Palme e rami di ulivo = Benedetto il Signore che viene!

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La festa di oggi ha due momenti. Il primo esaltante, gioioso, trionfante: è l’ingresso solenne di Gesù a Gerusalemme. Il secondo momento è dato dalla lettura del Vangelo che narra la passione e morte in croce di Gesù. Inizia la Settimana Santa. Si era nel primo giorno della Settimana; era ormai imminente la Pasqua degli Ebrei e Gesù, insieme ad una schiera di pellegrini, era salito a Gerusalemme per la Pasqua.

Nell’ultima tappa, nelle vicinanze di Gerico, aveva guarito  il cieco Bartimeo che aveva gridato: ‘Gesù figlio di David, abbi pietà di me’. Arrivato alle porte di Gerusalemme sale su un asino, l’animale simbolo della regalità davidica, e tra la folla di pellegrini scoppiano all’improvviso grida di gioia: è il popolo, sono i pellegrini che riconoscono in Gesù il Messia atteso, hanno visto  miracoli e prodigi ed ora con palme e con rami di ulivo gli vanno incontro esclamando con giubilo: ‘Benedetto colui che viene nel nome del Signore’.

Gesù appariva condiscendente in mezzo alla folla osannante; il suo cuore gioiva nel vedere l’entusiasmo e la festa dei poveri di Israele, mentre i farisei e gli scribi chiedevano di richiamare i discepoli e il popolo per le loro scandalose acclamazioni; Gesù allora  rispose loro: ‘Se questi taceranno, grideranno le pietre’ (Lc. 19, 40). 

Gesù è consapevole della missione che è venuto ad espletare e dell’imminente sua passione e morte (alla quale seguirà la gloriosa risurrezione) e rivolto agli apostoli dice: ‘Questo popolo che grida osanna, ancora pochi giorni e griderà: crocifiggilo’.

Gesù piange allora sulla città dicendo: non passerà una generazione e di Gerusalemme non resterà una pietra sull’altra; anche il tempio sarà distrutto. Oggi, dopo due mila anni, rimane della spianate del tempio solo il ‘muro del pianto’.  Momento trionfante ma velato da grande tristezza per l’imminente passione e morte di Cristo Gesù.

La lettura della passione è in vece un momento assai drammatico che ci fa rivivere la via del ‘calvario’ che solo Gesù e il Padre conoscevano, quella via dell’umiliazione nell’obbedienza ‘sino alla morte e alla morte di croce’.

E’ la via dolorosa dove l’uomo-Dio, che non ha commesso peccato,  sarà giudicato  da due tribunali: quello religioso, presieduto dal Sommo Sacerdote, dove Gesù viene accusato di essere un bestemmiatore perché si è fatto Figlio di Dio; quello civile, presieduto dal Governatore romano, Ponzio Pilato, dove Gesù è accusato di ‘essere re’ (accusa strettamente politica). 

Ma chi furono i veri responsabili della morte di Gesù? Furono i giudei o i romani?  Gesù fu condannato a morte per motivi religiosi o politici?  Una storia veramente drammatica dove fanno capolino degli strani inserti: Giuda, uno dei dodici apostoli, che lo tradisce per trenta denari, poi va ad impiccarsi; Pietro, il capo degli Apostoli, che lo rinnega davanti ad una portinaia, poi piange il suo peccato; gli altri apostoli fuggono tutti per la paura.

La verità è una sola: a mettere a morte Cristo sono stati i miei peccati, i tuoi peccati, i peccati dell’umanità; i nostri peccati  portarono Gesù a morire in croce  e dall’alto della croce Gesù esclamò: ‘Tutto è compiuto; Padre nelle tue mani rimetto il mio spirito’. La Settimana Santa deve portarci a riflettere sulle parole di Gesù: ‘Convertitevi! Chi vuole essere mio discepolo prenda la croce e mi segua!’ Con la sua umiliazione Gesù ha aperto a noi la via della  fede, ha istaurato la Nuova Alleanza.

Dietro a Gesù, la prima a percorrere questa via è proprio Maria, sua madre; i Santi e le Sante, nostri fratelli e sorelle, con fede viva ed amore hanno imboccato la stessa via ed ora godono la visione beatifica di Dio grande e misericordioso. Hanno vissuto nella gioia la loro vocazione, hanno saputo trafficare talenti e carismi ricevuti, hanno percorso la via dolorosa del Calvario e godono oggi i frutti realizzati nel nome del Signore.

I santi, come vedi, ci fanno da maestri perché la ‘croce’, se tu la sai portare, cessa di essere un patibolo e diventa una cattedra. Se non sei un grande letterato, un filosofo, un politico, un artista non sarà mai  una rovina, ma se non saprai vivere e portare la croce, sarà la più grande rovina per te.   

Se accettiamo la croce, se ascoltiamo le parole di Gesù e i suoi insegnamenti, allora e solo allora gusteremo la Pasqua di risurrezione che ci permetterà di guardare il cielo, nostra ultima meta. Solo nell’amore sta la vera gioia e questa è il frutto della croce: albero veramente strano e mirabile. Maria, la madre della grazia, madre nostra alla quale siamo stati affidati da Gesù morente in croce, rivolga a noi i suoi occhi misericordiosi.

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