Gli auguri di Pasqua dalle diocesi marchigiane

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Il tempo di Pasqua offre una ricchezza evangelica, fin dalla narrazione della Passione, che mette al centro del messaggio cristiano la vittoria della vita sulla morte, come ha sottolineato mons. Gianpiero Palmieri, vescovo della diocesi di Ascoli Piceno:

“Quest’anno ascoltiamo la Passione secondo Luca: la sua narrazione contiene degli elementi unici, che non troviamo negli altri Vangeli, e che sottolineano la misericordia di Dio verso tutti gli uomini. Ad esempio l’episodio dell’incontro tra Gesù e le donne durante la salita al Calvario: vedendo queste mamme con i loro figli che piangono per lui, Gesù pensa subito alla guerra che di lì a pochi anni (nel 70 d.C.) devasterà Gerusalemme”.

Il vescovo di Ascoli Piceno ha sottolineato l’episodio evangelico in cui è protagonista Disma, il ‘buon ladrone’: “Ma è straordinario l’episodio del buon ladrone, di cui la tradizione ci riporta il nome: Disma. Mentre gli altri evangelisti ricordano solo la provocazione rivolta a Gesù da coloro che sono stati crocifissi con lui, Luca distingue tra un ladrone e l’altro. Disma chiede la salvezza in un modo diverso, con una fede e un abbandono che commuove”.

Disma era consapevole del male commesso: “Chi dice così, si è affacciato sull’abisso della propria vita e ne ha provato solo disgusto, fino ad arrivare ad accettare il verdetto della propria condanna: è un bene per tutti che io muoia, perché è troppo grande il peso del male che ho commesso. Questa consapevolezza ci rivela che Disma sta vivendo ‘con il cuore all’ inferno’, preso da un senso di colpa che lacera e annienta”.

In fondo ognuno ha vissuto un ‘proprio’ inferno: “Come chi adesso è in guerra e vede il proprio paese e le vite dei propri connazionali devastati da una furia omicida cieca e bestiale; o come chi si trova totalmente solo, senza poter contare sulla vicinanza di nessuno, abbandonato in balia dei propri pesanti problemi di lavoro o familiari.

Pensiamo a che inferno deve aver vissuto chi è stato per mesi in una stanza d’ospedale senza poter mai vedere o abbracciare i propri cari. Ma pensiamo anche ai nostri ragazzi: quando sembra che il futuro non ti offra nessuna speranza, quando il tuo desiderio di vita deve fare i conti con ciò che lo spegne in partenza, anche se hai sedici anni ti senti ‘con il cuore all’inferno’. E’ il Disma che vive dentro tanti di noi, e, in parte almeno, in ciascuno di noi”.

Però a ciascuno è data l’opportunità della salvezza: “A Disma Gesù annuncia che non vuole entrare nel suo regno, nel paradiso, senza di lui. Perché Dio non si dimentica di nessuno dei suoi figli: soprattutto se stanno “con il cuore all’inferno”. Egli scende nei nostri inferi tenendoci per mano, saldamente nella sua mano, per riportarci alla superficie, alla luce, alla vita”.

Questo è l’annuncio della Pasqua: “Carissimi, ecco l’annuncio di Pasqua di quest’anno e di tutti gli anni. Non si può scendere nell’inferno del nostro cuore da soli, altrimenti moriamo davvero! Presi dal senso di colpa o dalla paura o dalla tristezza, soccombiamo nella palude della nostra disperazione.

Si entra ‘con il cuore all’inferno’ solo con il Signore, con la nostra mano saldamente unita alla sua. Consapevoli che Lui non smette mai di ricordarsi di noi, scendiamo nelle situazioni più dolorose e faticose senza perdere la speranza”.

Riprendendo un dialogo del film ‘La ballata dei gusci infranti’ mons. Palmieri sottolinea che l’inferno è un passo per il paradiso: “Allora l’inferno non è più l’inferno. Con Lui l’inferno si dissolve. Come dice Jacopo, il santo folle del film “La ballata dei gusci infranti” (film ambientato nei nostri territori devastati dal terremoto) l’inferno diventa il primo passo della strada che porta al paradiso”.

Mentre il vescovo di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola, mons. Armando Trasarti, ha scritto alle famiglie una lettera sul significato della preghiera: “L’uomo può essere definito con una sola parola: ‘Mendicante eterno di vita’. Sulla terra e nel cielo, nel tempo e nell’eternità, lui deve sempre mendicare la vita, altrimenti precipita oggi e domani, in una morte eterna.

Come ogni albero, se vuole vivere, deve essere ben piantato nella terra, così ogni uomo, se vuole vivere, dovrà essere saldamente piantato in Dio e nei fratelli. Oggi l’uomo ha smarrito questa verità, pensa di essere da se stesso e per se stesso. E’ duro di cuore e tardo di mente. Ha reciso il legame con la sorgente divina del suo essere e sia con quella umana. La preghiera è la continua richiesta a Dio, che è la sorgente eterna della vera vita”.

Dall’arcidiocesi di Fermo mons. Rocco Pennacchio ha sottolineato che la Resurrezione non è semplice ottimismo: “Se augurare buona Pasqua, buona risurrezione, fosse solo un’iniezione di ottimismo di circostanza, di questi tempi potrebbe anche risultare irritante. Siamo così sicuri che ‘andrà tutto bene’, come due anni fa scrivevamo sugli striscioni?

La risurrezione di Cristo non è un pannicello caldo alle difficoltà della vita o un rivestimento positivo dell’esperienza umana; per comprendere il vero senso della più importante festa cristiana, dobbiamo andare oltre le semplificazioni di comodo. Cristo risorto ci spinge ad elevare lo sguardo e a credere che la morte, che pure incombe, non avrà l’ultima parola ma che siamo fatti per l’eternità”.

Pasqua è la testimonianza di una vita nuova: “Le prime comunità, perlopiù povere e senza sicurezze umane, si generarono proprio perché affascinate e convertite da questa verità: l’amore di Cristo vivente, ti fa rinascere, ti fa risorgere, supera la barriera della morte. Entriamo anche noi in questa dimensione di fede autentica e allora avrà senso augurarsi, come io faccio ora a tutti voi: Cristo è risorto! E’ veramente risorto”.

Ed anche dalla diocesi di Ancona-Osimo, mons. Angelo Spina, ha evidenziato la vittoria della vita: “E’ la più bella e più buona notizia che sia stata portata all’umanità. Cristo nostra Pasqua è risorto, è vivo, è il vivente. Ha vinto la morte. La risurrezione di Gesù non è un semplice ritorno alla vita terrena, ma è la vittoria sulla morte per sempre, definitivamente.

La morte è andata da Gesù per divorarlo, per corrompere il suo corpo di carne, ma lì ha trovato Dio che l’ha ingoiata, vinta e annientata. Con la risurrezione di Cristo la morte non è più la fine di ogni cosa. C’è per noi una speranza viva e questa speranza non è qualcosa, ma qualcuno, è Cristo Risorto.

La resurrezione di Cristo ha effuso nel mondo il profumo della vita. Dal momento che la morte non ha più potere su Gesù, non lo ha più neppure su di noi, che battezzati in Cristo apparteniamo a lui. La pasqua cristiana è proprio questo, il passaggio dalla morte alla vita del Signore Gesù”.

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