Card. Sandri: non dimenticare il genocidio armeno

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Domenica 24 aprile nella chiesa di san Nicola da Tolentino, presso il Pontificio Collegio Armeno, si è celebrata la divina liturgia in rito armeno presieduta dal card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, e officiata dal rettore del Collegio, p. Naamo Nareg Luis, in occasione del 107^ anniversario del genocidio armeno.

Anche l’Unione degli Armeni in Italia ha invitato a non dimenticare: “E’ prima di tutto una sfida di conoscenza, per non fermarsi a un uso retorico della memoria. Occorre invece approfondire le complessità del passato per comprendere che l’annientamento di un popolo e della sua identità è un dramma che ci riguarda davvero tutti e, al contempo, ci porta a riscoprire la ricchezza che la cultura armena è ancora in grado di offrire.

E’ una sfida di coraggio, per leggere le conflittualità del presente ed affrontarle senza timori, avendo ben in mente la drammatica lezione del passato, coscienti che la posta in gioco è il nostro futuro, con i suoi valori di integrazione e difesa della propria identità. Per noi, che siamo orgogliosamente anche cittadini italiani, essi sono la vera eredità che proviene da chi ci ha preceduto e possono diventare un patrimonio da condividere con la nazione in cui abbiamo scelto di vivere”.

Il card. Sandri ha tenuto l’omelia e ha presieduto il momento commemorativo al termine del rito presso il Khachkar, (la croce scolpita nella roccia presso il cortile del collegio), chiedendo pace in Ucraina:

“Giunga in modo particolare questo grido ai fratelli e alle sorelle (anche armeni) in Ucraina, annunciando la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte mentre sembra continuare in quei luoghi un Venerdì santo di Passione, Crocifissione e Morte, e sulle vite di migliaia di persone come sui cuori di noi tutti grava pesante la pietra non rotolata via del sepolcro.

Abbi pietà di noi Signore, fa’ risuonare il tuo annuncio ai discepoli, apparendo loro con i segni della Croce, ma Risorto e vivo: ‘Pace a voi!’ Ferma le mani che offendono il giorno Pasquale lanciando missili e bombe, rifiutando l’appello di molti ad una tregua che consenta tra l’altro i corridoi umanitari. Perdona i silenzi incomprensibili che mettono a tacere la coscienza e la profezia di una società di fronte al trionfo della violenza”.

Riprendendo la Liturgia armena il card. Sandri ha ricordato il genocidio armeno: “E tutto questo nel contesto della preghiera del popolo armeno che oggi ricorda i 107 anni dal Genocidio: quella di oggi per noi è una occasione di ricordare nella preghiera, e qui giustamente stiamo compiendo una celebrazione liturgica e non un atto politico.

In che modo allora, come dice il Salmo, oggi la Parola di Dio è lampada ai nostri passi? Il testo degli Atti ci presenta sostanzialmente due quadri, anticipati da un discorso sapienziale del saggio Gamaliele, alla cui scuola si era formato il giovane Saulo.

Egli sostanzialmente chiede ai membri del Sinedrio la capacità di essere prudenti ed aspettare, leggendo i segni dei tempi: egli non è un credente in Cristo, ma quantomeno pone una domanda ai suoi colleghi. Se quanto sta accadendo viene da Dio, nessuno riuscirà a distruggere questa opera. Se viene dagli uomini, si scioglierà da sola come neve al sole”.

Rifacendosi a san Gregorio di Narek il card. Sandri ha chiesto di non dimenticare il genocidio: “La sapienza dei santi armeni lungo i secoli, e soprattutto la lettura sapienziale della storia proposta da San Gregorio di Narek, ci invita 107 anni dopo il Genocidio come credenti in Cristo certamente a non dimenticare e far dimenticare quello che ancora a volte non si vuole constatare o si nega esplicitamente, ma soprattutto a riconoscere il modo eroico, vissuto nella fede, con cui i figli e le figlie del vostro popolo hanno vissuto il grande Male.

Come i ventuno cristiani copti pochi anni fa, hanno tenuto il nome di Gesù sulle labbra mentre un coltello recideva la loro gola, così i vostri antenati hanno patito l’esilio, la fame, le violenze sulle donne e sui bambini, le uccisioni e quanto altro di male è stato loro fatto, non smettendo di ripetere il nome di Gesù, quel nome legato alla storia dell’Armenia sin dal Battesimo del 301”.

Infine ha ricordato l’affidamento del mondo alla Divina Misericordia da parte di san Giovanni Paolo II: “Proprio quest’anno ricorre il ventesimo anniversario dell’affidamento, avvenuto il 17 agosto 2002, del mondo alla Divina Misericordia, fatto da san Giovanni Paolo II:

nel suo libro ‘Memoria ed identità’ egli ha molto riflettuto sul mistero del male che ha attraversato il secolo ventesimo, con i sistemi iniqui quali il nazionalsocialismo e il comunismo sovietico che hanno calpestato in nome di una fatua ideologia la dignità inviolabile dell’essere umano.

Il genocidio armeno è stato una triste anticipazione, passata sotto silenzio, dei drammi che si sarebbero consumanti qualche decennio dopo. Di fronte a questo abisso di male però san Giovanni Paolo II dice, Dio ha posto come argine il mistero della Divina Misericordia”.

Al termine della celebrazione hanno preso la parola gli ambasciatori di Armenia presso la Santa Sede e presso l’Italia ed erano presenti anche altri diplomatici, tra cui l’ambasciatore del Libano presso la Santa Sede.

(Foto: Congregazione per le Chiese Orientali)

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