Oggi riprende il processo contro il Cardinal Becciu nell’aula bunker del Vaticano. La sua salvezza si trova nelle parole del suo accusatore

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Per l’accusa il Cardinal Becciu aveva usato il denaro del Papa per pagare testimoni che denunciassero di pedofilia il Cardinale Pell. Ma i 700 mila euro servirono per la difesa del porporato.

Interno dei Palazzi Apostolici. Segrete stanze, dove i magistrati vaticani spremono Alberto Perlasca, il monsignore pentito e perciò prosciolto da ogni accusa, sulla cui testimonianza trova fondamento il processo contro il Cardinale Angelo Becciu e un’altra decina tra monsignori e finanzieri. Il cuore del verbale ribalta la più rivoltante delle azioni criminali attribuite a Becciu: l’aver usato i denari del Papa per pagare falsi testimoni che incastrassero come pedofilo il suo avversario nelle contese sulle finanze vaticane, il Cardinale australiano George Pell. Ebbene, il pentito, in un soprassalto di coscienza, dice: questo proprio no. Chissà perché non lo si fa sapere a nessuno. Non giova al bene della causa che esige il capro espiatorio già identificato? Leggere per credere.

Domanda: «Cosa sa dei versamenti in Australia?».
Risposta: «Ho un lontano ricordo di un versamento fatto di 700.000 euro verso un ente con sede in Australia e che mi fu detto impegnato per sostenere le spese legali del Cardinal Pell, poiché all’epoca la Conferenza Episcopale Australiana espresse pubblicamente che non avrebbe potuto sostenere le spese della difesa del Cardinale Pell, il Cardinale Becciu mi disse che bisognava farsi carico delle spese medesime».

Corriere della Sera, 3 ottobre 2020.

La notizia

Era il 3 ottobre 2020 quando esattamente il contrario fu stampato sul Corriere della Sera [QUI]. Fu uno scoop mondiale, in poche ore diventando la prima notizia in 3.100 siti nel mondo. La firma è di Fiorenza Sarzanini, Titolo: «Vaticano, “bonifici di Becciu agli accusatori nel processo per pedofilia a Pell”. I 700 mila euro inviati in Australia potrebbero essere stati utilizzati per “comprare” gli accusatori del rivale».

La notizia è una bomba-carta micidiale, irrimediabile. La Sarzanini, sicura di non essere smentita, e non lo sarà, comunica gli autori di questi spifferi letali. Non inventa niente, riferisce «le ipotesi degli inquirenti vaticani». L’ipotesi diventa immediatamente, per l’inesorabile logica dei media in assenza di smentite, realtà provata, perfettamente coerente con il profilo criminale di Becciu ormai dato per un morto-che-cammina.

Ed eccoci allo scoop di Libero. Nelle circa trentamila pagine dell’istruttoria non le aveva finora notate nessuno, queste stupide, innocue righe. Non avevano avuto alcun destino di gloria, morte lì. Tali dovevano restare. Be’, le abbiamo fatte resuscitare. Gli inquirenti avevano in testa altre ipotesi, e allora le hanno posate a terra come fossero portaceneri, fischiettando, e passando subito ad altro, senza enfatizzare la rivelazione né fame trapelare il potenziale esplosivo. In quelle frasi il nemico numero uno di Becciu scagiona il suo superiore dall’accusa più infame di tutte quelle che gli sono state rovesciate addosso a secchiate senza possibilità di replica. Fermiamoci un attimo, andiamo alla cronaca di giornata.

Oggi riprende il processo contro il Cardinale Angelo Becciu. Egli deporrà, nell’aula vaticana allestita quasi come il bunker per i mafiosi a Palermo, trovandosi davanti il Professor Alessandro Diddi, l’Inquisitore. Il termine, che in Vaticano non può certo suonare insultante, è finito in magazzino insieme al camauro e altri copricapi e nomi vetusti. Aggiornamento! E così zuccherando il vocabolario, l’Inquisitore si è evoluto in un meno spaventevole Promotore di giustizia. Cambia poco. Diddi ha mostrato di essere coerente con la nobile tradizione di chi purificò a suo tempo la Chiesa da Giordano Bruno e da Galileo Galilei. In aula, e con i suoi atti, agisce e parla quasi impugnasse la spada dell’Arcangelo Michele: dov’è il serpente? Eccolo, è Becciu. Purtroppo non è la striscia di un fumetto ma una realtà tremenda per chi la vive e per i fedeli di tutto il mondo. Ci aspettiamo comunque uno scontro cortese tra gentleman – uno con la toga l’altro in clergyman – ma all’arma bianca. Finalmente con Becciu alla sbarra, il processo, iniziato a fine luglio del 2021 e trasformatosi in una sarabanda di schermaglie procedurali, entra nel merito dei reati.

«Crocifissione»

Breve riepilogo. Era il 24 settembre del 2020 quando, in quel giovedì ormai quasi al tramonto che prometteva una quieta serata, l’importante porporato sardo, allora di 72 anni, capo del dicastero che nomina i Santi, dopo dieci minuti di reprimenda senza possibilità di replica, fu afferrato per la collottola dal Papa e gettato dalla finestra come un gatto morto. Si parla per metafore, naturalmente. Ah certo, mantenne l’abito e il diritto di essere chiamato Eminenza, una finzione colorata per coprire l’onta che l’aveva intriso fino al midollo. Un ladro e pure sacrilego, ecco chi era per davvero l’Angelo fasullo, aveva rapinato il denaro che Francesco voleva destinare ai poveri spartendolo invece tra i suoi parenti. Nessuna presunzione di innocenza balenò in alcun giornale (tranne Libero grazie a Feltri). In un istante il piccolo prete sardo perse tutto: le prerogative delle porpore, cioè il biglietto d’ingresso in Conclave, ma soprattutto la reputazione, il suo corpo e la sua anima furono esposti davanti al mondo con una procedura che qualcuno ha definito «crocifissione cautelare». Eccoci. Ora può difendersi.

Questo articolo è stato pubblicato oggi su Libero Quotidiano.

Postilla

Oggi è il 5 maggio ed è il giorno della deposizione del Cardinale Angelo Becciu in Aula del Tribunale vaticano. Vedremo se il cardinale defenestrato come un gatto lanciato fuori dalla finestra di Domus Sanctae Marthae potrà finalmente, è giusto e sacrosanto, esporre la sua verità e dire al mondo la sua versione dei fatti. Naturalmente, il Cardinal Becciu risponderà per ciò che riguarda i soli capi d’imputazione. Risponderà anche ad altre domande a chiarimento delle difese, che aiuteranno a fare piena luce sulla posizione del cardinale, il quale ha subito gratuitamente un processo sommario da far west sulla carta stampata unita e compatta contro di lui, senza che il minimo dubbio abbia intaccato alcun giornalista che ha gettato inchiostro maledetto su di lui. Ricordiamo cosa dice la legge “in dubbio pro reo”. Ma la carta stampata dei media italiani, manco fosse la comunicazione di un regime situato ad est dei monti Urali, non ha mai avuto il minimo dubbio sulla colpevolezza di Becciu. Colpe ipotetiche di fatto attribuite gratuitamente senza la minima prova o il dovuto riscontro scaturito da un giusto processo. Giusto processo, unica opportuna sede che decreta una colpa se una colpa esiste. Ricordiamo che Becciu è stato slegato dal segreto pontificio proprio dall’Uomo Nero che Veste di Bianco. Quindi oggi ci sarà davvero una deposizione importante, anche per la posizione che l’Uomo Nero che Veste di Bianco ha avuto e ha ancora tutt’ora rispetto a questa vergognosa vicenda. Auguriamo una serena giornata al Cardinal Becciu, che continuiamo ad accompagnare con la preghiera.
PS Da notare una frase cruciale: “Non inventa niente, riferisce «le ipotesi degli inquirenti vaticani»”. Alla barba del segreto istruttorio, ai danni dell’imputato.

Staff del Blog dell’Editore

«Mons. Alberto Perlasca, dopo aver fatto perdere milioni alla Santa Sede e aver creato ingenti danni, ora si costituisce parte civile “perché indotto in errore” e perché “vittima della subornazione”. Si prospetta un’udienza dai risvolti comici» (Silere non possum).

«Perlasca faceva come gli pareva. Il Sostituto per gli affari generali, l’Arcivescovo Edgar Peña Parra ha presentato un dossier ai magistrati vaticani. Silere non possum ha pubblicato il testo inedito. Per non dimenticare cosa faceva Perlasca [QUI]» (Silere non possum).

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