.

Ma un gregge cammina insieme non perché i suoi membri si sono scelti, ma per la relazione che tutti hanno con l’unico pastore. Come il pastore è ciò che fa l’unità del gregge, così è Gesù che fa l’unità della Chiesa, della comunità dei suoi discepoli e discepole. Allora il fondamento dell’ascolto e della sequela non sta nelle pecore, ma nel pastore. Dobbiamo guardare a lui se vogliamo trovare il fondamento del nostro essere Chiesa”.

Ed il pastore ‘ama’ le pecore: “C’è un legame tra l’ascolto e la sequela delle pecore e il conoscere e il dare la vita del Pastore. Nella Bibbia quando parliamo di conoscenza facciamo riferimento ad una realtà relazionale: si conosce, quando si è sperimentata una persona e si è rimasti toccati dall’incontro con lei.

Gesù conosce le pecore perché le ha amate al punto da ‘deporre’ la sua vita e così ‘consegnare’ loro la vita eterna. In un altro passaggio del discorso si dice che il pastore conosce le pecore e le pecore lo conoscono: è una relazione reciproca fondata sull’amore di Gesù per le sue pecore, i suoi discepoli, fino al dono della vita”.

In questo modo si instaura una relazione  trinitaria: “Come in tutto il Vangelo di Giovanni, anche qui si afferma che il fondamento della relazione tra Gesù e i suoi discepoli è la relazione esistente tra Gesù e il Padre. Avviene come un’identificazione della mano del Figlio e della mano del Padre.

I discepoli sono sicuri nella mano del Figlio, perché in essa si rende presente la mano del Padre. Anche in questo tratto del brano del Vangelo di questa domenica andiamo al cuore della teologia della sinodalità. E’ infatti nella comunione trinitaria che la comunità dei discepoli e delle disce-pole del Signore Gesù scopre il proprio modello e la fonte della sua esistenza”.

Ed alla carità, che restituisce la speranza all’umanità, è dedicato anche un passaggio del saluto dell’arcivescovo di Pompei, mons. Tommaso Caputo, che ha invitato a pregare per la pace, seguendo l’esempio del beato Bartolo Longo:

“Nel 1901 all’inizio del cosiddetto secolo breve, nel quale l’umanità ha vissuto tante tragedie, il Fondatore di Pompei, il Beato Bartolo Longo, volle dedicare alla pace la magnifica facciata del Santuario, davanti alla quale stiamo celebrando.

Fin dallo scorso 24 febbraio, seguendo gli accorati appelli di Papa Francesco, abbiamo intensificato il nostro impegno di preghiera per la pace, con celebrazioni, veglie, momenti di riflessioni e accoglienza morale e materiale dei profughi ucraini.

L’impegno a favore degli ultimi e dei più deboli è nel Dna di questo Santuario, accanto al quale sorgono come una corona di rose, da oltre 130 anni, opere sociali per l’accoglienza di minori e adulti in difficoltà. Molti di loro, assieme agli operatori di queste strutture: religiosi, religiose, laici e famiglie, sono qui in piazza per rendere grazie al Signore Gesù e alla Madre”.

(Foto: Vatican News)

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