L’Ambasciatore dell’Ucraina presso la Santa Sede polemico con il Papa: “Via Crucis al Colosseo non con i Russi”

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Sulla Via Crucis con il Papa al Colosseo il 14 aprile 2022, il neo Ambasciatore dell’Ucraina presso la Santa Sede non esita a contestare il Sommo Pontefice: «Non dovremmo portare la Croce con i Russi». L’ha scritto in un tweet S.E. il Signor Andrii Yurash, che alcuni giorni fa, il 7 aprile 2022 ha presentato le sue Credenziali a Papa Francesco.

Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 248 del 7 aprile 2022
Le Lettere Credenziali dell’Ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede

Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre ha ricevuto in Udienza S.E. il Signor Andrii Yurash, Ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.
Riportiamo di seguito i cenni biografici essenziali del nuovo ambasciatore:
S.E. il Signor Andrii Yurash, Ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede
È nato il 17 gennaio 1969 a Shpola, Ucraina. È sposato ed ha tre figli. Ha ottenuto una Laurea in Giornalismo (Università Nazionale di Lviv Ivano Franko, 1992). Ha conseguito il PhD in Scienze politiche nel 1996. Ha ricoperto, tra gli altri, i seguenti incarichi: Assistente del Dipartimento di Stampa ucraina presso l’Università Nazionale di Lviv Ivan Franko (1995 – 1999); Assistente e, in seguito, Docente del Dipartimento di Radio e Televisione presso l’Università Nazionale di Lviv Ivan Franko (1999 – 2014); Vice Direttore, e in seguito, Direttore del Dipartimento per le Religioni e le Nazionalità, Ministero della Cultura dell’Ucraina (2014 – 2020); Capo della Divisione per le Religioni, garanzia del diritto dei cittadini alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione presso il Segretariato del Gabinetto dei Ministri di Ucraina (2020 – 2022).

La contestazione dell’Ambasciatore dell’Ucraina presso la Santa Sede riguarda la decisione di Papa Francesco di far portare alla Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo la Croce ad una famiglia ucraina e una russa, insieme.

“L’Ambasciata ucraina presso la Santa Sede – twitta l’Ambasciatore Yurash, in inglese (a margine, qualcuno gli spiega che in Italia si parla italiano) – capisce e condivide la preoccupazione generale in Ucraina e in molte altre comunità sull’idea di mettere insieme le donne ucraine e russe nel portare la Croce durante la Via Crucis di venerdì al Colosseo”. Aggiunge: “Ora stiamo lavorando sulla questione cercando di spiegare le difficoltà della sua realizzazione e le possibili conseguenze”.

«Ma negare che 2 famiglie, una russa e una ucraina, possano decidere liberamente di portare insieme la croce durante la via crucis al Colosseo, non significa negare un po’ il senso stesso del cristianesimo? La sua possibilità di unire le persone al di là dell’etnia e nazionalità?» (Lucio Brunelli).

«Viene da chiedersi perché questo messaggio di pace così potente possa essere considerato pericoloso dall’Ambasciata Ucraina presso la Santa Sede, come se la famiglia russa in Italia possa avere qualche tipo di colpa in merito alla guerra scatenata da Vladimir Putin: una pace faticosa, un “calvario” per poterla raggiungere ma che necessita di “segni” come quelli che si vedranno venerdì 15 aprile al Colosseo» (Il Sussidiario).

«Se vogliamo verificare la nostra appartenenza a Cristo, guardiamo a come ci comportiamo con chi ci ha feriti. Il Signore ci chiede di rispondere come fa Lui con noi. Non ci divide in buoni e cattivi, in amici e nemici. Per Lui siamo tutti figli amati» (Papa Francesco – Twitter, 12 aprile 2022).

Qualche giorno fa, la Sala Stampa della Santa Sede aveva annunciato la scelta di coinvolgere una famiglia russa e una famiglia ucraina nel percorso della Via Crucis in programma venerdì prossimo, 15 aprile 2022, al Colosseo, presieduta da Papa Francesco. Una croce da portare insieme, uniti, nella penultima stazione, la tredicesima, quella in cui “Gesù muore sulla croce”, con le rispettive meditazioni, affidate loro dal Papa.

Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 249 del 7 aprile 2022
Dichiarazione del Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni

In occasione dell’anno dedicato alla famiglia, con cui la Chiesa celebra i 5 anni dall’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, Papa Francesco ha affidato la preparazione dei testi delle meditazioni e delle preghiere per le stazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo ad alcune famiglie legate a comunità ed associazioni cattoliche di volontariato ed assistenza. In base alle tematiche scelte, saranno sempre alcune famiglie a portare la croce tra una stazione e l’altra [QUI].

VENERDÌ SANTO «PASSIONE DEL SIGNORE»
VIA CRUCIS PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE FRANCESCO
COLOSSEO
ROMA, 15 APRILE 2022
XIII stazione: Gesù muore sulla Croce

Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò (Mc 15, 34. 36-37).
La morte intorno. La vita che sembra perdere di valore. Tutto cambia in pochi secondi. L’esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno, l’andare a prendere i bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie… tutto. Tutto perde improvvisamente valore. “Dove sei Signore? Dove ti sei nascosto? Vogliamo la nostra vita di prima. Perché tutto questo? Quale colpa abbiamo commesso? Perché ci hai abbandonato? Perché hai abbandonato i nostri popoli? Perché hai spaccato in questo modo le nostre famiglie? Perché non abbiamo più la voglia di sognare e di vivere? Perché le nostre terre sono diventate tenebrose come il Golgota?”. Le lacrime sono finite. La rabbia ha lasciato il passo alla rassegnazione. Sappiamo che Tu ci ami, Signore, ma non lo sentiamo questo amore e questa cosa ci fa impazzire. Ci svegliamo al mattino e per qualche secondo siamo felici, ma poi ci ricordiamo subito quanto sarà difficile riconciliarci. Signore dove sei? Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare.
Signore Gesù, che ci hai amato sino alla fine. Dona nobis pacem.
Tu che, morendo, hai distrutto la morte. Dona nobis pacem.
Tu che, esalando l’ultimo respiro, ci hai donato la vita. Dona nobis pacem.
Signore Gesù, che dal tuo costato trafitto hai fatto sgorgare la riconciliazione per tutti, ascolta le nostre umili voci: dona alle famiglie distrutte da lacrime e sangue di credere nella potenza del perdono e a tutti noi di costruire pace e concordia. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

«Papa Francesco è un pastore, annunzia il Vangelo. Non è una parte politica. Da qui la decisione anche sulla Via Crucis. Qualcuno che dia un segno profetico in questo momento ci vuole», ha detto il Direttore de La Civiltà Cattolica, Padre Antonio Spadaro, SI, ospite a Rainews24: «Sono state sollevate obiezioni circa l’idea di Papa Francesco di far portare la Croce nella XIII stazione della Via Crucis al Colosseo a una donna ucraina e una donna russa. Insieme. Occorre comprendere una cosa: Francesco è un pastore non un politico. Agisce secondo lo spirito evangelico, che è di riconciliazione anche contro ogni speranza visibile durante questa guerra di aggressione definita da lui “sacrilega”. Per questo ha pure consacrato insieme Ucraina e Russia al Cuore di Maria. Le due donne, Albina e Irina, nel venerdì santo porteranno la Croce. Non diranno una parola. Neanche una richiesta di perdono o cose del genere. Niente. Sono sotto la Croce. Scandalosamente insieme. È un segno profetico mentre le tenebre sono fitte. Ed è una invocazione a Dio perché ci dia la grazia della riconciliazione. La loro presenza insieme è una preghiera scandalosa per chiedere una grazia che solamente Lui può dare. La profezia si incunea nei cuori e nelle ombre della storia. La domanda per il credente resta: che cosa significa oggi in questa situazione “amare il nemico” (che è il cuore del Vangelo)? E il Papa è pastore universale. Per lui vale quel che ha appena scritto in un tweet: “Il Signore non ci divide in buoni e cattivi, in amici e nemici. Per Lui siamo tutti figli amati”. È terribile e scandaloso. Ma è questo il Vangelo di Cristo».

La guerra non la fanno le famiglie russe e ucraine. Le famiglie dovrebbero trattarsi da persone, non da nemici. Quindi, non si capisce la polemica da parte dell’Ambasciatore ucraina, che come diplomatico dovrebbe essere portavoce di pace in questo modo. Invece, si vede che la pace non interessa nemmeno a lui, nonostante il suo ultimo incarico prima della suo nomina: Capo della Divisione per le Religioni, garanzia del diritto dei cittadini alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione presso il Segretariato del Gabinetto dei Ministri di Ucraina.

La Croce va portata da tutti insieme, altrimenti non potrà mai esistere la pace. Nostro Signore Gesù Cristo ha portato la Croce per tutti noi, senza distinzioni tra le persone, Russi o Ucraini che siano. Visto che le due famiglie che porteranno la Croce al Colosseo sono Cristiane, lo sanno benissimo che il Vangelo predica la pace e la coesistenza pacifica, non la guerra e le polemiche pretestuose, come quella dell’Ambasciatore ucraino (fate caso che questa polemica non viene dall’Ambasciatore russo presso la Santa Sede).

Ma di quali “possibili conseguenze” parla l’Ambasciatore ucraino? Cioè, quali sarebbero le conseguenze del far portare la Croce da Ucraini e Russi insieme? L’Ucraina dichiarerà la guerra alla Santa Sede, accusato di schierarsi con Putin?

Una di quelle volte che Papa Francesco dice una cosa giusta, veramente Cattolico e Cristiano, se la deve prendere proprio con lui? In tutte le tragedie nel mondo – in Ucraina, certo, ma senza dimenticare le più di venti guerre in corso nel mondo, di cui non si parla – l’unica persona che opera veramente per la pace, per i deboli e per i disereditati, senza distinzioni di razze e religioni, è il Papa. Nel non accettare che anche una famiglia russa porti la croce, insieme ad una famiglia ucraina, l’Ambasciatore fa trasparire nelle sue parole tanto odio razziale.

Razzismo, perché di questo si tratta. Si vergogna l’Ambasciatore ucraino. Sotto la croce esistono solo esseri umani e il cristianesimo vuol dire pace per tutti, non pace per alcuni, Ucraini aggrediti che siano. Quindi, è giusto, è evangelico che una famiglia russa e una famiglia ucraina portano insieme la Croce di Cristo, come un grande segnale di ciò che deve essere fatto per la pace vera, che solo Cristo, il Principe della pace, ci può dare. Il dialogo è l’unica via per la pace, non la guerra. Non si può spegnere il fuoco con la benzina. E questo vale per entrambi le parti. Quale segno profetico migliore potrebbe esserci se non portare la Croce insieme? L’unica speranza di fare finire questa scandalosa guerra è toccare i cuori delle famiglie russe e i cuori delle famiglie ucraine. Se questo non si vuole, la guerra è veramente l’unica via.

Gesù insegna pace e fratellanza e per questo si è sacrificato per noi. Se anche queste occasioni, come al Colosseo, sono strumentalizzate, siamo veramente finiti. Qualcuno spiega all’Ambasciatore ucraina che tutti i popoli vogliono la pace, una pace che sta nelle mani di bambini onnipotenti al potere. Quello che ha affermato è totalmente incompatibile con l’insegnamento di Gesù. Sta tirando la corda veramente troppo. Adesso basta dare direttive dappertutto e per tutti, volendo trascinare tutto il mondo nella Terza Guerra Mondiale e l’apocalisse atomica. Che lo faccia finita! Adesso ha esagerato, oltrepassato ogni limito di decenza. Come è possibile vedere delle conseguenze negative in un gesto che è simbolo di pace e fratellanza! Subiamo tutti le decisioni da chi siamo governati, che per il 99% non ci appartengono. Condannare il popolo russo intero per le decisioni del proprio governo, non è solo insensato, ma – ripetiamo – denota un pregiudizio razzista. Opporsi al portare insieme la Croce da parte di una famiglia russa e una famiglia ucraina significa inviare un messaggio contrario alla pace. Significa opporsi agli sforzi secondo l’insegnamento di Gesù per togliere l’odio dai cuori, origine di ogni guerra.

Si nota chiaramente come l’Ambasciatore ucraino presso la Santa Sede sta cercando la pace… ad ogni costo. Tranne con i meccanismi della pace.

Postscriptum

1. A pubblicazione di questo articolo avvenuta, ho visto le parole di Sua Beatitudine Svjatoslav Ševčuk, Arcivescovo maggiore di Kiev-Halyč e Capo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina sulla questione della Via Crucis al Colosseo di quest’anno: “Penso che si tratti di un’idea inopportuna”. In una nota diffusa oggi pomeriggio dal suo segretariato a Roma, si fa sapere che Sua Beatitudine Svjatoslav ha ricevuto “numerosi appelli dei fedeli della Chiesa e della società civile sia dall’Ucraina che dall’estero”, in cui gli si chiedeva di “trasmettere alla Sede Apostolica la grande indignazione e il rifiuto di questo progetto da parte degli Ucraini di tutto il mondo”. Nel suo commento condiviso con il Dipartimento dell’informazione della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, Sua Beatitudine Sviatoslav ha detto: “Considero questa idea inopportuna e ambigua che non tiene conto del contesto di aggressione militare russa contro l’Ucraina. Per i Greco-Cattolici dell’Ucraina, i testi e i gesti della XIII stazione di questa Via Crucis sono incomprensibili e persino offensivi, soprattutto in attesa del secondo, ancora più sanguinoso attacco delle truppe russe contro le nostre città e villaggi. So anche che i nostri fratelli Cattolici del rito latino condividono con noi questi pensieri e preoccupazioni”. “Il Primate della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina – spiega la nota – ha quindi informato di aver già trasmesso alle autorità della Santa Sede le numerose reazioni negative di molti vescovi, sacerdoti, monaci, monache e laici, convinti che i gesti di riconciliazione tra i nostri popoli saranno possibili solo quando la guerra sarà finita e i colpevoli dei crimini contro l’umanità saranno condannati secondo giustizia. Il Capo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina ha chiesto di rivedere questo progetto”. “Spero – ha aggiunto  – che la mia richiesta, la richiesta dei fedeli della nostra Chiesa, la richiesta dei fedeli della Chiesa Cattolica Latina in Ucraina vengano ascoltate”.

In questi tempi mi sono astenuto dal commentare parole, gesti e omissioni del fratello Sviatoslav e lo faremo anche in questo caso, con tutto il rispetto e stima per il Patriarca e i fedeli della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, tra cui annovero tantissimi cari amici, come tra i Russi Ortodossi, da più di mezzo secolo. Poi, sulla questione della Via Crucis al Colosseo ho detto quello che avevo da dire e quindi ha anche finito a parlare. Niente da aggiungere, tranne l’assicurazione che sono nella mia preghiera quotidiana per la pace, per loro e per tutto il mondo.

2. In un commento alla rivista cattolica Credo, il Nunzio Apostolico in Ucraina, l’Arcivescovo Visvaldas Kulbokas, ha affermato di aver già comunicato ieri alla Santa Sede una reazione dall’Ucraina. Dice che non organizzerebbe la preghiera in questo modo poiché la riconciliazione deve venire dopo: “La riconciliazione si ha quando si ferma l’aggressione. E quando gli ucraini potranno non solo salvare la propria vita, ma anche la libertà. La riconciliazione avviene quando l’aggressore ammette la sua colpa e si scusa”. Il Nunzio Apostolico afferma che non è chiaro il motivo per cui si parla di riconciliazione durante la XIII Stazione della Via Crucis. La Santa Sede sa già della reazione dell’Ucraina, sottolinea. Il Nunzio aggiunge che i giornalisti vaticanisti stanno rispondendo alla reazione degli Ucraini, sottolineando che questa preghiera non è un atto politico. Sotto la Croce di Gesù, il bene e il male, gli aggressori e le vittime sono ammessi, ha detto l’Arcivescovo Kulbokas, citando vaticanisti. Questo momento scandaloso è anche una preghiera a Gesù per salvare tutti. Per fermare l’aggressore e spingerlo a riconciliarsi. Per salvare l’Ucraina, salvare vite umane, salvare famiglie, salvare bambini, salvare la libertà, salvare chiese e salvare il popolo ucraino. Monsignor Kulbokas ha esortato a guardare al caso non da un punto di vista politico, ma orante, affinché il Signore ci conceda la grazia del perdono nei nostri cuori. Il Nunzio Apostolico in Ucraina afferma che è ancora possibile cambiare “questo segno”, che è possibile che il piano per le donne ucraine e russe di stare insieme sotto la Croce venga modificato, poiché la Santa Sede ha ricevuto una reazione. “Aspettiamo e vediamo la versione definitiva”, ha detto il Nunzio apostolico in Ucraina.

3. La Via Crucis delle Famiglie
«Come molti – ormai – sanno con Anna Chiara abbiamo coordinato la redazione delle meditazioni della Via Crucis di quest’anno al Colosseo. Non dovevano uscire i nostri nomi, perché protagoniste sono le famiglie, non una singola famiglia, ma in queste ore sta succedendo un po’ di tutto…
È stato un impegno che non ci ha fatto dormire per alcune notti. Non solo perché ci abbiamo potuto lavorare soprattutto quando i figli dormivano, ma anche e soprattutto per la forza e la testimonianza delle famiglie incontrate. Storie vere, concrete. Carne di Cristo quotidiana.
Molte delle stazioni sono state scritte aggiungendo solamente le virgole ai racconti di vita vera dei protagonisti. In alcuni casi chi porta fisicamente la croce è la stessa persona che ci ha aperto il suo cuore. In altri o per pudore ha preferito declinare l’invito o non poteva proprio farlo per impedimenti di varia natura.
Per questo sarà una Via Crucis diversa dalla altre, scritta da tante famiglie e da tante mani.
Una Via Crucis numerosissima: ci saranno oltre settanta persone che si alterneranno nelle quattordici stazioni.
Una Via Crucis tosta, perché ascoltare la sofferenza delle persone fa sempre male.
Una Via Crucis che parla di pace, nonostante le polemiche di queste ore. Perché sotto quella croce non ci sono ucraini o russi, ma due amiche che si vogliono bene e soffrono per la guerra.
Non roviniamo un’occasione di preghiera così importante e bella con polemiche inutili.
Papa Francesco non si rassegna e noi con lui!» (Gigi De Palo).

4. «Politici ed ecclesiastici ritengono offensivo e scandaloso che due donne amiche, una ucraina e una russa, reggano la Croce di Cristo nella Via Crucis. Insieme. In silenzio. In preghiera. Perché adesso devono essere nemiche. Punto. Così è il Vangelo di Cristo: scandaloso. Ne scrivo sul Manifesto oggi in edicola» (Antonio Spadaro, SI).

5. «Il turno di Albina e Irina a portare la Croce sarà in corrispondenza della XIII stazione, quando Gesù muore subito dopo aver gridato “Dio mio, perché mi hai abbandonato”. E su questo insiste anche la meditazione scritta a quattro mani. “Dove sei Signore? Dove ti sei nascosto? Vogliamo la nostra vita di prima. Perché tutto questo? Quale colpa abbiamo commesso? Perché ci hai abbandonato? Perché hai abbandonato i nostri popoli? Perché hai spaccato in questo modo le nostre famiglie? Perché non abbiamo più la voglia di sognare e di vivere? Perché le nostre terre sono diventate tenebrose come il Golgota?”.
Domande che preludono a una preghiera di riconciliazione. “Signore dove sei? Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”. Preghiera tanto più necessaria alla luce delle prese di posizione di ieri.
Irina e Albina, le protagoniste delle XIII stazione
La tredicesima Stazione della Via Crucis di papa Francesco al Colosseo vedrà la presenza di una famiglia russa e di una ucraina. Quelle di una infermiera ucraina, Irina, nel Centro di cure palliative “Insieme nella cura” della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma. E di una studentessa russa, Albina, del Corso di Laurea in Infermieristica del medesimo ateneo. Entrambe sono state intervistate da Vatican News. Colloqui che testimoniano come tra loro sia nata una amicizia “più forte di qualsiasi logica divisiva che la guerra vorrebbe imporre”. “Noi – racconta Albina – ci siamo conosciute durante il tirocinio, lo scorso anno”. “Ho sentito – continua – un grande sostegno da parte sua. In questo momento, il popolo di Irina ha bisogno di questo sostegno. Con una delle mie amiche, anche lei ucraina, inviavamo anche prima della guerra aiuti a famiglie bisognose. Ora stiamo organizzando una scuola di infanzia per aiutare famiglie di rifugiati in Ucraina”. “La nostra amicizia – sono le parole di Irina – nasce all’interno del reparto di cure palliative. Dal primo momento, il nostro legame è stato molto naturale. È nata questa una amicizia in modo spontanea. E quindi, ogni volta che ci incontravamo, era una emozione. Quando ci siamo incontrate poco dopo l’inizio della guerra, Albina è venuta nel reparto. Io ero di turno. È bastato il nostro sguardo: i nostri occhi si sono riempiti di lacrime. Mi emoziono sempre nel ricordare che Albina ha cominciato a chiedermi scusa. In quel momento era veramente inconsolabile. Non riuscivo a consolarla. Lei si sentiva in colpa e mi chiedeva scusa. Io la rassicuravo che lei non c’entrava niente in tutto questo”» (Avvenire).

«Grazie Albina [Russa] e Irina [Ucraina] perché ci ricordate, portando la Croce di Cristo, la forza scandalosa del Vangelo. Il vostro è un annuncio di Pasqua nelle tenebre cupe del Venerdì Santo. La loro testimonianza [QUI]» (Antonio Spadaro, SI).

Foto di copertina: Salita al Calvario. Particolare del “Paramento di Don Mazza” (1845-1861) realizzato dalle allieve della scuola di Don Nicola Mazza a Verona donato dall’Imperatore Ferdinando d’Austria al Papa Pio IX. Sagrestia pontificia, Città del Vaticano.

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