Australian Gate c’è, ed è vivo e vegeto. Il vaso di Pandora è aperto

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Il 5 maggio scorso, nella Quattordicesimo Udienza del processo vaticano per le presunte malversazioni finanziarie nella Segreteria di Stato, il Cardinale Angelo Becciu con la seconda “deposizione spontanea” ha continuato asmontare tutte le accuse e ha chiamato Papa Francesco a difesa [QUI e QUI]. Come abbiamo scritto, tolto il segreto pontificio, si è aperto il vaso di Pandora.

«Adesso tutte le menzogne mal costruite, per distruggere Becciu (o forse demolire il Pontificato), ora si ribaltano contro chi le ha imbastite», ha concluso Renato Farina [QUI]. E non dimentichiamo l’assistenza di bassa manovalanza, dentro e fuori le mura leonine, fino alle veline passate ai “media embedded”. Per conto suo, Andrea Gagliarducci ha scritto: «Quello che appare certo è che in Vaticano siamo tornati ai vecchi tempi. Anche il processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, partito proprio da una denuncia dello IOR, sembra configurarsi più come un atto di vendetta trasversale nei confronti di chi aveva simboleggiato il nuovo corso – e che aveva ottenuto ottimi risultati tra l’altro – che come un processo basato su prove oggettive. Il fatto che il processo non sia ancora iniziato e che si parli ancora di invalidarlo; e il fatto che i Promotori di Giustizia vaticani non abbiano fornito tutte le prove alla difesa, ne è un segno. Il vaso di Pandora, dunque, non è quello di nuovi scandali finanziari. È quello di un vecchio mondo che ha ripreso il controllo, di una serie di relazioni che sembravano avviarsi verso la fine, ma che invece sono tornate. In definitiva, la vaticanizzazione della Santa Sede è più vantaggiosa per l’Italia che per la Santa Sede. Intanto, ci sono i processi gestiti da magistrati italiani; e le finanze vaticane sono ormai saldamente sotto il controllo degli Italiani» [QUI].

L’invettiva del Cardinal Pell

In riferimento alla deposizione del Cardinal Becciu, il giorno seguente il Cardinale George Pell ha diffuso un Comunicato, che riportiamo integralmente, seguito da stralci dalla reazione di Silere non Possum: «Il Cardinale Pell non coglie occasione per tacere. Ormai le sue facoltà mentali sembrano essere sempre più a dura prova. Eppure quest’uomo continua a cercare la Verità nel luogo sbagliato». Infine, aggiungiamo a quanto scritto alcune osservazioni, come richiesto da alcuni dei nostri attenti lettori.

Dichiarazione del Cardinale George Pell, Prefetto emerito della Segreteria per l’Economia

Ieri [il 5 maggio 2022] nel tribunale vaticano il Cardinal Becciu ha difeso energicamente il suo irreprensibile ruolo subordinato nelle finanze vaticane. Tuttavia il suo resoconto era in qualche modo incompleto.
Non ha spiegato il rifiuto da parte della Segreteria di Stato del ruolo di supervisione, approvato dal Papa, del nuovo Consiglio e della Segreteria per l’Economia. Non ha spiegato il suo ruolo nel licenziamento dei revisori PricewaterhouseCoopers e nelle dimissioni del revisore Libero Milone, entrambi incaricati di indagare sulle finanze della Segreteria di Stato.
Il suo bizzarro resoconto di come la Segreteria di Stato abbia speso l’intero ammontare dell’Obolo di San Pietro (“Cosa mai restava quindi dell’Obolo? Niente!”) è in contrasto con la pubblicità ufficiale del fondo, la consapevolezza del popolo cattolico e i rapporti finanziari annuali del Vaticano. Parlare di APSA è irrilevante. L’APSA non ha mai avuto un ruolo di supervisione presso la Segreteria delle finanze dello Stato. Tuttavia il mio scopo principale è quello di commentare le osservazioni finali del Cardinale Becciu sui 2,3 milioni di AUD pagati a Neustar per il dominio internet “.catholic” il 4/9/2015. Il pagamento è stato effettuato dal Consiglio delle Comunicazioni Sociali o dalla Segreteria di Stato? Il lancio di questa rivendicazione non fa che approfondire il mistero.
È interessante anche la dichiarazione del Cardinal Becciu data nel tribunale vaticano, diversa dal messaggio che mi inviò il 17 dicembre 2020 dicendo che la destinazione dei fondi dalla Segreteria di Stato all’Australia non era affare mio, ma era nota al Santo Padre.
Nessuno contesta che il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali abbia pagato somme a Neustar Australia per i suoi costosi servizi e all’ICANN, il registro, per la prenotazione del titolo “Catholic” nel 2012, 2015, 2016, 2017 e 2018. I dubbi, ovviamente, vengono rimossi dai fatti, dalle prove, non dalle affermazioni.
Purtroppo, non ho informazioni sui pagamenti a Neustar Australia nel 2015 oltre i 150.000 dollari che il Consiglio delle Comunicazioni Sociali ha pagato come deposito. Non era mia abitudine firmare i pagamenti della Segreteria di Stato.
Il mio interesse si concentra su quattro pagamenti per un valore di 2,3 milioni di AUD effettuati dalla Segreteria di Stato nel 2017 e 2018 a Neustar Australia, due dei quali per un valore di 1,236 milioni di AUD sono stati autorizzati da Monsignor Becciu il 17/5/2017 e 6/6/2018. Ovviamente si tratta di pagamenti diversi da quelli dell’11/9/2015 che io avrei autorizzato. Qual era lo scopo? Dove sono finiti i soldi dopo Neustar?
Vedremo, la verità è figlia del suo tempo.

+ George Pell
06.05.2022

Il Cardinale Pell ci ricasca e attacca Becciu
Silere non possum, 5 maggio 2022


Caduta di stile per il Cardinale australiano George Pell, il quale continua a lanciare invettive a tutti convinto di non aver null’altro da perdere. Certo, Pell ormai è fuori gioco e sembra non essere neppure in piena forma mentalmente ma certamente sta buttando tutta la sua carriera a servizio della Chiesa e della Santa Sede. Ieri il Cardinale Angelo Becciu in aula ha riferito che George Pell approvò il progetto e il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali chiese alla Segreteria di Stato di pagare. Questa mattina il porporato australiano ha diramato un comunicato [pubblicato da Silere non possum in fondo all’articolo sul link riportato sopra]. (…)

È doveroso evidenziare come S.E.R. il Sig. Cardinale George Pell stia portando avanti una battaglia contro un suo confratello e in modalità assolutamente inaccettabili. (…) sta combattendo una battaglia, in primis contro la persona sbagliata e in secundis in modalità che non possono essere utilizzate da un Principe della Chiesa. Angelo Becciu ieri ha trattato la questione in sede giudiziaria, non nei giornali, affrontando questa tematica per chiarire che sono state molteplici le accuse nei suoi confronti, seppur questa ovviamente non è una contestazione che gli fa il Tribunale vaticano. Un discorso ampio che il porporato ha fatto quando ha riferito che molto si è speculato in merito alle sue dimissioni. In questo caso, quindi, emerge chiaramente lo stile che viene, per fortuna, insegnato in accademia. Becciu ieri avrebbe potuto parlare del Papa, molto ci sarebbe stato da dire, ma ha preferito tacere. Ed una di queste contestazioni che ora gli muove il suo confratello Pell, si riferisce proprio a questo. Ieri Becciu ha chiaramente detto in aula che preferiva non rispondere in merito alla vicenda del Revisore Libero Milone per rispetto al Papa. Non è difficile quindi capire che le decisioni sono partite da Santa Marta. Probabilmente Pell dovrebbe bussare alla porta di Francesco e chiedergli anche questo oltre a domandare perché nei suoi confronti non ha ritenuto di garantire la protezione diplomatica. Potrebbe chiedergli anche perché a Mons. Zanchetta ha garantito protezione in questi anni [QUI] e a lui no. Sono molte le domande da fare ma non pensiamo sia Becciu la persona a cui deve riferirsi.

Come mai la Segreteria di Stato ha pagato? Caro Pell, forse dovrebbe studiarsi un po’ di cose perché qui siamo proprio alle basi. I Pontifici Consigli, i quali fra poco spariranno, non godevano di un budget e quindi era la Segreteria di Stato di Sua Santità a dover provvedere per le spese straordinarie.

Quale fu il ruolo di Becciu nel licenziamento dei revisori PricewaterhouseCoopers? Nessun ruolo ebbe il Sostituto, fu piuttosto il Cardinale Pietro Parolin che con una lettera (rinvenibile in archivio) li bloccò.

Ed è proprio il Cardinale Parolin che, piuttosto che andare in visita alle comunità monastiche che con sotterfugi tentano di accaparrarsi denaro pubblico, dovrebbe richiamare il Cardinale Pell invitandolo a mettere in pratica quello che è il messaggio evangelico e non a lanciare invettive nei confronti dei confratelli.

Australian Gate c’è, ed è vivo e vegeto

È ormai chiaro, a questo punto, che Pell attacca Becciu per attaccare qualcun’altro o qualcos’altro. Chi o cosa ancora non lo capiamo. È chiaro che Becciu non ha colpe, nemmeno per il peculato. Ma Pell ha capito che il “caso Becciu” rappresenta una cassa di risonanza forte e quindi batte sul punto dei soldi, che si sa da dove partono e dove arrivano, ma non è stato stabilito senza ombra di dubbio, chi sarebbe(ero) il/i destinatore/i finale/i. Pell suona la grancassa di risonanza che si chiama Becciu, non per attaccare Becciu, ma per cercare di capire – non da dove sono partiti e dove sono arrivati, ma dove sono finiti i soldi partiti dallo Stato della Città del Vaticano e arrivati/transitati nel Commonwealth dell’Australia. Pell attacca Becciu per far capire al Pontefice regnante che vuole vederci chiaro, come di solito si fa in famiglia, quando si parla a nuora, perché suocera intenda, come dice il proverbio.

Un primo fatto è certo, accertato e confermato da fonti istituzionali: tanti soldi sono stati trasferiti dallo Stato della Città del Vaticano nel Commonwealth dell’Australia. Transazioni che evidentemente non possono partire direttamente dall’interno delle mura Leonine, ma che per disposizione e per conto dello Stato della Città del Vaticano transitano da banche estere, nelle quali vi sono co-intestazioni riconducibili al Vaticano. Certamente, è curioso osservare nel tempo, dal 3 ottobre 2020 al 7 gennaio 2021 la cronaca di questo saliscendi di soldi.

1. Si era partito il 3 ottobre 2020 con 700 mila euro, di cui ha riferito per la prima volta Fiorenza Sarzanini sul Corriere.it [QUI], come dichiarato in base a informazioni ottenute dagli inquirenti giudiziari vaticani, riferendosi apparentemente alle dichiarazioni di Mons. Alberto Perlasca, ma – come abbiamo saputo grazie allo scoop di Renato Farina su Libero Quotidiano [Oggi riprende il processo contro il Cardinal Becciu nell’aula bunker del Vaticano. La sua salvezza si trova nelle parole del suo accusatore – 5 maggio 2022] – si è trattata di una fake news, per danneggiare Becciu (rimanendo fedele al copione stabilito). Per l’accusa il Cardinal Becciu aveva usato il denaro del Papa per pagare testimoni che denunciassero di pedofilia il Cardinale Pell. Ma Mons. Perlasca aveva dichiarato in contrario, ovvero che i 700 mila euro servirono per la difesa del porporato.

2. Poi, il 15 dicembre 2020 il Cardinale George Pell, in un’intervista rilasciata a Maria Antonietta Calabrò per Huffingtonpost.it [QUI] ha dichiarato: “Sono molti soldi: 2 milioni di dollari AUD, non solo i 700 mila dollari [1] di cui ha riferito un quotidiano italiano, in base alle dichiarazioni rese agli inquirenti da Monsignor Perlasca [2]. Le indagini dovranno accertare se sono stati usati per scopi illegali. Certo, è un po’ anomalo. Normalmente i soldi partono dall’Australia e arrivano in Vaticano e non viceversa [3]”.

[1] I 700 mila euro del Corriere della Sera sono diventato 700 mila dollari nell’intervista per l’Huffingtonpost.it.
[2] Come già detto, una fake news.
[3] [Infatti, negli stessi anni, dal 2014 al 2020, ci furono 237 trasferimenti dall’Australia al Vaticano per un totale di 26,6 milioni di dollari AUD.

3. Il 22 dicembre 2020 The Australian pubblica i dati dell’Australian Transaction Reports and Analysis Centre (Austrac), che parlano di 2,4 miliardi di dollari AUD.

4. Poi, l’ennesimo colpo di scena. Ammettendo gli errori commessi nell’attribuire trasferimenti dall’Italia al Vaticano, il 7 gennaio 2021 un Comunicato ufficiale dell’Austrac formula dei parametri importanti: i soldi sono stati mandati e la Santa Sede ci dice che sono “soltanto” 9,5 milioni di dollari AUD dal 2014 al 2020, con 362 transazioni.

5. Infine, di questi trasferimenti (dichiarati legittimi) dallo Stato della Città del Vaticano verso l’Australia si addensano operazioni opache che ammontano a 2 milioni di dollari AUD. La notizia c’era e la rivelava il 20 gennaio 2021 ancora una volta The Australian, il quotidiano australiano più diffuso del Paese.

6. La conclusione – per adesso – in un breve comunicato dell’Australian Federal Police (AFP) [Polizia Federale Australiana] del 3 febbraio 2021: “Nessuna condotta criminale nei pagamenti dal Vaticano all’Australia” [Australian Gate. Comunicazione della Polizia Federale Australiana circa bonifici dal Vaticano in Australia: commesso alcun crimine. Si sfalda il castello delle calunnie contro Becciu – 5 febbraio 2021]. Non veniva detto il motivo preciso delle transazioni, quindi non si poteva considerare la comunicazione del tutto trasparente e di conseguenza neanche le transazioni erano da considerare trasparenti. Questo veniva rilevato anche dal Messaggero, nel titolo dell’articolo sulla questione (“ma il giallo resta”) e nel testo (“Di quali obblighi contrattuali si sia trattato, però, non viene spiegato”).

Gli attenti lettori sono interessati a sapere di più su bonifici (la cui esistenza oggi è ufficialmente confermata dalla Santa Sede) che sono stati effettuati dallo Stato della Città del Vaticano in Australia dal 2014 al 2020, considerato che in 6 anni sono una consistente media di oltre 1,5 milioni dollari AUD/l’anno.

7. E siamo arrivato all’ultimo colpo di scena (in ordine di tempo… l’ultima parola non è stata detto ancora) nella Quattordicesima Udienza del processo vaticano contro il Cardinal Becciu, che ha asfaltato l’intemerata del Cardinale George Pell, che per anni ha insistito nell’accusarlo di aver spedito denari dell’Obolo di San Pietro in Australia per convincere due testimoni a dire il falso e a far condannare il porporato di Sidney. I 2 milioni e 300mila dollari AUD furono versati sì, conferma il Cardinal Becciu, ma per dotare la Chiesa locale di un sito internet. Il Cardinale Pell approvò il progetto e l’allora Sostituto Becciu diede le istruzioni per effettuare il bonifico.

In conclusione, che qualcosa non quadra in tutta la questione è il minimo che si possa dire. Come per dire 2+2=5.

Secondo le dichiarazioni istituzionali, la condotta nel trasferimento dei fondi dallo Stato della Città del Vaticano nel Commonwealth dell’Australia non sarebbe stata criminale, ma non è stato nemmeno trasparente. Ed opaca rimane.

Se un ordine è in contrasto con la legalità, di per sé è un ordine illegittimo. Se un ordine è illegittimo, l’ordine non va rispettato. Non vuol dire che è illegittimo il soggetto che ha impartito l’ordine e quindi non lo è neanche il soggetto che ha eseguito l’ordine. Questo è un fatto.

Un altro fatto è, che la motivazione di questi bonifici (dichiarati legittimi) sta diventando una barzelletta. Infatti, fanno ridere le giustificazioni: prima sarebbero servito per pagare gli accusatori contro Pell di abusi sessuali, facendo riferimento alle dichiarazioni di Mons. Alberto Perlasca, che invece aveva detto il contrario, ovvero che 700 mila euro sarebbero servito per pagare la difesa di Pell. Oggi, cosa che fa ancora più ridere, i bonifici sarebbero servito per finanziare un dominio internet (.catholic).
Di sicuro il tutto è insolito, per non dire davvero inverosimile. Ripetiamo: sappiamo da dove sono partiti e dove sono arrivati i soldi, ma non abbiamo (ancora) prove certe dove sono finiti. Scriviamo dall’Australian Gate dal 20 ottobre 2020. Da tempo abbiamo formulato l’ipotesi che tutto riporta agli abusi sessuali, ma il caso Pell non c’entra (le accuse a suo carico erano palesemente infondate, tecnicamente impossibile, come abbiamo sostenuto dal principio, e infatti, alla fine è stato prosciolto). Invece, abbiamo puntato all’ipotesi che si è trattato di risarcimenti alle vittime degli abusi sessuali del clero australiano.

Australian Gate esiste, ed è vivo e è vegeto. Continueremo ad indagare con i nostri strumenti insufficienti. Non ci fermiamo. Follow the money… seguiamo i flussi di soldi, tra ordini illegittimi e motivazioni irricevibili.

Postrema autem non minimus, sappiamo anche un secondo fatto importante. Proprio l’Uomo Nero che Veste di Bianco ha dato chiare e tassative disposizioni affinché non si continuasse ad indagare sui bonifici partiti dalla Città del Vaticano e giunti nel Commonwealth dell’Australia. E questo vorrà pur dire qualcosa (anche pensando a quanto riferito dal Cardinal Pell, ovvero che l’allora Sostituto della Segreteria di Stato Beccio fli avrebbe detto: «La destinazione dei fondi dalla Segreteria di Stato all’Australia non era affare mio, ma era nota al Santo Padre»… lapidariamente è stata rivelata la verità).

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