Aldo Moro: la pace attraverso la cooperazione degli Stati

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A fine aprile il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, davanti all’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, ha indicato alla comunità internazionale il metodo da seguire per la pace in Ucraina, da raggiungere attraverso il metodo ‘Helsinki’:

“Quanto la guerra ha la pretesa di essere lampo (e non le riesce) tanto la pace è frutto del paziente e inarrestabile fluire dello spirito e della pratica di collaborazione tra i popoli, della capacità di passare dallo scontro e dalla corsa agli armamenti, al dialogo, al controllo e alla riduzione bilanciata delle armi di aggressione.

E’ una costruzione laboriosa, fatta di comportamenti e di scelte coerenti e continuative, non di un atto isolato. Il frutto di una ostinata fiducia verso l’umanità e di senso di responsabilità nei suoi confronti. Come ci ricordava Robert Schuman ‘la pace non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano’. Se perseguiamo obiettivi comuni, per ‘vincere’ non è più necessario che qualcun altro debba perdere. Vinciamo tutti insieme”.

Ed ha richiamato la coesistenza pacifica in Europa è stato un lungo processo sfociato nel 1975 nella ‘Conferenza di Helsinki’, che avrebbe dovuto superare il ‘patto di Jalta’: “Infine, Helsinki e non Jalta: dialogo, non prove di forza tra grandi potenze che devono comprendere di essere sempre meno tali.

Prospettare una sede internazionale che rinnovi radici alla pace, che restituisca dignità a un quadro di sicurezza e di cooperazione, sull’esempio di quella Conferenza di Helsinki che portò, nel 1975, a un Atto finale foriero di sviluppi positivi. E di cui fu figlia la Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.

Si tratta di affermare con forza il rifiuto di una politica basata su sfere di influenza, su diritti affievoliti per alcuni popoli e Paesi e, invece, proclamare, nello spirito di Helsinki, la parità di diritti, la uguaglianza per i popoli e per le persone”.

La Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, aperta il 3 luglio 1973 a Helsinki e proseguita a Ginevra dal 18 settembre 1973 al 21 luglio 1975, è stata conclusa a Helsinki il 1° agosto 1975 dai rappresentanti dell’Austria, del Belgio, della Bulgaria, del Canada, della Cecoslovacchia, di Cipro, della Danimarca, della Finlandia, della Francia, della Repubblica Federale di Germania, della Grecia, dell’Irlanda, dell’Islanda, dell’Italia, della Jugoslavia, del Liechtenstein, del Lussemburgo, di Malta, di Monaco, della Norvegia, dei Paesi Bassi, della Polonia, del Portogallo, del Regno Unito, della Repubblica Democratica Tedesca, della Romania, di San Marino, della Santa Sede, della Spagna, degli Stati Uniti d’America, della Svezia, della Svizzera, della Turchia, dell’Ungheria e dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Durante le riunioni della seconda fase della Conferenza sono stati presentati contributi su vari punti dell’ordine del giorno, dai rappresentanti dei seguenti Stati mediterranei non partecipanti: Repubblica Democratica e Popolare d’Algeria, Repubblica Araba d’Egitto, Israele, Regno del Marocco, Repubblica Araba di Siria, Tunisia.

Alla fase conclusiva della Conferenza di Helsinki partecipò Aldo Moro come presidente del Consiglio dei ministri, il quale di fronte alla cristallizzazione ideologica della divisione dell’Europa in due blocchi, il 30 luglio 1975 ribadì:

“L’Italia ha sempre avuto la convinzione che occorre dare allo svolgimento, graduale e non sempre piano, della distensione, un contenuto nuovo e più sostanzioso, al di là delle pur necessarie intese tra i Governi, vale a dire, l’esaltazione degli ideali di libertà e di giustizia, una sempre più efficace tutela dei diritti umani, un arricchimento dei popoli in forza di una migliore conoscenza reciproca, di più liberi contatti, di una sempre più vasta circolazione delle idee e delle informazioni”.

Moro evidenziò che la Conferenza non costituiva un punto terminale ma un punto di passaggio verso il futuro, e che gli impegni presi dagli Stati erano fondati sulla responsabilità politica e morale per la determinazione della libertà:

“Abbiamo cercato di inserire la nostra opera in un contesto dinamico, affinché siano lasciate aperte le vie per una evoluzione pacifica, in conformità della libera volontà dei popoli, dei rapporti tra i nostri Stati… Abbiamo potuto riaffermare un certo numero di principi fondamentali della convivenza internazionale, universalmente validi…

Tra essi vorrei ricordare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, inclusa la libertà di pensiero, coscienza, religione e credo, la cooperazione pacifica delle controversie, il non ricorso alla forza e l’inviolabilità delle frontiere, ferma restando la liceità dei loro mutamenti in conformità del diritto internazionale, con mezzi pacifici e mediante accordi…

Esiste  un’Europa che va al di là dei confini dell’Europa Occidentale. Con quest’Europa vogliamo collaborare in uno spirito sincero di distensione e d’intesa”.

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