Ancora torture nel Tigray

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In un rapporto Amnesty International e Human Rights Watch hanno accusato le forze di sicurezza regionali dell’Amhara e le autorità civili della zona occidentale del Tigray di aver commesso, a partire dal novembre 2020, violenze di tale diffusione e intensità contro la popolazione tigrina da poter costituire crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Le autorità dell’Etiopia hanno fortemente limitato l’accesso e il monitoraggio indipendente in quest’area, riuscendo a tenere ampiamente nascosta la campagna di pulizia etnica.

Il rapporto descrive come le autorità di fresca nomina nella Zona occidentale del Tigray e le forze di sicurezza della vicina regione dell’Amhara, con l’acquiescenza e la possibile partecipazione delle forze federali dell’Etiopia, abbiano sistematicamente espulso dalle loro case diverse centinaia di migliaia di civili tigrini ricorrendo a minacce, uccisioni illegali, violenza sessuale, arresti arbitrari di massa, saccheggi, trasferimenti forzati e diniego dell’assistenza umanitaria.

Il governo dell’Etiopia deve assicurare l’immediato accesso delle agenzie umanitarie nella regione, rilasciare tutte le persone arrestate arbitrariamente e indagare e punire in modo appropriato tutti i responsabili dei crimini di diritto internazionale. Ogni accordo raggiunto tra le parti in conflitto dovrebbe prevedere il dispiegamento nella zona occidentale del Tigray di una forza internazionale di peacekeeping guidata dall’Unione africana col mandato di assicurare la protezione di tutte le comunità dalla violenza.

In oltre 15 mesi, i ricercatori di Amnesty International e di Human Rights Watch hanno intervistato oltre 400 persone, testimoni e sopravvissuti ahmara e tigrini da remoto e, di persona, tigrini rifugiati in Sudan. Le ricerche sono state corroborate da documentazione medica, atti giudiziari, immagini satellitari, fotografie e filmati.

Dalla fine del 2020 le forze di sicurezza regionali ahmara, le milizie affiliate e le nuove autorità della Zona occidentale del Tigray hanno avviato una campagna coordinata di persecuzione etnica. In diverse città sono comparsi avvisi che ordinavano ai tigrini di allontanarsi entro 24-72 ore altrimenti sarebbero stati uccisi, mentre gli amministratori locali esaminavano durante riunioni pubbliche i loro piani per espellere le comunità tigrine.

Migliaia di tigrini sono stati rastrellati e posti in detenzione in strutture sovraffollate. Amnesty International e Human Rights Watch ritengono che migliaia di tigrini si trovino ancora in questa situazione, in pericolo di vita. Le forze di sicurezza si sono rese responsabili di stupri di gruppo, sequestri e riduzione in schiavitù sessuale.

Le autorità locali hanno inoltre imposto limitazioni di movimento, impedito l’ingresso degli aiuti umanitari, vietato l’uso della lingua tigrina e l’accesso ai terreni coltivati. Le forze ahmara e, in alcuni casi, le truppe federali di Eritrea presenti nell’area hanno fatto razzie di prodotti agricoli, bestiame e macchinari privando così i tigrini dei mezzi di sussistenza.

Alla fine del marzo 2021 decine di migliaia di tigrini erano fuggite o erano state espulse. La campagna ha ripreso vigore nel novembre 2021, quando altre decine di migliaia di tigrini (per lo più anziani e ammalati, giovani madri e bambini) sono state espulse. Le forze ahmara hanno arrestato altre migliaia di uomini adulti, uccidendo chi cercava di fuggire.

Inoltre l’associazione dei ‘Medici contro la tortura’ nel 2021hanno aiutato 89 persone, per la grande maggioranza giovani uomini provenienti dall’Africa (Gambia, Nigeria e Senegal in primo luogo) ma anche da altre aree geografiche, come la Turchia, l’Iraq e la Siria:

“Si tratta per la maggior parte di utenti ricorrenti, ovvero di persone che hanno avviato un ricorso qui in Italia contro il diniego della protezione internazionale e che si trovano pertanto in una situazione di limbo giuridico che ne determina una particolare fragilità, sia dal punto di vista legale sia dal punto di vista sociale. Una condizione che, com’è evidente, si riflette sul piano psicologico, rendendoli particolarmente esposti a reazioni ansiose e depressive nell’incertezza del presente e nell’impossibilità di progettare un futuro”.

In coincidenza con l’allentamento delle misure di contenimento della pandemia, l’associazione ha avviato nel 2021 anche un’attività di alfabetizzazione sanitaria di gruppo, con l’intento di rafforzare l’inclusione sociale e di aumentare l’autonomia degli utenti rispetto alla fruizione dei servizi offerti dal Sistema Sanitario Nazionale.

I temi trattati nel corso dei 6 incontri previsti hanno riguardato il funzionamento del sistema sanitario, i concetti di ‘prevenzione’, di ‘salute’ e di ‘salute mentale’, i temi legati alla pandemia da covid-19, le misure di prevenzione, la vaccinazione e le perplessità suscitate da queste disposizioni nella popolazione migrante. Inoltre è stato fornito un orientamento di base per la ricerca di informazioni sul tema della salute in rete.

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