Perché Biden sbaglia ed è pericoloso, peggio di Putin

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Il Presidente USA chiede all’Occidente di restare unito per resistere “all’oscurità dell’autocrazia”, quando alle ore 18.00 di sabato pomeriggio, 27 marzo 2022 col vento gelido sale sul palco nel cortile del Castello di Varsavia per un discorso in cui ricorda le parole di San Giovanni Paolo II e di Madeleine Albright contro la dittatura sovietica. Due tra le gaffe clamorose di cui il discorso di Joe Biden era costellata.

Il discorso di Joe Biden a Varsavia: ”Prepariamoci a una lunga battaglia per la libertà”.

Biden che cita Wojtyła strumentalizzante le sue parole (“Non abbiate paura!”, che sono le parole di nostro Signore Gesù in Matteo 10, 26-33) è una bestemmia da far paura.

“Non abbiate paura!”. Era il 22 ottobre 1978, quel giorno che cambiò la storia, quando San Giovanni Paolo II fece risuonare il suo invito a tutti gli uomini di far entrare Gesù nella vita quotidiana di ciascuno: “Non abbiate paura: aprire, anzi spalancate le porte a Cristo!”. Non la data della morte (2 aprile) né quella di nascita (18 maggio). Per la festa liturgica di San Giovanni Paolo II, la Chiesa ha scelto quella del 22 ottobre, giorno in cui, nel 1978, Papa Wojtyła iniziava ufficialmente il suo ministero petrino dopo l’elezione in Conclave avvenuta il 16 ottobre.

In riferimento alla gaffe di Joe Biden in riferimento a San Giovanni Paolo II condividiamo di seguito cinque articoli:

  • Ma Biden non può strumentalizzare le parole di Wojtyła di Pino Lorizio – Famiglia Cristiana, 27 marzo 2022: Le armi non sono mai una soluzione. La frase “aprite le porte a Cristo”, citata dal presidente degli Stati Uniti come pretesto per andare in guerra ha ben altro significato. Insieme all’insulto destinato al nemico, la citazione è stata innestata in un messaggio fortemente guerrafondaio, tanto che la Casa Bianca è dovuta intervenire per attutirne il senso.
  • Biden usa Giovanni Paolo II per giustificare la guerra. La Chiesa reagisce di Giovanni Bernardi – La Luce di Maria, 28 marzo 2022: Le parole di Biden sono state giudicate come guerrafondaie e non sono piaciute a molti leader europei, in particolare la sua citazione di Giovanni Paolo II, vista come totalmente fuori luogo e contesto.
  • Perché Biden ha sbagliato citando Giovanni Paolo II di Riccardo Cristiano – Formiche, 28 marzo 2022: Nulla nel magistero del San Giovanni Paolo II ha ipotizzato un’invasione della Russia. Papa Francesco ha smascherato il mimetismo di Biden, o forse lo ha invitato a capire il suo errore, mimetico.
  • La guerra divide, questa è la sua forza terribile di Riccardo Cristiano – Articolo 21, 28 marzo 2022: Non è lecito porsi il problema delle armi agli ucraini senza essersi posti lo stesso problema per i curdi, che giustamente resistono ai turchi. Perché loro sì e gli ucraini no? Perché la Turchia non ha la bomba atomica?
  • Sull’orlo del precipizio. Se con le sue scelte Putin si dimostra pericoloso, Biden lo è anche di più di Vladimir Volcic – Faro di Roma, 29 marzo 2022: Sembra convinto che la migliore strategia per mantenere la pace nel mondo non sia il dialogo e la distensione ma la corsa agli armamenti.

Quello riferimento di Biden ad Albright è eclatante, un caso di cui abbiamo già riferito [QUI], alla vigilia dell’Atto di affidamento e consacrazione dei fedeli, della Chiesa e dell’umanità intera, in modo speciale la Russia e l’Ucraina, al Cuore Immacolato di Maria, che è stato compiuto il 25 marzo 2022 nella Basilica di San Pietro da Papa Francesco, in unione con tutti i Vescovi del mondo, abbiamo ricordato che il 24 marzo 1999 era “un giorno importante per la democrazia”. In quella data cominciavano i bombardamenti su Belgrado. Era la prima delle “guerre umanitarie” e il primo passo della conquista dell’Est da parte della NATO.

«Madeleine Albright, già Segretario di Stato Usa, ideologo degli attentati di Belgrado, è morta ieri, alla vigilia del prossimo anniversario dei suoi successi balcanici. Ma non solo il bombardamento dei Serbi è registrato nel suo palmares.
Leslie Stahl: Abbiamo sentito che più di mezzo milione di bambini sono morti a causa delle sanzioni contro l’Iraq. Più che a Hiroshima. E pensi che sia giustificato?
Madeleine Albright: Penso che sia una scelta molto difficile. Ma pensiamo che sia giustificato.12 maggio 1996, da 60 Minutes della CBS [QUI].
Sotto quali sanzioni era Madeleine Albright? Sotto nessuno. Solo un monumento a lei è stato eretto in Kosovo per gli omicidi dei Serbi. Il “Presidente” del Kosovo Hashim Thaci ha partecipato all’inaugurazione. Lo stesso, l’ex comandante sul campo dell’Esercito di liberazione del Kosovo, che commerciava in organi umani. Organi dei Serbi uccisi dagli Americani.
Per capire a chi in questo mondo ci opponiamo» (Maria Zakharova tramite Francesca Quibla).

Ma Biden non può strumentalizzare le parole di Wojtyła
di Pino Lorizio
Famiglia Cristiana, 27 marzo 2022

Non possiamo tacere di fronte a una strumentalizzazione così grossolana delle parole di san Giovanni Paolo II come quella perpetrata dal presidente degli USA, Joe Biden, nel suo discorso a Varsavia. Insieme all’insulto destinato al nemico, la citazione è stata innestata in un messaggio fortemente guerrafondaio, tanto che la Casa Bianca è dovuta intervenire per attutirne il senso. Ma cosa ha veramente detto Giovanni Paolo nell’inaugurare il suo pontificato il 22 aprile 1978? Di cosa invitava a non aver paura? «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa!».

Spalancare le porte a Cristo significa aprire il cuore alla pace, perché Egli è il “principe della pace” (Is 9,6). E il messaggio del Papa si percepisce come inequivocabilmente per la pace e contro ogni conflitto armato se, come qualche commentatore più attento ha fatto, si ritorna al suo grido contro la guerra, urlato nell’imminenza del conflitto iracheno nelle parole pronunziate a braccio durante l’Angelus del 16 marzo 2003: «Io appartengo a quella generazione che ha vissuto la Seconda guerra mondiale ed è sopravvissuta. Ho il dovere di dire a tutti i giovani, a quelli più giovani di me, che non hanno avuto quest’esperienza: “Mai più la guerra!”, come disse Paolo VI nella sua prima visita alle Nazioni Unite. Dobbiamo fare tutto il possibile! Sappiamo bene che non è possibile la pace ad ogni costo. Ma sappiamo tutti quanto è grande questa responsabilità. E quindi preghiera e penitenza!».

La tradizione continua negli accorati appelli di papa Francesco in queste terribili giornate di guerra. Anch’egli si è espresso a braccio, quando ha detto di vergognarsi di nazioni che intendono incrementare le spese militari (udienza al Centro Italiano Femminile del 24 marzo). E, se quelle parole si leggono alla luce della Fratelli tutti n. 258, si comprende che non si è trattato di un semplice sfogo emotivo, ma di una precisa scelta oserei dire teologica e politica: «Di fatto, negli ultimi decenni tutte le guerre hanno preteso di avere una “giustificazione”. Il Catechismo della Chiesa Cattolica parla della possibilità di una legittima difesa mediante la forza militare, con il presupposto di dimostrare che vi siano alcune “rigorose condizioni di legittimità morale”. Tuttavia, si cade facilmente in una interpretazione troppo larga di questo possibile diritto. Così si vogliono giustificare indebitamente anche attacchi “preventivi” o azioni belliche che difficilmente non trascinano “mali e disordini più gravi del male da eliminare”. La questione è che, a partire dallo sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche, e delle enormi e crescenti possibilità offerte dalle nuove tecnologie, si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile, che colpisce molti civili innocenti. In verità, “mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene”. Dunque, non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra!».

I sostenitori della guerra di “difesa” pongono di fatto alcuni paletti onde tentare di limitarne il ricorso, in particolare, oltre alla necessità di difendersi dall’oppressore, si fa ricorso alla proporzionalità tra offesa e difesa che dovrebbe guidare quanti si difendono con le armi. Sarebbe l’“occhio per occhio, dente per dente” la cosiddetta legge del taglione di veterotestamentaria memoria, tendente alla proporzione tra offesa e difesa onde evitare l’incremento incontrollato della violenza, ma essa viene superata da Gesù di Nazareth (Mt 5,38-42). Infatti, nulla ci garantisce contro un’escalation di violenza i cui esiti sono sempre imprevedibili e devastanti. La lezione del secondo conflitto mondiale non può essere disattesa: non ci si è solo difesi dalla dittatura orrenda del nazifascismo, ma si sono anche fatte esplodere bombe atomiche che hanno fatto strage di civili innocenti per non dire dei danni irreparabili alla salute delle persone e del pianeta. Ecco perché, come ripete in questi giorni il Papa e come ha scritto nell’enciclica, le armi non sono mai una soluzione. Il credente nel principe della pace gli apre, anzi spalanca, le porte anche denunciando un uso strumentale di frasi che hanno ben altro significato, come quella di Giovanni Paolo II.

Biden usa Giovanni Paolo II per giustificare la guerra | La Chiesa reagisce
di Giovanni Bernardi
La luce di Maria, 28 marzo 2022


Le parole di Biden sono state giudicate come guerrafondaie e non sono piaciute a molti leader europei, in particolare la sua citazione di Giovanni Paolo II, vista come totalmente fuori luogo e contesto.

Tanto che anche la Chiesa cattolica si è alzata sulle barricate, additandole come un pessimo esempio di strumentalizzazione della fede per fare la guerra.

Le parole di Giovanni Paolo II nel suo discorso a Varsavia sono state infatti giudicate una strumentalizzazione piuttosto grossolana. Se Biden si era insediato alla Casa Bianca come portatore dei valori “cattolici”, nonostante le numerose e feroci critiche per il suo sostegno incondizionato ad esempio all’aborto. Ora, con questa sua ultima uscita, anche i suoi sostenitori cominciano ad avere numerosi dubbi, e a pensare che con l’utilizzo di Wojtyla per sostenere la guerra abbia sostanzialmente toccato il fondo.

La citazione di Wojtyla che ha fatto storcere il naso

La citazione di una delle frasi più note del Pontefice polacco si innesta infatti in un discorso fortemente guerrafondaio, al punto che persino la Casa Bianca ha dovuto attutirne il senso contro le critiche che sono piovute da ogni direzione. “Non abbiate paura, parole che cambiarono il mondo”, ha affermato Biden per incoraggiare la resistenza armata ucraina e proclamare che “Putin non può restare al potere”. Le sue parole sono state pronunciate nel Castello di Varsavia distrutto dai nazisti nel 1944, evitando però di dire che furono gli stessi russi a liberare la Polonia.

“La Russia sta strangolando la democrazia, e vuole farlo non solo in casa sua”, ha detto il presidente Usa, affermando che “questa non è una battaglia che si vincerà nel giro di pochi giorni o mesi, dobbiamo preparaci a una battaglia che durerà a lungo”. Durante un incontro con alcuni profughi ucraini, alla domanda “Cosa pensa di Vladimir Putin alla luce di quello che sta infliggendo a queste persone?”, Biden ha risposto: “È un macellaio”.

Parole che di certo non invitano alla pace, e che hanno fatto rispondere al portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che “i nuovi insulti di Biden a Putin restringono ulteriormente la finestra di opportunità per ricucire i rapporti tra Russia e Stati Uniti”. Ma la citazione che ha maggiormente scandalizzato la Chiesa cattolica è stata proprio quella di Giovanni Paolo II, il cui senso era assolutamente il contrario di quello che ha lasciato intendere Biden.

Il senso completamente stravolto delle parole di Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II nell’inaugurare il suo pontificato il 22 aprile 1978 invitava a non avere paura non di attaccare il nemico, ma di spalancare le porte a Cristo. “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa!”, fu il suo discorso per intero, cosa che Biden si è premunito ampiamente dal citare.

Spalancare le porte a Cristo significa infatti aprire il cuore alla pace, l’esatto contrario della guerra. Il messaggio di Giovanni Paolo II fu inequivocabilmente a favore della pace. Come sottolineò all’indomani dell’invasione americana in Iraq nel 2003: “Io appartengo a quella generazione che ha vissuto la Seconda guerra mondiale ed è sopravvissuta. Ho il dovere di dire a tutti i giovani, a quelli più giovani di me, che non hanno avuto quest’esperienza: Mai più la guerra!, come disse Paolo VI nella sua prima visita alle Nazioni Unite. Dobbiamo fare tutto il possibile! Sappiamo bene che non è possibile la pace ad ogni costo. Ma sappiamo tutti quanto è grande questa responsabilità. E quindi preghiera e penitenza!”.

Parole che riecheggiano esattamente quelle che Papa Francesco non smette di pronunciare in questi giorni, contro la guerra, giudicata una “pazzia”, e totalmente schierato a favore della pace. “La politica usi la sua retorica, ma senza torcere per i propri scopi la religione”, ha affermato il gesuita Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, rilanciando sui suoi social l’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa. “La retorica politica è legittima, ma occorre lasciar stare la fede”, ha osservato il gesuita. Ricordando che, al contrario, “il pontificato di Giovanni Paolo II è costellato di appelli contro la logica del conflitto”.

Perché Biden ha sbagliato citando Giovanni Paolo II
di Riccardo Cristiano
Formiche, 28 marzo 2022


Perché Joe Biden è arrivato a citare Giovanni Paolo II durante la sua visita in Polonia? E come ha risposto Francesco cercando di evitare che questo errore del presidente americano non venga capito da chi lo ha commesso? Per rispondere occorre partire da un punto che sembra lontano: la crisi sacrificale e il capro espiatorio. Di che sacrificio parliamo? Putin non ha forse detto, citando malamente il Vangelo, che nulla è più bello che morire in combattimento per la patria, sacrificando noi stessi per gli amici, come fece Gesù? Oltre che totalmente fuorviante possiamo capire questo in una società ormai secolarizzata? Sì, se ci liberiamo dal pregiudizio che tutto questo abbia a che fare con la religione, con dio. No, il sacrificio, il capro espiatorio, ha un valore sociologico: serve a costruire e mantenere l’ordine sociale. Il principio sacrificale fonda anche le guerre e la nostra idea di “potenza americana”.

Il capro espiatorio serve a chiamare su di sé la violenza che altrimenti ci dilanierebbe, correrebbe tra noi. In questo modo la spostiamo sul capro espiatorio e così salviamo il nostro ordine dalla nostra violenza. Chi ha capito questo a me sembra sia stato Salvini che ha fatto dei migranti, più o meno clandestini, il capro espiatorio sul cui sacrificio mantenere l’ordine sociale. Non poteva che essere il papa, qualsiasi papa ma in questo caso Francesco, a opporsi a questa impostazione dato che il cristianesimo si fonda su una denuncia che urla: “il capro espiatorio è innocente”! Se si considera che per funzionare questo meccanismo deve prevedere la sacrificabilità della vittima, cioè la sua impossibilità di vendicarsi riportando la violenza nella nostra società, si converrà che il rischio è previsto, il meccanismo può estendersi. Le conseguenze di un rifiuto sono numerose, ma la principale a me sembra questa: la violenza non ha fondamento religioso.

Procedendo scopriamo che nella nostra società secolarizzata il pensiero laico assume il concetto basilare del sacrificio religioso: le guerre hanno un superiore obiettivo morale, per tutti noi è così. È la corsa che vediamo a giustificare moralmente la guerra, sia da parte di chi capisce Putin con il ritornello anti-Nato (che ha un fondamento) sia di chi fa il contrario, definendolo Putin un macellaio (con un fondamento), come ha fatto Biden. Torniamo così al sacrificio rituale, al capro espiatorio: esiste ancora, ma per mantenerlo tra noi pur sapendo che è innocente non possiamo nominarlo, non vogliamo nominarlo. Per questo dobbiamo riarmarci: per essere culturalmente attrezzati a un ordine neo-sacrificale.

Ecco che emerge una tendenza inevitabile: chi sarà a scegliere il capro espiatorio se non il potere mondiale? Questa certezza fonda l’antiamericanismo. È l’idea per cui gli attentatori suicidi islamici sfiderebbero lo strapotere globale americano sottraendogli il potere di esercitare una violenza non vendicabile. Non se ne esce se non riconosciamo che non esiste una violenza pura. Oppure tutto diventa sacrificabile pur di preservare l’ordine sociale, a qualsiasi costo: siamo a quella che è stata chiamata “crisi sacrificale”.

La guerra in Ucraina fa debordare questa crisi sacrificale. Si basa probabilmente sull’intento non colto nell’azione di Putin: più che il timore per l’ingresso dell’Ucraina nella Nato potrebbe trattarsi di una guerra mossa dal mimetismo della violenza. Putin desidererebbe ciò che desidera il suo nemico. René Girard lo ha detto con parole perfette: “Il soggetto desidera l’oggetto perché lo desidera il suo rivale”. Non conta stabilire se Putin desideri l’Ucraina perché la desidera la Nato, o se la Nato la desideri perché la desidera Mosca. Conta capire che a muoverci non è la concorrenza, ma l’imitazione: questo impedisce la comprensione. Noi desideriamo quello che desiderano gli altri. Seguiamo modelli. In questo processo di imitazione, la violenza anche diviene mimetica: l’esempio più chiaro è Bin Laden che segue il modello di potenza globale violenta che trova negli americani proponendosi di imitarlo con un opposto modello globale, ancor più oscenamente violento. È proprio Girard a vederlo materializzarsi nell’11 settembre.

Il meccanismo mimetico però non è unilaterale. Se Putin segue l’esempio di potenza mondiale imposta degli Stati Uniti, in modo mimetico, lo stesso accade a noi, a Biden. È Putin che diviene modello ponendo alla base del suo modello imperiale violento la religione che lo legittima. L’accordo con il patriarca di Mosca, Kirill. Biden lo imita, in un esempio sconvolgente di perfetto mimetismo. È questo il significato della sua scelta di citare Giovanni Paolo II in Polonia, il suo dire “non abbiate paura”. Ora è Putin che è diventato modello, Biden discepolo. Con ogni probabilità Francesco è pienamente consapevole di questo pericolosissimo istinto mimetico che fa del cristianesimo un legittimatore della violenza mimetica. Per questo potrebbe aver detto per la prima volta che quella di Putin è una guerra di invasione dell’Ucraina. Non aiuterà gli sforzi di mediazione del Vaticano dire chiaramente la natura dell’azione russa, ma toglie a Biden la speranza di poter fare di Giovanni Paolo II la sua stampella. Nulla nel magistero del papa polacco ha ipotizzato un’invasione della Russia. Francesco ha smascherato il mimetismo di Biden, o forse lo ha invitato a capire il suo errore, mimetico.

La guerra divide, questa è la sua forza terribile
di Riccardo Cristiano
Articolo 21, 28 marzo 2022


Nel momento nel quale decido di autosospendermi da Articolo21 cerco di prendere atto che essere liberi di andare d’accordo è facile, essere liberi di non andare d’accordo è più complesso. Per tutti. Per chi dissente, come me, come per voi, che avete un’idea prevalente diversa dalla mia. La guerra divide, questa è la sua forza terribile. Ma divide su problemi di fondo.

L’ultima volta che ho chiesto di scrivere per Articolo21 è stato per dire che non sarei andato alla manifestazione romana per la pace in Ucraina. Mi aveva colpito che la manifestazione degli ucraini si sarebbe svolta il giorno seguente. Scrissi che mandare armi agli ucraini non poteva bastarmi, ma non potevo essere contro. Sono figlio di un partigiano combattente e deportato in Germania, lo avrei sentito come un tradire ciò che ho più caro per me. Il punto è doloroso perché anche l’ANPI dissente, loro che rivendicano l’attentato di Via Rasella. A me sembra che il risultato del no dell’ANPI all’aiuto militare agli ucraini stia producendo lo strano esito di consegnare la resistenza a chi l’ha poco apprezzata – diciamo così- sino ad oggi. Ho bisogno di dirmi d’accordo con Muraglia e Liliana Segre. Non l’ho fatto perché credo che non aggiunga nulla alla loro nobile posizione. Dà solo soddisfazione al mio bisogno di dirmi “io sto qui”.

Questo dissenso iniziale ne incontra altri. Avrei visto con favore un sit-in davanti all’ambasciata russa, da un mese a questa parte. Questo mi avrebbe reso credibile nel proporne uno davanti all’ambasciata americana dopo che Biden ha citato impropriamente Giovanni Paolo II. Che vuole fare di Giovanni Paolo II quel che per Putin è Kirill?

Avrei sentito anche il bisogno, personale e drammatico, di un confronto con i gruppi cattolici che non hanno mai marciato per denunciare i crimini terrificanti di Assad. Lo so che c’era un problema con le Chiese locali, solidali con Assad. Per questo il problema è urgente oggi, davanti alla Chiesa russa solidale con Putin. Francesco è credibile perché non si pone questi problemi. Precederlo e parlare chiaro su questo oltre che fare buona informazione consentirebbe a chi dovrebbe affiancarlo di dire chiaro che Giovanni Paolo II non è un Kirill qualsiasi, non può essere pensato il legittimante di nessun potere politico.

Non è lecito porsi il problema delle armi agli ucraini senza essersi posti lo stesso problema per i curdi, che giustamente resistono ai turchi. Perché loro sì e gli ucraini no? Perché la Turchia non ha la bomba atomica? Per i curdi cambia poco. Ma dire sì ai curdi è importante e mi consente di non apprezzare il PKK, e lo stesso qui vale per la brigata Azov, che non vorrei apprezzare né che sembrasse una parte per il tutto ucraino. Non lo è.

Queste scelte sarebbero tutte possibili se uscissimo da un conformismo che sa di comfort zone. Io credo sia vero che il nostro problema sia un problema di coerenza: ma con loro, non con noi. Le ideologie sono morte, oggi qualcuno vuole fare delle religioni le ideologie che legittimano i poteri politici. Uno passa dall’ateismo di Stato al fondamentalismo di Stato, l’altro dallo spazio pubblico aperto alle religioni allo spazio pubblico della religione. Mi terrorizza e mi rallegro della linea tenuta da un papa che non mi delude mai. Ma il nostro ruolo nella società non può essere solo quello di ripetere quel che dice, ma cercare di portare avanti le sue scelte di fondo. Io non ho molti sistemi per farlo. Autosospendermi da Articolo21 è un tentativo di provocare un confronto tra noi, o dentro di noi. Tutto qui.

Sull’orlo del precipizio. Se con le sue scelte Putin si dimostra pericoloso, Biden lo è anche di più
di Vladimir Volcic
Faro di Roma, 29 marzo 2022


Il Presidente americano Joseph Robinette Biden Junior sembra convinto che la migliore strategia per mantenere la pace nel mondo non sia il dialogo e la distensione ma la corsa agli armamenti. Fautore del deterrente bellico come garante della pace, Biden ci va pesante. Vuole più armi nucleari e meno attacco a terra richiedendo un aumento folle del budget dell’aereonautica militare per la spesa del 2023 in previsione di una guerra con Cina e Russia. A rivelarlo non è la propaganda del Cremlino ma l’autorevole sito americano di informazione militare Defense One vicino alla Casa Bianca e al Pentagono.

Il presidente Biden in una riunione con i leader militari dell’aereonautica americana ha chiaramente ordinato di liberarsi di centinaia di aerei e droni «non necessari» e a spendere di più in armi nucleari e high-tech che, secondo lui, sono più adatte per una eventuale guerra con la Cina o la Russia. Biden ha esposto una richiesta di spesa per il 2023 di 169 miliardi di dollari, 13,2 miliardi in più rispetto al budget dell’anno scorso.

Le armi a cui dare la priorità – nucleare e attacco a lungo raggio – riflettono un anno instabile in cui la Cina ha lanciato un missile ipersonico in tutto il mondo e la Russia ha messo in allerta le proprie forze nucleari mentre invadeva l’Ucraina. La richiesta di budget fatta propria dall’Air Force riguarda “più la trasformazione ora che il cambiamento evolutivo. Ciò che guida questa è la minaccia. Dobbiamo muoverci in modo aggressivo”, ha detto ai giornalisti il segretario dell’Air Force Frank Kendall prima dell’introduzione del budget.

Per fare ciò, Biden e la US Air Force chiedono l’approvazione per il ritiro di 150 velivoli, inclusi otto aerei radar E-8 JSTARS, 21 aerei d’attacco A-10, 33 jet da addestramento F-22, 15 aerei radar E-3 Sentry AWACS, 13 Autocisterne per il rifornimento aereo KC-135, 10 aerei cargo C-130H e 50 addestratori T-1. L’Air Force ridurrà anche il numero totale del personale in uniforme di 4.900 aviatori a seguito dei tagli, ha affermato Kendall.

Non è la prima volta che l’Air Force cerca di eliminare i suoi sistemi di difesa convenzionale per posizionarsi meglio contro l’esercito cinese in rapida modernizzazione. Ma i legislatori hanno ripetutamente costretto il servizio a trattenere più e diversi tipi di aeromobili che desiderava. Ad esempio, il Congresso si è spesso opposto alle richieste dell’Air Force di ritirare l’A-10, un aereo che supporta le truppe di terra. Ma la richiesta di quest’anno è la prima a verificarsi in mezzo alla realtà che molti degli aerei esistenti dell’Air Force non possono operare in spazi aerei più contesi, anche contro le difese terra-aria della Russia che ricoprono l’Ucraina.

“L’A-10 non è adeguato contro le difese russe. Mentre l’A-10 dal punto di vista di potenza di fuoco sarebbe un’arma terrificante contro i carri armati russi, la sua invulnerabilità è messa in discussione. È uno dei motivi per cui dobbiamo andare oltre l’A-10. Siamo preoccupati per le minacce di fascia alta ora, non siamo preoccupati per le stesse minacce di cui ci preoccupavamo, almeno nella stessa misura, quando stavamo facendo contro-insurrezioni o antiterrorismo”, ha affermato Kendall. Nel caso dell’F-22 di quinta generazione, la US Air Force ha deciso di ritirare le varianti da addestramento del jet perché sarebbe costato più di 1,8 miliardi di dollari e otto anni per gli aggiornamenti necessari per renderli pronti al combattimento. La notizia è stata confermata dal Maggiore Generale Giacomo Peccia, vice segretario aggiunto per il bilancio.

In un altro segno della transizione dalla contro-insurrezione alla guerra totale, Kendall ha affermato che l’Air Force prevede di trasferire 100 dei suoi droni MQ-9 Reaper a “un’altra organizzazione governativa” senza specificare quale. Anche il Dipartimento per la sicurezza interna, la CIA e la NASA usano droni militari.

“Mentre questo budget cerca di bilanciare le capacità precedenti spingendo la modernizzazione per far fronte alle minacce future, quell’equilibrio si sta “spostando maggiormente verso il futuro”, ha affermato Kendall.

L’invasione russa dell’Ucraina ha spostato il pensiero del Pentagono sulla sua futura impronta in Europa. Solo due anni dopo che l’ex Presidente Donald Trump ha annunciato massicci tagli alla presenza delle truppe statunitensi in Germania, l’invasione della Russia ha provocato il più grande potenziamento delle truppe statunitensi dalla Guerra Fredda e alcune di queste mosse potrebbero diventare permanenti.

Postscriptum

«Biden che dice: “Dovremmo usare armi chimiche contro Putin” e non viene considerato da nessuno perché ne danno per scontato l’irrilevanza, sta dimostrando che questa presidenza è la prima del Great Reset: il Presidente è uno speaker e i decisori sono occulti» (Bonifacio Castellane).

«Il premier Mario Draghi si sarebbe recato al Quirinale per aggiornare il capo dello Stato sulla vicenda degli investimenti militari» (Cit.).

«Esprimiamo la nostra viva gratitudine a tutti i cittadini italiani, che, nonostante la valanga di propaganda antirussa, manifestano sincera preoccupazione per i destini del nostro Paese, per il futuro delle relazioni russo-italiane» (Ambasciata della Federazione Russa in Italia).

Il tavolo dei negoziati a Istanbul

«”Progressi nei negoziati consentiranno contatti a livello dei leader, che è la fase successiva. E la Turchia è pronta a ospitare colloqui di pace tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky”. Ostenta ottimismo Recep Tayyip Erdogan mentre si rivolge alle delegazioni di Mosca e Kiev, arrivate oggi al palazzo di Dolmabahce, a Istanbul, per un nuovo round di colloqui diretti dopo due settimane di stallo. Ed è vero che, sin dall’inizio dell’invasione russa, Ankara è stata bene attenta a mantenere un difficile equilibrio tra la sua adesione alla Nato, il suo sostegno a Kiev e la volontà di mantenere dei buoni rapporti con Mosca» (Monica Ricci Sargentini – Guerra in Europa. Il Punto | La newsletter del Corriere della Sera, 29 marzo 2022).

«Un cambio di passo (con diversi ostacoli).È pieno di personaggi, il trompe-l’oeil di Istanbul che sembra per la prima volta aprire un varco alla fine delle ostilità e a una soluzione negoziata della crisi ucraina. Come in un dramma pirandelliano, dal turco Erdogan all’israeliano Bennett, dal francese Macron all’oligarca russo Abramovich, sono in molti ad aver cercato e avuto un ruolo da mediatori, a conferma che quella che si consuma tra Kiev e il Mar Nero è una vera crisi globale che nessuno può permettersi. L’intesa del Bosforo, ancora troppo fragile e acerba per poterla definire accordo, segna un cambio di passo.
Mosca annuncia la riduzione «drastica» delle attività militari intorno a Kiev e Chernihiv, che se suona come la presa d’atto dell’impossibilità di conquistare la capitale, manda tuttavia un segnale di de-escalation. Mentre gli ucraini sottopongono per la prima volta agli invasori un pacchetto concreto di concessioni, nel quale oltre alla «neutralità», cioè la rinuncia a entrare nella Nato, a possedere armi nucleari e a ospitare basi militari straniere, c’è anche un negoziato di 15 anni sullo status della Crimea, che di fatto comporterebbe un congelamento dell’annessione russa.
Anche sulle due Repubbliche separatiste del Donbass, gli inviati di Zelensky fanno un’apertura, suggerendo che siano i leader dei due Paesi a discuterne. Proposte definite «costruttive» dal viceministro della Difesa russo Alexander Fomin, il quale apre anche a un’adesione dell’Ucraina all’Unione europea e annuncia che un vertice Putin-Zelensky sarà possibile quando i ministri degli Esteri avranno finalizzato un accordo.
La cautela è d’obbligo» (Paolo Valentino, corrispondente da Berlino – Guerra in Europa. Il Punto | La newsletter del Corriere della Sera, 30 marzo 2022).

«Questo potrebbe essere stato il viaggio presidenziale all’estero più disastroso e pericoloso di sempre.
Gli Stati Uniti e gli alleati della NATO hanno ripetutamente affermato che “proteggere la democrazia ucraina” non ha mai significato minacciare la Russia. Sostenere l’adesione alla NATO e inviare miliardi di dollari in equipaggiamenti militari in Ucraina, a partire da Trump, non significava minacciare la Russia. I campi di addestramento della CIA nell’Ucraina orientale, dove i paramilitari venivano addestrati su modello statunitense, non erano una minaccia alla Russia.
Ma ad ogni sua tappa del viaggio, il Presidente Biden sembrava minare concretamente la narrativa che la sua stessa amministrazione aveva così accuratamente elaborato. Innanzitutto, ha messo in guardia dal fatto che la Russia potrebbe usare armi chimiche in Ucraina, e Biden ha promesso che se così fosse lui non avrebbe problemi a rispondere nello stesso modo. Peccato che sarebbe un grave crimine di guerra.
Il Consigliere per la sicurezza nazionale Sullivan ha dovuto spiegare che gli Stati Uniti “non hanno davvero intenzione” di usare armi chimiche.
Più tardi, parlando all’82° Airborne in Polonia, il Presidente Biden ha riferito loro che le truppe statunitensi sarebbero presto arrivate in Ucraina. Così ha detto alle truppe: “Vedrete – vedrete donne, giovani in piedi – in piedi in mezzo a – davanti a un… carro armato, che dicono solo: ‘Non me ne vado. Sto mantenendo la mia posizione‘”. Un Portavoce della Casa Bianca ha dovuto chiarire che “il Presidente è stato chiaro che non stiamo inviando truppe statunitensi in Ucraina e non ci sono cambiamenti a quel riguardo”. Chiaro? Beh, non proprio. Aveva appena detto il contrario ma facciamo finta dì niente!
Poi, al termine del discorso finale di Biden in Polonia, il Presidente ha inavvertitamente detto la verità: il coinvolgimento degli Stati Uniti in Ucraina riguarda il “cambio di regime” in Russia. Parlando del Presidente russo Putin, ha detto al pubblico che era lì al confine con l’Ucraina per ascoltarlo “per l’amor di Dio, quest’uomo non può rimanere al potere”.
La squadra che controlla le catastrofi del Presidente si è immediatamente mobilitata nella persona del Segretario di Stato Antony Blinken, che ha offerto questa interpretazione della chiara dichiarazione di Biden: “Penso che il Presidente, e la Casa Bianca con lui, ieri sera abbia affermato che, semplicemente, il Presidente Putin non può avere il potere di fare la guerra o impegnarsi in un’aggressione contro l’Ucraina o chiunque altro”. No, non era quello che aveva detto. Il Presidente ha un ruolo costituzionale di primo piano nella ideazione della politica estera degli Stati Uniti, e ha affermato in un discorso pubblico che il “cambio di regime” in Russia è un obbiettivo politico degli Stati Uniti.
Qualsiasi tentativo dei suoi membri dello staff di cercare di spiegare quello che ha detto è stato penoso: o il Presidente non ha idea di cosa sta dicendo, quindi per questo non dovremmo nemmeno prendere sul serio quella che è essenzialmente una dichiarazione di guerra alla Russia a tutti gli effetti, oppure il Presidente ha colto l’occasione al confine con l’Ucraina per dichiarare guerra alla Russia in maniera estemporanea.
I Presidenti Reagan, Ford e Bush Jr. erano tutti noti per le loro gaffe. Alcuni erano divertenti e altri erano seri. Ma nessuno di loro ha dichiarato guerra a un avversario con armi nucleari a due passi da casa sua per poi dover inviare il suo personale a spiegare che non intendeva davvero dire quello che aveva appena detto.
È interessante notare che Biden ha conservato le sue dichiarazioni più roboanti per questo discorso finale in Polonia, al quale nessuno dei partner NATO più cauti come Germania e Francia era presente. Giusto perché l’unità era lo scopo principale del viaggio.
C’è un vero problema nell’amministrazione Biden e prima lo affrontiamo meglio è» (Ron Paul).

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