L’Italia, portaerei destinata a essere il primo obiettivo. Nell’indifferenza generale

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Riportiamo dal blog Duc in Altum [QUI] un articolo di massima importanza, a firma di C.A. Agnoli e P. Taufer, mentre i cosiddetti programmi informativi televisivi inveiscono contro la censura in Russia, che “rende difficile fare informazioni in tempi di guerra” e si perdono nelle Narrazione del Pensiero Mediatico Unico con l’Elmetto.

Scrive Aldo Maria Valli: «L’articolo che qui vi propongo può legittimamente suscitare sgomento. Non sono un catastrofista, ma ciò che gli autori sostengono è difficilmente contestabile. Si tratta di dati di fatto, a fronte dei quali risulta incomprensibile, per non dire folle, la letargia della politica nostrana ed europea o, peggio ancora, l’adesione a certe propensioni guerresche».

Segue l’articolo Caccia ai sommergibili fra Bari e Brindisi. Missione degli americani nel Basso Adriatico. In volo anche gli Atr della Guardia di finanza di Armando Fizzarotti – Lagazzettadelmezzogiorno.it, 27 marzo 2022.

Con una Russia impegnata ad allontanare militarmente la NATO dall’Ucraina assumendo una posizione fortissima nel campo della dissuasione nucleare e il mondo anglosassone e i suoi satelliti sull’altra sponda, decisi a non cedere una regione chiave, come è appunto l’Ucraina, nell’ormai secolare Grande Gioco – fondato sulle teorie di Mackinder che vedono la terra, individuata nell’Eurasia, contrapposta al mare, cui è vocato dalla geografia il mondo anglosassone –, il pericolo attuale di un allargamento delle ostilità all’Europa sta assumendo connotati credibili e reali.

Se osserviamo la geografia dell’Europa balza subito all’occhio il ruolo assolutamente peculiare e strategico della portaerei allungata nel Mediterraneo che l’Italia rappresenta, con ottomila chilometri di coste frastagliate ideali per ospitare ogni tipo di arma acquea e subacquea e relative infrastrutture. E a ragione: le potenze talassocratiche, vincitrici del secondo conflitto mondiale, dispongono da allora di oltre centoventi fra basi e insediamenti militari nella Penisola, inclusi gli armamenti strategici nucleari. Ci limitiamo qui a citare solo le più rilevanti: la base di Aviano in Friuli che ospita stormi di cacciabombardieri Usa accreditata di un deposito – a quanto è dato di sapere – di cinquanta testate nucleari trasportabili dagli stessi. Da maggio 2022 questi ordigni saranno disponibili in nuova versione con capacità distruttiva maggiorata e possibilità di lancio a distanza dagli obiettivi. È la maggiore base aerea USA del Mediterraneo, con competenze che si spingono molto a Est. Vicino a Brescia c’è Ghedi, con un deposito di poco inferiore ad Aviano di bombe nucleari (oltre quaranta, si dice) e un cospicuo schieramento di F-35 e Tornado con la stessa missione di penetrazione in profondità nel territorio nemico. Il maggior arsenale d’Europa, fatto di armi, bombe, missili e quantità ingentissime di esplosivo si trova a Camp Darby vicino a Pisa; vi è di che equipaggiare una brigata corazzata ed è stata la fonte logistica offensiva della guerra di Jugoslavia del 1999. La Sesta Flotta USA è ancorata a Gaeta, con comando operativo a Napoli, si parla di quaranta navi, mentre la città di Vicenza ospita la 173ma divisione aerotrasportata USA, cinquemila uomini di pronto impiego. La Sicilia riveste un’importanza anche maggiore: Sigonella, in provincia di Catania, è la principale base terrestre USA del Mediterraneo, da cui partono i droni per i rilevamenti nei cieli ucraini e i giganteschi aerei radar Awacs, ma Sigonella spicca anche per essere una delle cinque stazioni satellitari al mondo (cosiddette Jtags) della rete antimissile, finalizzate anche a condurre operazioni militari prossime alle zone di conflitto.  A una cinquantina di chilometri di distanza, in provincia di Caltanissetta, a Niscemi, qualche anno fa è stato installato uno dei quattro sistemi di comunicazione satellitare, chiamato Muos, che su scala planetaria struttura un’unica rete di comando, controllo e comunicazioni fra i componenti della macchina bellica Usa. E Niscemi è direttamente collegata a un altro polo simile, in Virginia, via fibra ottica.

Arrestiamoci qui e configuriamo uno scenario possibile: quello di un paese Nato che venisse infaustamente coinvolto nella guerra Ucraina-Russia. In virtù dell’articolo 5 del Trattato nordatlantico tutta la Nato dovrebbe entrare compatta in guerra contro la Russia. Lo scontro potrebbe tuttavia assumere repentinamente connotati estremi: la corrente dottrina nucleare USA prevede infatti di sferrare un primo colpo di massima distruzione preventivo (first strike) col ricorso ai missili balistici a carico dell’arsenale nucleare russo e delle sue infrastrutture. In ogni caso risulta chiaro che l’Italia è strumentalmente utilizzata dagli USA come, appunto, portaerei in funzione eminentemente antirussa e che la sua sovranità è solo apparente. Dal momento che la totalità delle basi e relative infrastrutture è comunque certissimamente nota ai russi, è evidente che gli stessi, a minuti di distanza da un potenziale first strike, per scongiurare la propria distruzione saranno di fatto obbligati a colpire almeno le basi più importanti con un’arma nucleare che possiamo credere già puntata allo specifico obiettivo.

È sgomentevole considerare la mancanza di consapevolezza da parte degli italiani e in particolare di tutti i partiti politici, sedicente opposizione inclusa, a fronte della minaccia della distruzione fisica totale del Paese. Gli analisti concordano infatti sul rischio quotidiano che lo scontro possa celermente degenerare in catastrofico confronto nucleare e Biden lo ha apertamente minacciato come riporta il Wall Street Journal del 25 marzo scorso. Alla luce di questa spaventevole prospettiva, ancor più sgomenta l’azione di coloro che mirano, mediante fornitura di armi e di mezzi, a prolungare e a inasprire la guerra con innalzamento delle tensioni e del correlativo pericolo nucleare.

Va infine considerata la posizione degli USA che, usciti indenni da due conflitti mondiali, confidano che anche un eventuale, ancorché massivo, confronto nucleare possa scaricarsi in massima parte lontano dal proprio territorio, sacrificando, una volta di più, la sola Europa.

C.A. Agnoli e P. Taufer

Caccia ai sommergibili fra Bari e Brindisi
Missione degli americani nel Basso Adriatico. In volo anche gli Atr della Guardia di finanza
di Armando Fizzarotti
Lagazzettadelmezzogiorno.it, 27 marzo 2022


Unità militari della Sesta flotta della Marina militare americana sono tornate a pattugliare l’area del Basso Adriatico, che con la zona del Mare Jonio compresa fra la Calabria e la Grecia è scenario delle manovre del «muro» aeronavale attrezzato dalla Nato nei confronti della minaccia russa nel Mediterraneo.

Nel pomeriggio di ieri un aereo antisommergibile P-8A della Navy ha sorvegliato il tratto di mare nell’ideale quadrilatero compreso fra Bari e Brindisi in Puglia e Durazzo e Vlora in Albania. Il velivolo (jet derivato dal Boeing 737 utilizzato dalle Compagnie aeree per il traffico civile) che ha lambito i nostri cieli era partito dalla base americana di Sigonella, alle porte di Catania, aeroporto che quotidianamente «lancia» missioni di sorveglianza con gli stessi P-8A sul Mediterraneo centrale e orientale (fino alle coste siriane, dove ha base la flotta militare russa) e con i droni RQ-4D (velivoli senza pilota, controllati da stazioni di terra) sul Mar Nero.

Le fonti ufficiali non hanno rivelato la natura della missione, ma gli analisti indipendenti del sito web «Itamilradar» hanno sottolineato la presenza «non usuale» di questo tipo di pattugliatori antisommergibile nel Basso Adriatico, ipotizzando che la missione avesse come obiettivo la protezione di qualche unità militare americana in zona, in una sorta di «caccia a Ottobre rosso» per evitare eventuali minacce da sommergibili ostili. Non è infatti un segreto che l’Armada inviata dagli ammiragli russi nel Mediterraneo comprende due sottomarini classe «Kilo». Venerdì e ieri la stessa area è stata anche sorvolata, sempre in missioni di pattugliamento da un Atr72 della Guardia di finanza decollato da Brindisi.

Fino a pochi giorni fa nel Basso Jonio si sono tenute manovre congiunte delle portaerei «Cavour» della Marina militare italiana, «De Gaulle» della Marina francese e «Truman» della Marina statunitense e che limitazioni di volo nell’area per i velivoli civili saranno in vigore fino a giovedì. Nello Jonio una decina di giorni fa è stata registrata la presenza di due unità russe, l’incrociatore «Varyag» e il cacciatorpediniere «Admiral Tributs».

E sempre nella prima decade di marzo la «Truman» era entrata anche nell’Adriatico, fino all’altezza di Pescara, una ventina di giorni dopo essere stata braccata nello Jonio, a sud di Taranto, dall’incrociatore lanciamissili russo «Ustinov», unità nota come «killer di portaerei».

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