Simone Feder: essere accanto ai giovani

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Il Centro studi per l’infanzia e l’adolescenza ‘Semi di melo’ nasce dalla pluriennale collaborazione tra Casa del Giovane di Pavia e Fondazione Exodus in campo di prevenzione, accoglienza e trattamento del disagio giovanile.

E’ dall’incontro costante con i giovani che è nato, con il coordinamento di Simone Feder, coordinatore dell’area ‘Giovani e Dipendenze’ della ‘Casa del Giovane’ di Pavia e coordinatore del Movimento #NoSlot, ‘Selfie’ un questionario autosomministrato che si pone come obiettivo quello di individuare la funzione dei fattori di rischio e incentivare i fattori di protezione che costellano la vita dei giovani.

Tra aprile e dicembre 2021 sono stati somministrati più di 5000 questionari all’interno di Istituti superiori e quasi 1000 alle scuole medie della provincia di Varese.

Farsi aiutare dai giovani per capirli ed entrare in un mondo sempre più lontano dal mondo adulto è oggi la strada necessaria da perseguire nella costruzione di progetti di prevenzione mirati e rispondenti ai veri bisogni.

Circa 2 giovani su 10 non vivono con entrambi i genitori, in particolare il 14% senza la figura paterna. Le attività più ricercate dai giovani sono: uscire con gli amici, navigare in internet e ascoltare musica. Da evidenziare come l’81% dei giovani dichiara di non frequentare associazioni giovanili.

Il mondo virtuale è sempre particolarmente ‘vissuto’, nello specifico il 52% delle ragazze dichiara di dedicare quotidianamente più di due ore al giorno a chattare, mentre il 26% dei ragazzi a giocare con i videogames (aspetto che diminuisce con il crescere dell’età).

Lo smartphone ancora resta quasi un’appendice del corpo, il 52% dei giovani dichiara di tenerlo acceso di notte e il 53% delle ragazze di usarlo in ogni momento libero. Circa il 45%, quasi un giovane su due, non ritiene più facile relazionarsi di persona che via web e il 42% dei ragazzi delle superiori conosce coppie di coetanei che si scambiano immagini provocanti.

Il fenomeno del cyberbullismo sembra essere meno sentito a differenza di atteggiamenti violenti ripetuti nella realtà, il 49% alle medie il 56% alle superiori dichiara di essere stato vittima di bullismo.

Il 14% dei giovani degli istituti di primo grado ha già speso soldi in azzardo e il 53% del campione afferma di aver già giocato d’azzardo (27% alle medie). Il 23% dei giovani ha parenti che giocano abitualmente d’azzardo, solitamente sono proprio i genitori ad avvicinare i giovani alla prima ‘giocata’

Il 48% dei giovani del campione delle scuole superiori dichiara di essersi già ubriacato e il 6.4% di loro lo fa settimanalmente nel fine settimana. Le motivazioni negli anni si sono spostate da imitazione dei coetanei ad affrontare momenti difficili (27%).

Circa 7 ragazzi su 10 conoscono persone che fanno uso di sostanze e il 18% dichiara di aver provato sostanze. Anche in questo caso la necessità di tranquillizzarsi e superare momenti difficili sono tra le motivazioni più citate. La pericolosità dei comportamenti disfunzionali non è sempre riconosciuta come tale e i ragazzi delle scuole medie sono meno consapevoli delle possibilità di sviluppare una dipendenza.

Emerge molto evidente la fatica ad intervenire con un compagno che mette in atto atteggiamenti potenzialmente pericolosi, molti dichiarano di intervenire solo se si coglie dell’esagerazione, situazione spesso difficile da definire in modo oggettivo.

I genitori sono visti sempre meno come persone significative ed importanti nella vita dei giovani che affermano di non sentirsi spesso capiti dal mondo adulto. Cresce negli anni considerare una perdita di tempo rivolgersi alla mamma 11% al papà 16% e 33% ai professori.

Solo il 28% fa riferimento alla madre della quale si sente capito e il 18% al papà, mentre l’8% di loro valuta per niente soddisfacente il tempo passato con i genitori. Circa un giovane su due si rivolge ad un amico per sentirsi capito, molto più che al papà, e per risolvere i problemi. Il 32% si vergogna di riferirsi ai professori.

Tutto questo fa crescere sempre di più la richiesta di rivolgersi agli specialisti come lo psicologo e il 58% ha già o sta seguendo una terapia psicologica: sia alle scuole medie il 26% sia alle superiori il 30% degli studenti dichiara di essersi procurato dolore fisico volontariamente, molti non si accettano per ciò che sono (33% alle medie e 49% alle superiori) e cambierebbe qualcosa di sé per piacere agli altri (39% alle medie e 51% alle superiori).

Dall’altra parte c’è una maggiore divulgazione tra i giovani delle ‘baby gang’, tantoché Simone Feder ha descritto così: “Spesso sono gruppi improvvisati che nascono e si sciolgono in pochi mesi, alla cui base ci sta una forte arrabbiatura verso la società, un’ostilità e un disagio irrefrenabili.

I componenti di queste bande, o quanto meno i loro nucleo iniziale, sono prevalentemente provenienti da contesti e situazioni sociali disagiati, soggetti che non si considerano problematici; sempre più spesso però questi gruppi sono completati da giovani di buona famiglia, benestanti, che cercano la microcriminalità, le aggressioni in branco perché annoiati dal benessere e dalla vita comoda”.

Quindi è necessario un cambio di passo per coinvolgere gli adolescenti in progetti di vita: “E’ fondamentale essere persone attente, presenti e disponibili. Dobbiamo portare i giovani a vivere esperienze positive, attività che permettano loro di ‘essere e sentirsi altro’.

Spesso sono adolescenti che hanno bisogno, come l’aria, di sentire che fare qualcosa di bello e di buono è una valida alternativa, un’opportunità che gratifica. I giovani sporcandosi le mani in esperienze concrete di bene, di aiuto e di volontariato, sono certo, diventeranno maturi e responsabili”.

In tali situazioni è opportuna una costante presenza dei giovani: “La presenza di adulti significativi come genitori, educatori, insegnanti, allenatori, è importantissima per i giovani. Avere al proprio fianco maestri e testimoni di vita, è una ‘condizione’ fondamentale perché nasca nel giovane il desiderio di seguire un cammino educativo e preventivo sul male.

Esserci in questo percorso lo aiuta a costruirsi dei modelli di buona condotta e di significatività. La superficialità e la banalità del male del ‘bullo di turno’ si educa e si previene solo con una proposta di bene, perché in tutti, anche nel ragazzo più difficile, c’è una parte bella nascosta che può rendere migliore la sua vita. L’educazione esperienziale e la cultura sono le nostre uniche armi preventive e come tali devono essere proposte e coltivate senza sosta”.

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